01 Feb Imposta di successione senza obbligo di motivazione nell’avviso di liquidazione
In tema di imposta di successione, la liquidazione dell’ufficio che consegue alla presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, e che consiste nella semplice correzione di errori materiali e di calcolo, riguarda l’imposta principale e pertanto non richiede una specifica motivazione. Il principio si ricava dalla lettura dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 27406 del 1° dicembre 2020, nella quale compaiono alcune interessanti considerazioni di ordine sistematico in merito alla natura dei controlli degli uffici nei diversi comparti impositivi.
Imposta principale, complementare e suppletiva nell’imposta di successione
La pronuncia in commento prende la mosse dalla nozione di “imposta principale” nel sistema del Dlgs n. 346/90.
L’articolo 27, comma 7, del testo unico dell’imposta sulle successioni e donazioni dispone che “è principale l’imposta liquidata in base alle dichiarazioni presentate, complementare l’imposta o maggiore imposta liquidata in sede di accertamento d’ufficio o di rettifica, suppletiva quella liquidata per correggere errori od omissioni di una precedente liquidazione”.
L’espressione “in base alla dichiarazione” compare anche nel comma 2, secondo il quale, entro tre anni dalla presentazione della dichiarazione, e a norma del successivo articolo 33, “l’imposta è liquidata dall’ufficio in base alla dichiarazione della successione”. Sempre nel contesto della liquidazione, l’ufficio può eventualmente correggere errori materiali o di calcolo (articolo 33, comma 2).
Soltanto “successivamente” l’ufficio può effettuare, nel termine di due anni dal pagamento dell’imposta principale, la “rettifica” della dichiarazione “infedele o incompleta”; in tali ipotesi, descritte dall’articolo 32, commi 3 e 4, si provvede con un atto denominato “avviso di rettifica e di liquidazione” (articolo 34). Se la dichiarazione è omessa, l’imposta è accertata e liquidata d’ufficio entro cinque anni (articolo 35).
La natura della liquidazione compiuta dall’ufficio
Con un’argomentazione che ripercorre trasversalmente le modalità applicative dei diversi tributi, e che si rinviene anche nella più risalente sentenza n. 4566/10, con la quale si ritenne che l’avviso di liquidazione in discorso non costituisce un “atto impositivo” ai fini delle leggi di condono, la Cassazione distingue tra una liquidazione “primaria” e una “secondaria”.
Nel sistema dell’imposta di successione, a differenza di quanto avviene per le imposte dirette e per l’Iva, non vi è una autoliquidazione delle imposte contestuale (o anticipata, con il versamento di acconti) rispetto alla presentazione della dichiarazione. I soggetti indicati dall’articolo 28, comma 2, (su tutti, i chiamati all’eredità e i legatari) presentano un atto (appunto, la dichiarazione) con il contenuto dell’articolo 29, ma non versano imposte (salvo che nell’asse ereditario vi siano beni immobili, nel quale caso occorre versare le imposte ipocatastali, quella di bollo e le tasse ipotecarie). L’obbligo di pagamento dell’imposta sorge soltanto a seguito della liquidazione della dichiarazione di successione, attività che spetta all’Agenzia delle entrate.
Nelle imposte dirette e nell’Iva, invece, la liquidazione dell’imposta è effettuata in prima battuta dal contribuente sulla base dei dati espressi nella dichiarazione, e successivamente dall’ufficio con i controlli automatizzati (controlli privi di valutazioni giuridico-fattuali, e meramente cartolari) di cui agli articoli 36-bis del Dpr n. 600/73 e 54-bis del Dpr n. 633/72.
Nell’imposta di registro, la liquidazione è effettuata contestualmente alla registrazione, ma è possibile correggerla attraverso un controllo analogo a quelli appena menzionati.
La Corte fa qui riferimento all’imposta suppletiva, ma può trattarsi anche della cosiddetta principale postuma, che ha oggetto l’autoliquidazione nei casi di registrazione per via telematica (cfr l’articolo 42 del Dpr n. 131/86) e per la quale è responsabile il notaio (articolo 57 del Dpr n. 131/86).
La Corte aggiunge inoltre che la disposizione di chiusura degli articoli 36-bis e 54-bis, secondo cui i dati risultanti dalle liquidazioni cosiddette secondarie “si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente”, costituisce norma di sistema applicabile anche, e “a maggior ragione”, alle liquidazioni “primarie” qual è quella dell’imposta di successione.
In altri termini, nei casi dell’articolo 33, ovvero quando corregge errori materiali o di calcolo, o quando esclude deduzioni, riduzioni e detrazioni, o quando non vi è corrispondenza tra i dati dichiarati e quelli risultanti dagli allegati alla documentazione, l’ufficio calcola l’imposta principale operando direttamente sui dati dichiarati dal contribuente
L’assenza di un obbligo di motivazione
Allo stesso modo di quanto avviene nei controlli ex articoli 36-bis e 54-bis, l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione deve riportare l’esito del ricalcolo (articolo 33, comma 3); tuttavia, tenuto conto che – come osservato – si tratta di dati dichiarati dal contribuente e non “accertati”, non è richiesta una motivazione vera e propria.
La Corte richiama le disposizioni del Dlgs n. 32/2001 che, in attuazione dell’articolo 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente, hanno adattato l’obbligo di motivazione alle singole tipologie di atti destinati al contribuente e osserva che, mentre il legislatore è intervenuto, con analoghi commi 2-bis, negli articoli 34 (dichiarazione incompleta o infedele) e 35 (dichiarazione omessa), non ha fatto altrettanto con riferimento all’articolo 33 (liquidazione dell’imposta principale).
Nel caso di specie, come si apprende dalla motivazione, si trattava della correzione di un errore di calcolo nella somma aritmetica dei valori dei terreni riportati nell’attivo ereditario, che aveva alterato la determinazione della base imponibile; vertendosi in un caso di liquidazione dell’imposta principale sulla base degli atti, per la quale non è previsto l’obbligo di motivazione, la Corte ha rigettato il ricorso introduttivo del contribuente con decisione nel merito.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale