Se il commercialista è superficiale il contribuente non evita la sanzione

Se il commercialista è superficiale il contribuente non evita la sanzione

La Corte di cassazione ha stabilito che non è possibile per il contribuente, che ha omesso per negligenza il dovuto controllo sulla vigilanza, scaricare sul consulente la responsabilità relativa alla non corretta tenuta della contabilità.
Questo, in estrema sintesi, il principio ribadito dall’ordinanza n. 28291 della Suprema corte, depositata l’11 dicembre 2020.

I fatti e il processo di merito
La vertenza trae origine da un avviso di accertamento, con annesse sanzioni, da parte di un ufficio dell’Agenzia nei confronti di una snc per irregolare tenuta della contabilità.
Se la Ctp territorialmente competente avallava le ragioni del contribuente, la Ctr Lazio statuiva la legittimità della rettifica e del trattamento sanzionatorio.

Il ricorso per Cassazione
La contribuente, quindi, ricorreva in Cassazione, lamentando – per quanto di interesse – che il collegio regionale le avesse attribuito la responsabilità per le sanzioni, che, invece, era da ascrivere alla commercialista, incaricata della tenuta della contabilità.

L’ordinanza
I giudici di legittimità, nel ritenere infondato il ricorso, premettono che la stessa Corte suprema ha chiarito che “in tema di violazioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 472/1997 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza”(cfr, Cassazione n. 12901/2019).

La prova contraria spetta al contribuente
Di conseguenza, continua la Corte, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. E’, comunque, sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e, dunque, non superabile con l’uso della normale diligenza (cfr, Cassazione n.  2139/2020).

Omessa vigilanza VS inganno del professionista
Il caso di specie, osserva la Cassazione, in cui le violazioni constavano nell’irregolare tenuta della contabilità, è ben diverso dalla fattispecie nella quale il consulente incaricato trae in inganno il contribuente, consegnando a questi documentazione falsa, dalla quale si evinca la redazione della dichiarazione ed il versamento dei tributi.
Infatti, secondo l’orientamento del collegio giudicante il contribuente non assolve agli oneri tributari con il mero affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle entrate, essendo tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicché la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento (cfr, Cassazione n.11832/2016).

Conclusioni
Dai principi che precedono, consegue il rigetto del motivo di ricorso, su cui abbiamo focalizzato la nostra attenzione.
Infatti, va aggiunto, l’obbligo di tenere la contabilità correttamente si annovera nell’ambito delle obbligazioni “pubblico/sanzionatorio” e, pertanto, non delegabili, nel senso che, ove delegate a terzi, esse non esonerano il contribuente, che ne è soggetto e destinatario, dall’obbligo di controllarne l’adempimento da parte del professionista delegato.
In definitiva, la sentenza in questione dà corso al consolidato orientamento sia delle Commissioni di merito (si veda, su questa rivista, “obbligo di vigilanza per la società con il commercialista smemorato”) che di legittimità, secondo cui “in tema di sanzioni per le violazioni di disposizioni tributarie, la prova dell’assenza di colpa grava, secondo le regole generali dell’illecito amministrativo, sul contribuente, il quale, dunque, risponde per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista incaricato della relativa trasmissione telematica ove non dimostri di aver vigilato su quest’ultimo” (cfr, ex pluribus, Cassazione n. 5661/2020, n.19422/2018, n.6930/2017).



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale