Documenti non depositati in verifica: nel processo non possono entrare

Documenti non depositati in verifica: nel processo non possono entrare

La Ctr Campania, con la sentenza n. 32 depositata il 5 gennaio 2021, ha ribadito il principio di diritto secondo cui l’omessa o intempestiva risposta del contribuente all’invito dell’Amministrazione finanziaria a fornire dati, notizie e chiarimenti, è legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione dei dati e documenti non forniti in sede precontenziosa, salvo che il contribuente dimostri che la mancata allegazione sia dipesa da causa a lui non imputabile.

I fatti in causa
Un ufficio campano dell’Agenzia delle entrate invitava una srl a esibire la documentazione contabile e fiscale, relativa a un determinato anno di imposta
A seguito della mancata ottemperanza a detto invito, l’ufficio procedeva a determinare induttivamente il reddito della contribuente ai sensi dell’articolo 39, comma 2, Dpr n. 600/1973, notificando un apposito avviso di accertamento.

Il processo in primo grado
La vertenza, a seguito di ricorso della compagine, finiva avanti alla Ctp di Benevento.
La contribuente, in sintesi, eccepiva l’omissione involontaria della presentazione della documentazione contabile richiesta dall’ufficio, attesa l’erroneità della notifica del questionario, da parte dell’Agenzia delle entrate.
Su quest’ultimo aspetto dissentiva l’ufficio, in sede di costituzione in giudizio, insistendo per  l’impossibilità di valutare la documentazione della contribuente solo a seguito del ricorso in Ctp.
Il Collegio beneventano concordava con la posizione del Fisco.
Pertanto, la società proponeva gravame avanti alla Ctr Campania, ribadendo la propria prospettazione, avanzata nel primo grado di giudizio.

La sentenza della Ctr Campania
I giudici d’appello rigettano il ricorso della contribuente, in primo luogo confutando la tesi, da quest’ultima sostenuta, incentrata sul rilievo per cui non sarebbe giuridicamente sostenibile che la mancata risposta al questionario pregiudicasse il diritto del contribuente a far valere, in sede amministrativa e contenziosa, i documenti non esibiti.

La giurisprudenza di legittimità
Ciò alla luce dell’indirizzo nomofilattico consolidato secondo cui “l’inutilizzabilità di atti e documenti consegue in modo automatico all’inottemperanza all’invito di cui all’art. 32, n. 4), D.P.R. n. 600/1973, potendo il contribuente beneficiare di una deroga solo se ricorrono le condizioni di cui all’art. 32, comma 5, ossia depositando in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado le notizie, i dati, i documenti, i libri, e i registri non trasmessi, dichiarando contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste dell’Ufficio per causa a lui non imputabile” (cfr Cassazione n 11608/2019).
Nello stesso senso, si è espresso il Collegio di legittimità: l’articolo 32, comma 4 (attuale comma 5) Dpr n. 600/1973, prevedendo che l’inutilizzabilità probatoria dei documenti favorevoli al contribuente non esibiti all’ufficio verificatore, non opera allorché il contribuente depositi, in allegato all’atto introduttivo del giudizio di prime cure in sede contenziosa, notizie, dati, documenti, libri e registri, precisando di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile (cfr Cassazione n. 22743/2016).
Quindi, tale disposizione chiarisce il significato e la portata della sanzione dell’inutilizzabilità amministrativa e processuale del documento di cui sia stata “rifiutata” l’esibizione, consentendone la produzione, oltre i termini assegnati nella richiesta formulata dall’ufficio e rimasta inevasa, qualora venga allegato e dimostrato dal contribuente che la mancata esibizione è dipesa da cause esterne alla sua sfera di controllo.
I principi richiamati, continua la Ctr, validi in tema di imposte dirette, si estendono anche all’Iva, con la conseguenza che ove sussista il fatto di forza maggiore, non viene in rilievo la sanzione di inutilizzabilità di cui all’articolo 52, comma 5 Dpr n. 633/1972; altresì, il documento successivamente rinvenuto o, comunque, acquisito dal contribuente può essere utilizzato nel giudizio tributario secondo le forme e i termini previsti dalle norme processuali per l’introduzione nel giudizio delle prove precostituite.
In questo senso, con l’orientamento in discorso, la Cassazione ha pure affermato che, in tema di accertamento fiscale, l’invito ex articolo 32, comma 4 Dpr n. 600/1973, da parte dell’Amministrazione finanziaria, a fornire dati, notizie e chiarimenti, “assolve alla funzione di assicurare, in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria, un dialogo preventivo tra fisco e contribuente, per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l’omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa.
Tale inutilizzabilità consegue automaticamente all’inottemperanza all’invito, non è soggetta alla eccezione di parte e può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio” (cfr Cassazione n. 14605/2018).

Osservazioni
Dalla pedissequa applicazione dell’orientamento della Cassazione richiamato, è derivato il rigetto dell’appello della società, che non aveva provato che ricorresse una causa ad essa non imputabile, perché potesse essere utilizzata la documentazione non tempestivamente prodotta.
Nelle fattispecie concrete – va aggiunto, in conclusione – può capitare che il contribuente non disponga di tutta la documentazione richiesta dall’Amministrazione finanziaria: in tale evenienza, il privato deve in ogni caso dare seguito alle sollecitazioni provenienti dall’ufficio, allegando quanto in suo possesso e manifestando il proprio impegno a depositare i documenti mancanti entro un lasso di tempo ragionevole, evitando – con un simile comportamento collaborativo – la preclusione prevista dalla legge.
Qualora il contribuente non riesca ad adempiere integralmente alla richiesta erariale, sarà compito del giudice scrutinare l’imputabilità o meno al privato della causa dell’inadempimento.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale