Consumo di piatti pronti, la vendita è legata ai servizi

Consumo di piatti pronti, la vendita è legata ai servizi

Rientra nella nozione di “servizi di ristorazione e catering” la fornitura di cibi accompagnata da servizi di supporto sufficienti, destinati a consentirne il consumo immediato da parte del cliente finale. Se quest’ultimo sceglie di non beneficiare dei mezzi materiali e umani messi a sua disposizione per accompagnare il consumo dei cibi, la fornitura di tali cibi non si considera accompagnata da alcun servizio di supporto. E’ in sintesi la conclusione a cui è pervenuta la Corte Ue, causa C- 703/19, deposita il 22 aprile 2021.

La fattispecie e le questioni pregiudiziali
La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla controversia in commento verte sull’interpretazione dell’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva n. 2006/112/Ce sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società all’amministrazione tributaria polacca in relazione all’esito di un controllo fiscale avente ad oggetto l’applicazione dell’aliquota Iva sulle operazioni di vendita di cibi e di pasti preparati per il consumo immediato in loco o da asporto, per le quali la società è assoggettata ad imposta.
Tale società risulta affiliata ad una catena di ristoranti fast-food ed esercita un’attività di vendita di pasti e piatti pronti, preparati in loco utilizzando prodotti semilavorati, che possono essere serviti caldi o freddi e possono essere consumati in loco ovvero portati via dai clienti.
A tal proposito, in seguito ad un accertamento, l’amministrazione tributaria ha eseguito un controllo delle dichiarazioni Iva, ritenendo non potesse trovare applicazione nel caso di specie l’aliquota Iva applicabile sulla base della disciplina nazionale alla cessione di piatti pronti.
La questione è quindi approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue, le seguenti questioni, con cui si chiede, in sostanza, se l’attività di un soggetto passivo che consiste nella vendita, secondo diverse modalità, di piatti e di pasti pronti per il consumo rientri nella categoria dei “servizi di ristorazione e catering” ai quali può essere applicata un’aliquota Iva ridotta ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva Iva, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12-bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011.

Le valutazioni della Corte Ue
Ai sensi dell’articolo 96 della direttiva Iva, alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi si applica, in linea di principio, un’aliquota Iva identica, ossia l’aliquota normale fissata da ciascuno Stato membro. In deroga a tale principio, l’articolo 98 della direttiva prevede la possibilità di applicare aliquote Iva ridotte.
A tal fine, l’allegato III della direttiva elenca in maniera esaustiva le categorie di cessioni di beni e di prestazioni di servizi che possono essere assoggettate a tali aliquote ridotte.
La finalità della facoltà concessa agli Stati membri di prevedere aliquote Iva ridotte è quella di rendere meno onerosi e, di conseguenza, più accessibili al consumatore finale, sul quale grava in definitiva l’imposta, alcuni  beni e servizi ritenuti necessari.
In linea con la giurisprudenza consolidata della Corte, spetta agli Stati membri determinare con maggiore precisione, tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi incluse nelle categorie di cui all’allegato III della direttiva Iva, quelle alle quali si applica l’aliquota ridotta.
Il legislatore nazionale può classificare in una stessa categoria operazioni imponibili diverse, incluse in categorie distinte di tale allegato III, senza operare alcuna distinzione formale tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.
La direttiva Iva non osta, inoltre, a che cessioni di beni o prestazioni di servizi rientranti nella medesima categoria di cui all’allegato III di tale direttiva siano assoggettate a due aliquote Iva ridotte diverse.
Ciò premesso, quando scelgono di applicare una o due aliquote Iva ridotte ad una delle categorie di cessioni di beni o di prestazioni di servizi elencate nell’allegato III della direttiva Iva o, se del caso, di limitarne l’applicazione in maniera selettiva a una parte delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi di ciascuna di tali categorie, gli Stati membri devono rispettare il principio di neutralità fiscale.
Tale principio osta a che cessioni di beni o prestazioni di servizi simili, che si trovino in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in modo diverso dal punto di vista dell’Iva.
Spetta al giudice nazionale accertare non solo che la scelta del legislatore nazionale di applicare una o due aliquote Iva ridotte riguardi operazioni che rientrano in una o più categorie elencate nell’allegato III della direttiva Iva, ma anche che il diverso trattamento, dal punto di vista dell’Iva, per le cessioni di beni o per le prestazioni di servizi rientranti nella stessa categoria di tale allegato rispetti il principio di neutralità fiscale.
Dato che la qualificazione delle operazioni imponibili secondo le categorie di cui all’allegato III della direttiva Iva è un presupposto indispensabile per verificare l’applicabilità di un’aliquota Iva ridotta, spetta alla Corte definire i criteri utili a tale valutazione, che compete al giudice nazionale.

Nel caso di un’operazione complessa, costituita da una serie di elementi e di atti strettamente connessi che formano oggettivamente una sola operazione economica indissociabile, sulla base di giurisprudenza costante della Corte risulta che, per stabilire se tale operazione debba essere qualificata come cessione di beni o come prestazione di servizi, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze nelle quali si svolge tale operazione per ricercarne gli elementi caratteristici e predominanti.

La Corte ha altresì precisato che l’elemento predominante deve essere determinato basandosi sul punto di vista del consumatore medio e tenendo conto, con una valutazione di insieme, dell’importanza sia quantitativa che qualitativa degli elementi della prestazione di servizi rispetto a quelli rientranti in una cessione di beni.
A tal riguardo, poiché la commercializzazione di un bene è sempre accompagnata da una se pur minima prestazione di servizi come la presentazione dei prodotti negli scaffali o l’emissione di una fattura, per valutare la rilevanza della prestazione di servizi nel contesto di una transazione complessa, che comporta altresì la cessione di un bene, debbono essere presi in considerazione solamente i servizi diversi da quelli che necessariamente accompagnano la commercializzazione di un bene.

La Corte ha dichiarato, in particolare, che l’operazione di ristorazione è caratterizzata da una serie di elementi e di atti, di cui la cessione di cibi è soltanto una parte e nel cui ambito i servizi sono ampiamente predominanti, e che tale operazione dev’essere pertanto considerata una “prestazione di servizi”, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/Cee sull’Iva, divenuto l’articolo 24 della direttiva Iva. Diverso è il caso di un’operazione avente ad oggetto alimenti da asportare non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco.

Con riferimento alla preparazione dei prodotti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il fatto che la fornitura di alimenti preparati presupponga la loro cottura o il loro riscaldamento, che costituisce una prestazione di servizi, deve essere preso in considerazione nell’ambito della valutazione globale dell’operazione ai fini della sua qualificazione come cessione di beni o come prestazione di servizi.

Inoltre, il legislatore unionale è intervenuto, con l’intento di garantire l’applicazione uniforme del sistema d’Iva, per precisare il criterio che consente di qualificare operazioni come servizi di ristorazione o come servizi di catering mediante il regolamento di esecuzione n. 282/2011, applicabile ai sensi dell’articolo 65 di quest’ultimo, dal 1° luglio 2011.
Sulla base della formulazione dell’articolo 6 di tale detto regolamento di esecuzione risulta che, ai fini della qualificazione di un’operazione imponibile come “servizi di ristorazione e di catering”, il legislatore dell’Unione ha inteso attribuire un’importanza determinante non alle modalità di preparazione dei cibi o della loro cessione, ma all’attuazione di servizi di supporto che accompagnano la fornitura di cibi preparati, e che devono essere sufficienti a garantire il consumo immediato di tali cibi e predominanti rispetto alla fornitura degli stessi.

Pertanto, dalla definizione di “servizi di ristorazione e di catering” di cui all’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, consegue che i criteri determinanti per valutare se i servizi che accompagnano la fornitura di cibi preparati possano essere considerati “servizi di supporto sufficienti” riguardano il livello di servizi offerto al consumatore.
A tal proposito, la Corte tiene conto, in particolare, tra l’altro, di elementi come la presenza di personale, l’esistenza di un servizio consistente, tra l’altro, nella trasmissione delle ordinazioni alla cucina, nella successiva presentazione dei piatti e nel relativo servizio al tavolo ai clienti.

Ciò posto, l’applicazione di tali criteri deve essere combinata con la presa in considerazione della scelta del consumatore di beneficiare dei servizi di supporto alla fornitura di cibi o bevande, scelta che sarà presunta in base alle modalità di vendita del pasto consumabile immediatamente.
Nel caso delle prestazioni complesse, l’elemento predominante di un’operazione deve essere determinato basandosi sul punto di vista del consumatore. Quindi, se quest’ultimo sceglie di non beneficiare dei mezzi materiali e umani messi a sua disposizione dal soggetto passivo, tali mezzi non sono determinanti per tale consumatore.
Pertanto, in tale ipotesi, si ritiene che nessun servizio di supporto accompagna la fornitura di cibi o bevande e che l’operazione deve essere qualificata come cessione di beni.
Spetta al giudice nazionale stabilire, quindi se i diversi sistemi di vendita attuati dal soggetto passivo rientrino o meno nella nozione di “servizi di ristorazione e catering”.

A tal riguardo, la Corte Ue osserva che da un lato, il fatto che le operazioni rientrino nella nozione di “servizi di ristorazione e catering” o in quella di “prodotti alimentari”, ai sensi dell’allegato III della direttiva Iva, può non incidere sulla scelta dell’aliquota Iva ridotta applicabile dallo Stato membro. Infatti, ciascuno Stato membro è libero di classificare in una stessa categoria e di assoggettare ad imposta alla stessa aliquota Iva ridotta operazioni imponibili diverse, incluse in categorie distinte di tale allegato, senza operare alcuna distinzione formale tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.
Dall’altro lato, se si applicano aliquote Iva ridotte diverse per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi o per una parte di essi, spetta al soggetto passivo tenere una contabilità dettagliata e, in particolare, conservare copia di tutte le fatture emesse che provino l’applicazione di tali aliquote.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva Iva in combinato disposto con l’allegato III, punto 12-bis, di tale direttiva e con l’articolo 6 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di “servizi di ristorazione e catering” la fornitura di cibi accompagnata da servizi di supporto sufficienti, destinati a consentire il consumo immediato di tali cibi da parte del cliente finale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Ove il cliente finale scelga di non beneficiare dei mezzi materiali e umani messi a sua disposizione dal soggetto passivo per accompagnare il consumo dei cibi forniti, si dovrà considerare che la fornitura di tali cibi non è accompagnata da alcun servizio di supporto.

Data sentenza
22 aprile 2021

Numero causa:
C-703/19

Nome delle parti:
J.K.
contro
Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Katowicach



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale