Il decreto ingiuntivo sospeso non “blocca” il Registro

Il decreto ingiuntivo sospeso non “blocca” il Registro

La Corte di cassazione ha stabilito, in tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, che il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è assoggettato a imposta anche se, in pendenza del giudizio di opposizione, l’esecutorietà dello stesso viene sospesa.
Questo il principio di diritto stabilito nell’ordinanza n. 4327, del 18 febbraio 2021.

I fatti ed il processo di merito
La vicenda originava dalla notifica di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro, notificato a una società laziale, relativo a un decreto ingiuntivo, emesso con la formula di provvisoria esecuzione dal Tribunale di Velletri.
La compagine, portando le proprie doglianze avanti alla Ctp di Roma, sosteneva che l’imposta non fosse dovuta perché, nel giudizio di opposizione, la provvisoria esecutorietà del decreto era stata revocata (rectius sospesa).
Il Collegio romano, tuttavia, rigettava il ricorso e la decisione resa in prime cure veniva confermata dalla Ctr di Roma, che osservando che l’articolo 37 del Dpr n. 131/1986 impone il pagamento dell’imposta di registro anche se l’atto giudiziario è stato impugnato e, pertanto, a prescindere dalla proposizione dell’opposizione, ciò che importa è che il decreto ingiuntivo fosse stato emesso con la formula di provvisoria esecuzione, non rilevando che quest’ultima fosse stata sospesa.

Il ricorso di legittimità
Proponeva ricorso per cassazione la contribuente, affidato a un unico motivo di diritto, incentrato sulla violazione e falsa applicazione di norme di legge, per avere la Ctr Lazio ritenuto che la sospensione dell’ingiunzione non corrispondesse alla revoca della stessa, mentre, invece, quanto agli effetti, dovevano essere tra di loro equivalenti, tenuto conto che il decreto ingiuntivo non solo era stato impugnato, ma aveva anche perso la sua efficacia esecutiva; in definitiva, in applicazione dell’articolo 8 del Dpr n. 131/1986, l’avviso di liquidazione avrebbe dovuto essere annullato dal Collegio d’appello adito.

L’ordinanza
Nel respingere il ricorso della società, la suprema Corte premette che, dalle allegazioni della contribuente si evinceva con chiarezza che, nella specie, era stato emesso un decreto ingiuntivo munito della clausola di provvisoria esecutorietà e che, in pendenza del giudizio di opposizione, la provvisoria esecutorietà era stata sospesa.
Quindi, non vi era alcuna deduzione in ordine a un’eventuale definitiva revoca del decreto all’esito del giudizio di opposizione.
In definitiva, osservava la Corte, non si poneva la questione degli effetti fiscali della revoca del decreto ingiuntivo operata all’esito del giudizio di opposizione con statuizione oramai definitiva.

Per il Registro non occorre un provvedimento definitivo
Ciò chiarito in premessa, la Cassazione richiama la fattispecie ex articolo 37, comma 1 Dpr n. 131/1986, che prevede che “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato”.
In sostanza, perché sorga l’obbligo di pagare l’imposta in questione, non è necessario che sia adottato un provvedimento definitivo, essendo sufficiente l’esistenza di un atto tra quelli appena elencati, ferma restando l’operatività dei conguagli e dei rimborsi a seguito dell’adozione di una decisione passata in giudicato.

I precedenti giurisprudenziali
In proposito, la stessa Cassazione ha più volte affermato, con riferimento alla sentenza che definisce il giudizio anche solo parzialmente, e pur non passata in giudicato, che essa è soggetta a imposta, sicché l’ufficio del registro provvede legittimamente alla liquidazione, emettendo il relativo avviso, impugnabile per vizi, formali o sostanziali, inerenti all’atto in sé, al procedimento che lo ha preceduto, oppure ai presupposti dell’imposizione, senza che l’eventuale riforma, totale o parziale, della decisione nei successivi gradi di giudizio incida sull’avviso di liquidazione.
L’intervento del giudicato, poi, integra un autonomo titolo per l’esercizio dei diritti al conguaglio o al rimborso dell’imposta, da far valere in via autonoma e non nel procedimento relativo all’avviso di liquidazione (cfr Cassazione nn. 12023/2018; 12736/2014; 12757/2006).
In alcuni casi, osserva il Collegio di nomofilachia, la stessa Corte ha ridimensionato le conseguenze del principio appena riportato, ritenendo che, qualora il provvedimento giudiziario sia stato definitivamente riformato, l’Amministrazione finanziaria, che abbia correttamente emesso l’avviso di liquidazione dell’imposta principale e la relativa cartella di pagamento senza procedere alla riscossione, non ha interesse a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di annullamento della cartella, emessa dal giudice tributario d’appello, essendo venuto meno il presupposto dell’imposta, il cui pagamento comporterebbe la necessità dell’immediato rimborso (cfr Cassazione n. 15645/2019).
L’esposto principio, tra l’altro, era già stato enunciato proprio con riferimento all’imposta applicata su di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (cfr Cassazione n. 24097/2014).

Il caso di specie
A ben vedere, secondo la Corte, si tratta di casi diversi da quello in esame, ove, al provvedimento inizialmente adottato, e soggetto a imposta, sopravviene una decisione passata in giudicato, che annulla il provvedimento stesso, a cui devono assimilarsi le ipotesi in cui la decisione definitiva revoca o dichiara nullo il decreto opposto.
È vero che, con riferimento al decreto ingiuntivo, l’articolo 37 Tur prevede espressamente come presupposto impositivo non solo l’adozione di tale provvedimento, ma anche che esso sia esecutivo.
Tuttavia, la stessa disposizione prevede il rimborso solo nel caso in cui il decreto ingiuntivo sia definitivamente revocato e non anche quando la esecutorietà sia sospesa.
Soltanto una sentenza passata in giudicato (cui deve essere assimilata la conciliazione giudiziale che abbia gli stessi effetti), quindi, può porre nel nulla l’imposizione (cfr Cassazione n. 11663/2001).
Ciò significa – chiosa la Cassazione – che le vicende del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, che si verificano nel corso del giudizio di opposizione, non incidono sulla legittimità dell’avviso di liquidazione, assumendo rilievo, nei termini sopra indicati, solo l’adozione di una decisione definitiva che ponga nel nulla tale atto.
Da qui, la correttezza della decisione della Ctr laziale e la declaratoria, da parte della suprema Corte, del seguente principio di diritto, che si inserisce nel solco già tracciato dalla stessa giurisprudenza di nomofilachia: “in tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è assoggettato ad imposta anche se, in pendenza del giudizio di opposizione, l’esecutorietà dello stesso viene sospesa; ciò perché solo l’intervento di una decisione definitiva che, all’esito del giudizio di opposizione, revochi o annulli o dichiari la nullità del decreto ingiuntivo opposto esclude la debenza del tributo ex art. 37 Dpr 131/1986”.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale