Diniego di autotutela: impugnabile, ma solo per interessi generali

Diniego di autotutela: impugnabile, ma solo per interessi generali

La Ctr Campania ha precisato che il sindacato del giudice sul diniego di autotutela dell’atto impositivo divenuto definitivo può riguardare solamente profili di illegittimità del rifiuto ed è consentito solo se ricorrano ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria relative alla rimozione dell’atto impositivo. Questo il contenuto della sentenza n. 5945, depositata il 13 luglio 2021.

La vicenda precontenziosa
Una società avanzava all’Agenzia delle entrate – Riscossione una richiesta di accesso agli atti e di esibizione del ruolo e delle cartelle di pagamento in originale.
L’ente rilasciava gli estratti di ruolo ma dichiarava di essere impossibilitato ad esibire gli originali delle cartelle, rappresentando che l’istanza dovesse essere rivolta ai singoli enti impositori.
La contribuente, quindi, avanzava le istanze di sgravio, relativamente alle cartelle di competenza, ai singoli enti emittenti, tra cui l’Agenzia delle entrate, deducendo l’inesistenza dei documenti posti a fondamento della pretesa tributaria, in quanto non esibiti dall’Agenzia in origine interpellata.

Il processo di prime cure
La compagine, allora, ricorreva avanti alla Ctp di Napoli avverso il silenzio delle pubbliche amministrazioni intimate, chiedendo dichiararsi la nullità e l’illegittimità delle cartelle di pagamento per inesistenza delle stesse e, comunque, la prescrizione dei relativi crediti tributari.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate – Riscossione, chiedendo il rigetto del ricorso e l’integrazione del contraddittorio con l’Agenzia delle entrate, che, intervenuta in giudizio, eccepiva l’inammissibilità del ricorso perché tardivo rispetto alla notifica di ciascuna delle cartelle,  comunque notificate correttamente alla contribuente.
Il Collegio napoletano dichiarava inammissibile il ricorso, rilevando come difettasse un legittimo interesse che sostenesse l’impugnazione del diniego di autotutela, atteso che non veniva contestata la legittimità del rifiuto, bensì il merito delle pretese tributarie.

La decisione della Ctr
A seguito del gravame della società, la vertenza perveniva alla Ctr Campania, che, rigettando l’appello, concordava con la Commissione di prime cure.
I giudici campani, infatti, richiamano l’orientamento, ribadito recentemente dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego  dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza 181/2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente (cfr. Cassazione nn. 20200/2020, 21146/2018 e 5332/2018).
Del resto, la Corte di legittimità ha pure statuito che il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto tributario divenuto definitivo è consentito, nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale  dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute; deve invece escludersi che possa essere accolta l’impugnazione dell’atto di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vizi dell’atto impositivo che avrebbe potuto far valere, per tutelare i propri interessi, in sede di impugnazione dell’atto, prima che divenisse definitivo (cfr. Cassazione n. 24033/2019).

Interesse generale e interesse particolare
Nel caso di specie, osserva la Ctr, il contribuente lamenta la pretesa illegittimità del diniego di autotutela, ma neppure illustra quali siano le ragioni di interesse generale che avrebbero dovuto giustificare l’adozione del provvedimento domandato.
Pertanto, difetta del tutto, nella circostanza in esame, un interesse generale alla sgravio richiesto, che, certamente, non può ritenersi sussistente nell’interesse del singolo contribuente e nell’attuazione di principi di diritto generali.
In proposito, ciò che difetta nel ricorso originario è proprio l’interesse concreto ad agire perché vi sia un comportamento legittimo da parte dell’amministrazione che si asserisce, invece, illegittimo in ragione dell’inesistenza delle cartelle di pagamento in originale.
Di fatto non si verte in tema di interesse generale ma di interesse particolare del contribuente, che, dunque, non può – secondo la Ctr – sostenere l’impugnativa del diniego di sgravio.
In sostanza, la contribuente ha tentato impropriamente e tardivamente di contestare i vizi degli atti impositivi, come dimostrato, peraltro, dalla domanda nuova, avanzata in sede di gravame, relativa alla declaratoria di inesistenza delle notifiche.

L’annullamento in autotutela dell’atto impositivo
La Ctr, in ultima analisi, applica il principio generale, desunto dalla sentenza n. 181/2017 della Corte costituzionale, nonché ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, a mente della quale la Pubblica amministrazione non è tenuta a pronunciarsi sulla richiesta di annullamento dell’atto inoppugnabile in sede di autotutela, poiché quest’ultima costituisce espressione della discrezionalità dell’amministrazione.
Al contrario, spiega il Giudice delle leggi, “affermare il dovere dell’amministrazione di rispondere all’istanza di autotutela significherebbe, in altri termini, creare una nuova situazione giuridicamente protetta del contribuente, per giunta azionabile sine die dall’interessato, il quale potrebbe riattivare in ogni momento il circuito giurisdizionale, superando il principio della definitività del provvedimento amministrativo e della correlata stabilità della regolazione del rapporto che ne costituisce oggetto”.
Ecco che residua solo uno spazio affinché possa essere limitato il potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria a procedere all’annullamento in autotutela dell’atto impositivo divenuto definitivo, che è, appunto, quello in cui emerga un interesse generale (l’“interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi”), poiché diretto precipitato del principio di capacità contributiva, fondante il nostro ordinamento.
In casi diversi, come quello di specie, l’impugnativa del silenzio serbato dalla Pubblica amministrazione, che ometta di rispondere all’istanza di autotutela, non è altro che un escamotage per aggirare il termine perentorio per proporre ricorso giurisdizionale.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale