Le norme interne non possono contrastare l’esenzione Iva dell’ospedale privato

Le norme interne non possono contrastare l’esenzione Iva dell’ospedale privato

No a discipline nazionali discriminatorie ai fini del riconoscimento dell’esenzione Iva per prestazioni sanitarie erogate da un istituto ospedaliero privato fornite a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti ospedalieri di diritto pubblico. Tra gli elementi da valutare per appurare l’esistenza di condizioni sociali analoghe figurano anche le modalità di calcolo delle tariffe forfettarie giornaliere. È quanto stabilito dalla Corte UE nella causa C 228/2020.
   
La fattispecie
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 2006/112/Ce sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società, il cui scopo è la gestione di un istituto ospedaliero in cui sono rappresentati tutti i settori della neurologia, all’amministrazione fiscale tedesca, in merito all’esenzione dall’Iva delle prestazioni ospedaliere fornite dalla società.
La società fornisce prestazioni ospedaliere e la sua attività è autorizzata dallo Stato. Tuttavia, essa non è integrata nel piano del fabbisogno ospedaliero e non è quindi un istituto rientrante nel piano ospedaliero; non è un istituto di cura convenzionato, non avendo stipulato convenzioni per la prestazione di cure con le casse di assicurazione malattia o ausiliarie obbligatorie.
La controversia sollevata (in cui si chiede se le prestazioni erogate siano esenti dall’Iva in forza dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva), è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue le seguenti questioni. 

La prima questione

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede che le prestazioni sanitarie fornite da un istituto ospedaliero privato siano esenti dall’Iva se tale istituto è autorizzato in conformità delle disposizioni nazionali relative al regime generale di assicurazione malattia, a seguito del suo inserimento nel piano ospedaliero di un Land tedesco o della stipula di convenzioni di prestazione di cure con le casse di assicurazione malattia o ausiliarie obbligatorie.
Dalla formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva risulta che gli Stati membri esentano l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, “a condizioni sociali analoghe” a quelle vigenti per i medesimi, da “istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti”.
Sulla base della formulazione di tale disposizione, due condizioni cumulative sono richieste affinché le prestazioni di ospedalizzazione, di cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, offerte da un ente diverso da un organismo di diritto pubblico, possano essere esentate dall’Iva.
La prima condizione si riferisce alle prestazioni fornite e richiede che siano erogate a condizioni sociali analoghe a quelle che si applicano agli enti di diritto pubblico.
La seconda condizione riguarda la qualità dell’istituto che effettua tali prestazioni e richiede che l’operatore sia un istituto ospedaliero, un centro medico e diagnostico o un altro istituto della stessa natura debitamente riconosciuto.
Nel caso di specie, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità con tale seconda condizione delle disposizioni del diritto tedesco che riservano l’esenzione dall’Iva agli istituti ospedalieri autorizzati sulla base delle disposizioni nazionali relative al regime generale di assicurazione malattia.
La Corte Ue ha già dichiarato che spetta, in linea di principio, al diritto nazionale di ciascuno Stato membro fissare le norme secondo cui il riconoscimento di un istituto ai fini della concessione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva può essere concesso agli enti che lo richiedono. Gli Stati membri hanno un potere discrezionale al riguardo.
Tale riconoscimento non presuppone un procedimento formale e non deve necessariamente risultare da disposizioni nazionali in materia fiscale.
Quando un soggetto passivo chiede di ottenere la qualifica di istituto debitamente riconosciuto ai sensi dell’articolo 132 citato, le autorità competenti devono rispettare i limiti del potere discrezionale riconosciuto da quest’ultima disposizione applicando i principi del diritto unionale, in particolare il principio di parità di trattamento, il quale, in materia di Iva, si traduce nel principio di neutralità fiscale.
Sulla base di tali principi occorre determinare i limiti del potere discrezionale conferito dalla direttiva Iva a uno Stato membro e verificare se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva debba essere interpretato nel senso che il fatto di assoggettare un istituto ospedaliero privato alla condizione di essere autorizzato conformemente alle disposizioni nazionali relative al regime generale di assicurazione malattia, il che implica che tale istituto ospedaliero sia integrato nel piano ospedaliero locale o abbia concluso convenzioni di prestazioni mediche con le casse di assicurazione malattia o ausiliarie obbligatorie, rientra in tali limiti.
Pertanto, occorre verificare, in primo luogo, se il requisito di essere “debitamente riconosciuto” si riferisca a tutte le entità di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva o soltanto agli “altri istituti della stessa natura” ai sensi di tale disposizione.
Nel caso di specie, nei limiti in cui, per poter beneficiare dell’esenzione, gli “altri istituti” devono essere “della stessa natura” degli “istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici”, la condizione del riconoscimento di un istituto deve essere intesa nel senso che riguarda tutti gli istituti menzionati all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
Una tale interpretazione è avvalorata dal contesto e dall’obiettivo dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
A tal proposito, per quanto riguarda il contesto nel quale si inserisce tale disposizione, essa figura al capo 2, intitolato “Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico”, del titolo IX di tale direttiva. Tale esenzione riguarda quindi gli enti che perseguono finalità di interesse pubblico.
Risulta, poi, dalla giurisprudenza unionale che le prestazioni mediche rese allo scopo di tutelare, e dunque anche di mantenere o di ristabilire, la salute delle persone possono beneficiare dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
Da ciò deriva che, nel contesto dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, lo scopo delle prestazioni è rilevante al fine di valutare se tali prestazioni siano esenti dall’Iva e se il centro di attività rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva. Tale esenzione è infatti destinata ad applicarsi alle prestazioni aventi lo scopo di diagnosticare, di curare o di guarire malattie o problemi di salute o di proteggere, mantenere o ristabilire la salute delle persone, ma non include le prestazioni che rispondono ai fini puramente cosmetici.
Infine, l’articolo 133, primo comma, della direttiva Iva consente agli Stati membri di subordinare la concessione dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva all’osservanza di una o più delle condizioni ivi menzionate. Tali condizioni si riferiscono agli scopi di tali organismi, alla loro gestione e ai prezzi da essi praticati e riguardano tutti gli enti privati considerati da quest’ultima disposizione.
Tenuto conto del potere discrezionale di cui gli Stati membri dispongono in tale contesto, la Corte ha dichiarato che l’esistenza della facoltà prevista all’articolo 133, primo comma, della direttiva Iva conferma l’interpretazione secondo la quale spetta al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali gli istituti che lo richiedono possono ottenere un tale riconoscimento, anche se la circostanza che uno Stato membro non abbia esercitato tale facoltà non incide sulla possibilità di riconoscere un ente ai fini della concessione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
Tuttavia, a meno di privare le autorità nazionali del potere discrezionale loro conferito da tale disposizione, il riconoscimento di un istituto ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, non può essere assimilato all’autorizzazione ad effettuare alcune operazioni in conformità della normativa nazionale.
Da ciò deriva che il riconoscimento di un istituto che può essere esentato dall’Iva, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, consente agli Stati membri, da un lato, di assicurarsi che solo gli enti che svolgono le attività corrispondenti alle finalità di tale disposizione beneficino di tale esenzione e, dall’altro, di subordinare il beneficio dell’esenzione al rispetto delle condizioni previste all’articolo 133 della direttiva Iva, e non può, di conseguenza, essere limitato ai soli “altri istituti” contemplati dalla prima disposizione.
L’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva ha in particolare l’obiettivo di ridurre i costi delle cure sanitarie e di rendere tali cure più accessibili ai singoli, il che implica altresì l’accessibilità alle cure di buona qualità. L’obiettivo di interesse pubblico perseguito da tale disposizione conferma l’interpretazione secondo cui il potere discrezionale di cui gli Stati membri dispongono si riferisce a tutti gli istituti menzionati in tale disposizione.
Una tale interpretazione è inoltre conforme al principio di neutralità fiscale, il quale osta in particolare, a che operatori che effettuano le stesse operazioni subiscano un trattamento differenziato in materia di riscossione dell’Iva.
Ne consegue che uno Stato membro può, nell’esercizio del suo potere discrezionale, assoggettare un istituto ospedaliero privato alla condizione di essere “debitamente riconosciuto” affinché le prestazioni sanitarie fornite da quest’ultimo a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico possano essere esentate conformemente all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
Per quanto attiene agli elementi da prendere in considerazione ai fini del riconoscimento dei centri ammissibili all’esenzione dall’imposta, spetta alle autorità nazionali, in conformità al diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione vari elementi, tra i quali rientrano il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un riconoscimento simile, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali.
Inoltre, il potere discrezionale conferito dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva è limitato dai requisiti risultanti dal principio di neutralità fiscale.
Infatti, nell’ambito dell’attuazione dell’esenzione prevista dall’articolo 132, il rispetto della neutralità fiscale esige, in particolare, che tutti gli enti diversi da quelli di diritto pubblico siano messi su un piano di parità ai fini del loro riconoscimento per la fornitura di prestazioni simili.
Nel caso di specie, risulta che, nel diritto tedesco, l’autorizzazione di un istituto ospedaliero privato, conformemente alle disposizioni nazionali relative al regime generale di assicurazione malattia, implica che tale istituto sia stato integrato nel piano ospedaliero di un Land o abbia concluso convenzioni per la prestazione di cure con le casse di assicurazione malattia o ausiliarie obbligatorie. In particolare, i Länder elaborano piani ospedalieri al fine di conseguire gli obiettivi di garantire la sicurezza economica degli istituti ospedalieri per garantire alla popolazione cure di elevata qualità, grazie ad istituti ospedalieri efficienti e di alta qualità, indipendenti sul piano economico, e contribuendo affinché le tariffe delle cure siano ragionevoli sul piano sociale.
Per stipulare convenzioni di prestazioni mediche con le casse di assicurazione malattia o ausiliarie obbligatorie, un istituto ospedaliero privato deve offrire la garanzia di un ricovero efficace ed economico, soddisfare i requisiti di qualità descritti nella legge ed essere necessario ai fini di un ricovero adeguato alle esigenze dell’assicurato. Se più enti ospedalieri adeguati si candidano per la conclusione di una convenzione di prestazioni sanitarie e sia necessario operare una scelta, la decisione viene presa tenendo conto dell’interesse pubblico e della diversità delle istituzioni di gestione degli istituti ospedalieri dopo aver valutato quale istituto ospedaliero risponde maggiormente alle esigenze di un ricovero di alta qualità.
Il giudice a quo precisa, a tal proposito, che l’applicazione della normativa nazionale comporta che l’esenzione in esame è possibile solo se i servizi forniti dall’istituto ospedaliero privato rispondono a esigenze definite alla luce del diritto previdenziale. Così, un istituto ospedaliero privato non avrebbe alcuna possibilità di essere integrato nel piano ospedaliero del suo Land né di stipulare convenzioni per la prestazione di cure con le casse del regime obbligatorio di assicurazione malattia allorché, in seno a tale Land, siano già disponibili sufficienti posti letto d’ospedale per una specifica disciplina.
Da tali indicazioni risulta che gli enti del regime di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, le associazioni di casse di assicurazione malattia a livello del Land e le associazioni di casse ausiliarie dispongono di un certo potere discrezionale per quanto riguarda la conclusione di una convenzione con un istituto ospedaliero e che i Länder non sono tenuti ad integrare nel loro piano ospedaliero gli istituti ospedalieri non universitari di diritto privato che effettuano operazioni a condizioni sociali analoghe a quelle degli enti di diritto pubblico.
L’esercizio di un tale potere discrezionale in funzione delle esigenze definite con riferimento al diritto previdenziale può avere come conseguenza, in violazione del principio di neutralità fiscale, che istituti ospedalieri privati comparabili siano trattati in modo diverso rispetto all’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva per quanto riguarda le prestazioni simili, fornite a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico.
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale, prevedendo che le prestazioni di cure fornite da un istituto ospedaliero privato siano esentate dall’Iva se tale istituto è autorizzato in conformità delle disposizioni nazionali relative al regime generale di assicurazione malattia, in seguito all’integrazione nel piano ospedaliero di un Land o alla stipula di convenzioni di assistenza sanitaria con le casse di assicurazione malattia o ausiliarie obbligatorie, implica che gli istituti ospedalieri privati comparabili, che forniscono prestazioni simili a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico, siano trattati in modo diverso con riferimento all’esenzione prevista da tale disposizione.
 
La seconda questione
Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, quali siano gli elementi che le autorità competenti di uno Stato membro possono prendere in considerazione al fine di determinare se prestazioni sanitarie fornite da un istituto ospedaliero privato siano erogate a condizioni sociali comparabili a quelle vigenti per gli enti di diritto pubblico, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
Chiede, in particolare, se il livello di prestazione dell’ospedale in materia di personale, di locali e di attrezzature e l’efficienza economica della sua gestione possano essere presi in considerazione a tal fine, o se occorra collocarsi dal punto di vista del paziente e ritenere che le condizioni sociali siano comparabili quando i costi della maggior parte dei pazienti sono presi a carico da organismi previdenziali.
L’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva non definisce con precisione gli aspetti delle prestazioni mediche che devono essere raffrontati al fine di valutare se esse siano assicurate a condizioni sociali comparabili e, di conseguenza, se tale disposizione sia applicabile.
La Corte ritiene che possono essere presi in considerazione elementi come il carattere di interesse generale delle prestazioni, il fatto che le prestazioni siano prese a carico da parte del regime di previdenza sociale o siano fornite in base a convenzioni concluse con le autorità pubbliche di uno Stato membro, ai prezzi fissati da tali convenzioni, i cui costi sono in parte a carico degli istituti di previdenza sociale di tale Stato membro.
Per quanto riguarda la portata della nozione di “condizioni sociali analoghe”, dalla formulazione stessa dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva risulta che tale condizione si riferisce alle prestazioni fornite dall’istituto interessato.
Dalla formulazione di tale disposizione risulta altresì che, da un lato, le condizioni alle quali le prestazioni sono fornite in un istituto ospedaliero non devono essere identiche, ma comparabili a quelle in cui le prestazioni sono fornite in un istituto di diritto pubblico e, dall’altro, tali condizioni devono rivestire carattere sociale.
Inoltre, il requisito relativo alle “condizioni sociali analoghe” mira ad evitare che le prestazioni offerte dagli istituti privati siano esenti qualora tali istituti non siano soggetti ad obblighi che rispondono ad una finalità sociale analoghi a quelli incombenti agli istituti di diritto pubblico.
Infine, il citato articolo 132 mira in particolare a ridurre il costo delle cure sanitarie e a rendere tali cure più accessibili ai singoli, il che implica altresì l’accessibilità alle cure di buona qualità.
Pertanto, per valutare se le prestazioni degli istituti ospedalieri privati siano garantite a condizioni sociali analoghe a quelle degli enti di diritto pubblico, spetterà anzitutto al giudice del rinvio prendere in considerazione le condizioni, previste dalla normativa applicabile, alle quali sono soggetti gli istituti ospedalieri di diritto pubblico, per quanto riguarda le prestazioni fornite, e che mirano a conseguire l’obiettivo di ridurre i costi delle cure sanitarie e di rendere cure di buona qualità più accessibili ai singoli, e sono idonee e necessarie a tal fine.
Inoltre, dall’obiettivo dell’esenzione prevista nell’articolo in esame, discende che occorre prendere in considerazione i costi delle prestazioni fornite dagli istituti ospedalieri privati che restano a carico dei pazienti.
A tal riguardo, chiarire se le tariffe forfettarie giornaliere siano calcolate in maniera analoga in un istituto ospedaliero privato e in un istituto ospedaliero di diritto pubblico è una questione che può risultare pertinente.
Allo stesso modo, spetterà al giudice del rinvio esaminare se le prestazioni fornite dagli istituti ospedalieri privati siano prese a carico dal regime previdenziale o in forza di convenzioni stipulate con autorità pubbliche di uno Stato membro, in modo che i costi residui a carico dei pazienti siano di entità comparabile a quelli sopportati dai pazienti di istituti pubblici.
Infine, possono essere presi in considerazione la prestazione dell’istituto ospedaliero privato in materia di personale, di locali e di attrezzature, nonché l’efficacia economica della sua gestione, dato che gli istituti ospedalieri di diritto pubblico sono soggetti a indici di gestione comparabili e questi ultimi contribuiscono a raggiungere l’obiettivo di ridurre i costi delle cure sanitarie e di rendere cure di buona qualità più accessibili ai singoli, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Tutto ciò premesso, la Corte Ue, con riferimento alla seconda questione, perviene alla conclusione che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se prestazioni sanitarie erogate da un istituto ospedaliero privato siano fornite a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli enti ospedalieri di diritto pubblico, le autorità competenti di uno Stato membro possono prendere in considerazione, quando essi mirino a raggiungere l’obiettivo di ridurre i costi delle cure sanitarie e di rendere cure di buona qualità più accessibili ai singoli, le condizioni regolamentari applicabili alle prestazioni fornite dagli enti ospedalieri di diritto pubblico, nonché gli indici di prestazione di tale istituto ospedaliero privato in materia di personale, di locali, di attrezzature, nonché dell’efficienza economica della sua gestione, allorché tali indici sono applicabili anche agli enti ospedalieri di diritto pubblico. Possono essere prese in considerazione anche le modalità di calcolo delle tariffe forfettarie giornaliere nonché la presa a carico, nell’ambito del regime di previdenza sociale o di convenzioni concluse con autorità pubbliche, delle prestazioni fornite da detto istituto ospedaliero di diritto privato, di modo che il costo sostenuto dal paziente si avvicini a quello sostenuto, per prestazioni simili, dal paziente di un istituto ospedaliero di diritto pubblico.
 

Data sentenza:

7 aprile 2022

Numero sentenza:
Causa c 228/2020

Nome parti:

I GmbH
contro
Finanzamt H
 



Fonte: https://www.fiscooggi.it/
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