
18 Mag Proposta accordo su crisi da debiti: se l’idea non convince non si omologa
Nel caso in cui un soggetto rientrante nei presupposti soggettivi e oggettivi di cui al Capo II della legge n. 3/2012 (composizione della crisi da sovraindebitamento) proponga all’amministrazione finanziaria un accordo di composizione della crisi e la stessa amministrazione non aderisca alla proposta, non si applica l’articolo 12 – comma 3 quater – della suindicata legge (omologazione “forzosa” da parte del giudice se: 1) il voto negativo dell’amministrazione risulta decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza di cui all’articolo 11, comma 2, della stessa legge; 2) la proposta appare preferibile, per l’Erario, rispetto all’alternativa liquidatoria) quando il contenuto della proposta non è conveniente rispetto all’azione esecutiva individuale esperibile dall’amministrazione stessa.
Così si è espresso il Tribunale di Prato con il decreto di rigetto della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (ex articoli 7 e 8 della legge n. 3/2012), emesso il 27 febbraio 2023.
La vicenda processuale
Un contribuente, trovatosi in una situazione di crisi da sovraindebitamento, proponeva un accordo di composizione della crisi volto a soddisfare gli unici due creditori (l’Erario e una società che gli aveva in precedenza concesso un finanziamento) nella misura del 18,66% ciascuno, attraverso:
1) lo stanziamento di un determinato importo mensile per un numero delimitato di anni
2) una determinata somma di danaro a titolo di finanza esterna
3) azioni detenute presso un istituto di credito, per un valore di modesto importo.
Vi era poi un ulteriore creditore, rappresentato dalla banca presso la quale il contribuente aveva acceso il mutuo per l’acquisto della propria casa, il quale veniva lasciato – però – fuori dall’accordo in quanto il sovraindebitato era intenzionato ad assolvere regolarmente e integralmente al pagamento dello stesso mutuo.
L’amministrazione finanziaria votava negativamente la proposta recapitatale, evidenziando, oltre a omissioni e inesattezze nella ricostruzione del fabbisogno mensile e delle reali capacità reddituali e patrimoniali imputabili al proponente, come a ogni modo il pignoramento del decimo dello stipendio del sovraindebitato – senza predeterminati vincoli temporali – costituisse quell’alternativa liquidatoria preferibile rispetto al contenuto della proposta in grado di non far applicare al caso in esame l’articolo 12, comma 3 quater, della legge n. 3/2012, secondo cui “il tribunale omologa l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”.
La pronuncia di merito
Il Tribunale di Prato (in linea con altro decreto del 24 ottobre 2022, emesso sempre dal medesimo Tribunale in riferimento a fattispecie analoga) dava ragione all’amministrazione finanziaria, evidenziando che, nel caso concreto, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione non era conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria dato che “i creditori, infatti, potrebbero ottenere tramite il pignoramento dello stipendio del debitore un apporto mensile superiore rispetto a quello offerto (…), anche considerando la finanza esterna messa a disposizione del ceto creditorio (…), senza, peraltro, il limite temporale dei (…) anni previsto dall’accordo di composizione della crisi”: pignoramento già subito, peraltro, dal sovraindebitato (in misura più che raddoppiata rispetto al quantum proposto) poco prima della presentazione della stessa proposta, al fine di soddisfare uno specifico creditore.
Pronuncia, questa, nella quale il giudice pratese prende posizione in maniera specifica anche sulle inesattezze e incongruenze della proposta evidenziate dall’Erario nella propria manifestazione di voto, derivandone la seguente riflessione: “occorre rammentare l’obbligo di buona fede, immanente al sistema, che impone al debitore che intenda risolvere la propria esposizione debitoria mediante il ricorso alle procedure di composizione della crisi di fornire una informazione completa e veritiera sui presupposti necessari per l’accesso a tali strumenti. In questo senso, anche l’OCC è tenuto in forza dell’art. 9 L. 3/2012 ad una valutazione di completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, non potendosi limitare alle sole allegazioni del ricorrente”.
Osservazioni
In base all’articolo 12, comma 3 quater, della L. 3/2012 il Tribunale ha la possibilità di “bypassare” il voto negativo espresso dall’amministrazione finanziaria, omologando in maniera forzosa l’accordo quando il voto erariale risulta decisivo ai fini della formazione della maggioranza di cui all’articolo 11 (percentuale dei creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti) e quando la proposta risulti maggiormente conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria: in buona sostanza, si concretizza quello che viene definito come “cram down fiscale”.
Ebbene, la decisione del Tribunale di Prato appare significativa perché ha recepito integralmente la linea difensiva dell’amministrazione finanziaria la quale ha fatto leva, in termini di alternativa liquidatoria, sull’azione esecutiva individuale esperibile nei confronti del soggetto sovraindebitato (e non, ad esempio, sulla liquidazione concorsuale ex articolo 14-ter della stessa legge n. 3/2012).
Nel caso specifico oggetto di giudizio, il pignoramento dello stipendio nei termini di legge: fonte certa “aggredibile” unilateralmente e senza vincoli concorsuali, senza particolari vincoli di tempo e – quindi – “sganciato” dall’intervallo di tempo delimitato contenuto nella proposta.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale