Non è nulla la notifica con Pec assente dai registri delle Pa

Non è nulla la notifica con Pec assente dai registri delle Pa

È valida la notifica della cartella di pagamento proveniente da un indirizzo Pec che non risulta nei registri delle pubbliche amministrazioni del ministero della Giustizia, corredato dalla copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità.
Lo ha affermato, respingendo il ricorso presentato dal contribuente e accogliendo le tesi dell’Ammirazione finanziaria, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli con la decisione n. 6168/30 del 4 maggio 2023.
Tale modalità è, infatti, pienamente idonea a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati. È fatta salva, ovviamente, la prova contraria, gravante sulla parte che sollevi la relativa eccezione, dell’esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato che non ne abbiano consentito il corretto recapito.

Il fatto e il ricorso di primo grado
L’Agenzia delle entrate-Riscossione notificava a una contribuente una cartella di pagamento per riscuotere quanto dovuto a favore del Comune di Napoli a titolo di Tarsu per diverse annualità.
Avverso tale determinazione dell’Amministrazione finanziaria, la contribuente decideva di proporre apposito ricorso giurisdizionale dinanzi ai competenti magistrati di primo grado deducendo l’inesistenza della notifica della cartella esattoriale impugnata in quanto proveniente da un indirizzo Pec non ricompreso nei pubblici registri di cui al decreto legge n. 179/2012.

In merito, occorre evidenziare come l’articolo 16-ter, comma 1, del Dl n. 179/2012, convertito in legge, con modifiche, dalla legge n. 221/2012, e rubricato “Pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni”, dispone che a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo n. 82/2005, dall’articolo 16, comma 12, del decreto legge stesso, dall’articolo 16, comma 6, del Dl n. 185/2008, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della Giustizia.
In buona sostanza si tratta dei registri Ipa, Reginde e Inipec in cui devono sempre essere registrati gli indirizzi di provenienza delle notifiche, al fine di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell’atto notificando. Questo perché, in ipotesi di indirizzi non ufficiali, vi potrebbe essere un problema di incertezza del soggetto da cui proviene l’atto impugnato, con la possibile compromissione delle norme volte a tutelare la certezza, l’affidabilità giuridica del contenuto dell’atto stesso e del diritto di difesa del contribuente.

La decisione
Chiamata a pronunciarsi sulla questione, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli ha chiarito come non possa trovare accoglimento la tesi secondo la quale le notifiche effettuate dall’Agenzia delle entrate-Riscossione per mezzo di una Pec non ricompresa nei pubblici elenchi sono affette da inesistenza.
Sul punto i giudici partenopei hanno richiamato la recente ordinanza n. 15979/2022 della Corte di cassazione, ripresa dall’ancor più recente decisione n. 982/2023, con la quale i magistrati hanno espressamente respinto un’eccezione di irricevibilità o inammissibilità del ricorso, per via di notifica proveniente da indirizzo di posta elettronica certificata del mittente che, non risultando dai registri delle pubbliche amministrazioni del ministero della Giustizia, inficerebbe di nullità l’atto così spedito, sulla scorta del criterio del raggiungimento dello scopo, in base al quale “può dunque dirsi integrato il principio per cui la copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità, è idonea a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, salva la prova contraria, di cui è onerata la parte che sollevi la relativa eccezione, dell’esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato.
Nei medesimi termini, del resto, si erano già espressi i giudici di piazza Cavour con le decisioni n. 6912/2002, n. 2961/2021, n. 20039/2020 nonché con la pronuncia a sezioni unite n. 23620/2018.

Per quanto concerne più specificatamente gli elenchi delle pubbliche amministrazioni per le notificazioni e le comunicazioni, la cui gestione è affidata all’Agid, i giudici tributari campani hanno chiarito come è vero che sia puntuale obbligo alle amministrazioni aggiornare gli indirizzi presenti nei registri ma l’eventuale incompletezza dell’elenco dei domicili digitali, pur costituendo ipotetica ragione di responsabilità dirigenziale, non inficia però la regolare provenienza dell’attività notificatoria da un indirizzo Pec comunque ricompreso tra quelli indicati dall’amministrazione pubblica stessa sui propri canali ufficiali (comunicazioni formali, sito internet, eccetera), così come è pienamente valida la ricezione allo stesso indirizzo Pec di atti e comunicazioni provenienti da terzi.

Inoltre, hanno poi proseguito i giudici napoletani, quello che è il sistema delle notifiche digitali prevede l’elettività della domiciliazione per chi ne sia destinatario, ovvero soggetto passivo della notificazione stessa, imponendo la notifica esattamente agli indirizzi oggetto di elencazione accessibile e registrata, laddove invece nessuna incertezza si pone, proprio come nel caso di specie, ove la pubblica amministrazione sia il mittente che provvede a notificare un suo atto da un proprio valido indirizzo di posta elettronica certificata.

Infine, hanno concluso i giudici di primo grado “la costituzione del destinatario della notificazione, che abbia dimostrato di essere in grado di svolgere compiutamente le proprie difese sottrae rilevanza all’ipotizzata irregolarità, avendo pienamente la notifica raggiunto lo scopo senza alcuna incertezza in ordine alla sua provenienza e all’oggetto dell’impugnazione esperita”.
Per tutto quanto sopra visto, La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli, definitivamente pronunciandosi, ha affermato la piena validità di una cartella di pagamento proveniente da un indirizzo Pec che non risulta nei registri delle pubbliche amministrazioni del ministero della Giustizia, corredato dalla copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale