Contraddittorio endoprocedimentale necessario se effettivamente decisivo

Contraddittorio endoprocedimentale necessario se effettivamente decisivo

Il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determina la nullità dell’atto impositivo solo ove il contribuente prospetti in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, provando che dette ragioni sono effettivamente concrete e non meramente pretestuose.
È quanto ha affermato la quale la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, con la decisione n. 3408 del 25 maggio 2023, accogliendo le tesi dell’Amministrazione finanziaria in un ricorso in riassunzione dopo apposita ordinanza della Corte di cassazione. Nel caso specifico il contribuente non aveva dimostrato che, attraverso il contraddittorio, le determinazioni dell’ufficio sarebbero state diverse da quelle poi effettivamente assunte.
Con la medesima pronuncia, i giudici tributari partenopei hanno affermato, poi, l’importante principio, in base al quale la dicotomia tra accertamento analitico e accertamento induttivo non costituisce una specifica limitazione e circoscrizione dell’attività dell’ufficio, considerato che l’adozione di una metodologia può non escludere l’altra, persino all’interno di uno stesso atto.

Il fatto e la vicenda processuale
L’Agenzia emetteva nei confronti di un contribuente esercente attività di rivendita di tabacchi un avviso di accertamento, condotto sia con metodo analitico che induttivo, con il quale venivano ripresi a tassazione maggiori redditi non dichiarati per alcune annualità di imposta.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento dinanzi la competente Corte di giustizia tributaria di primo grado, che accoglieva il ricorso e annullava l’atto impositivo del fisco.
A seguito, però, di apposito ricorso dell’Amministrazione finanziaria, i giudici di appello accoglievano le tesi dell’ufficio, rigettando l’originario ricorso dell’esercente.

La vicenda finiva, dunque, dinanzi la Corte di cassazione che, con ordinanza n. 29814/21, del 25 ottobre 2021, annullava con rinvio la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado sulla scorta della considerazione che la motivazione posta a sostegno della decisone impugnata doveva ritenersi gravemente carente al di sotto del minimo costituzionale, in quanto i giudici di merito si erano limitati a indicare soltanto il risultato conclusivo del giudizio valutativo dei fatti dimostrati in giudizio, senza, tuttavia, evidenziare le premesse logiche e il percorso argomentativo attraverso il quale era stato possibile pervenire a tali conclusioni.

Il contribuente procedeva, quindi, a riassumere il giudizio dinanzi alla competente Cgt di secondo grado della Campania, ribadendo, a suo avviso, l’illegittimità dell’avviso di accertamento per omessa valutazione della documentazione in sede di contraddittorio endoprocedimentale nonché l’erroneità della ricostruzione reddituale effettuata nell’avviso di accertamento impugnato.
L’Agenzia delle entrate si costituiva, con proprie controdeduzioni e con appello incidentale, confermando la correttezza del proprio operato.

Il ricorso in riassunzione e la decisione della Corte di giustizia tributaria
Chiamati a pronunciarsi sulla questione, i giudici partenopei d’appello hanno accolto il ricorso incidentale avanzato dall’Amministrazione finanziaria e confermato così la piena legittimità dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia.
Per quanto concerne, infatti, la metodologia di accertamento utilizzata, i magistrati tributari hanno affermato che devono ritenersi sussistenti i presupposti per il ricorso all’accertamento induttivo pur in presenza di dichiarazione congrue sulla base di presunzioni relative dotate di gravità, precisione e concordanza costituite nel caso specifico dalla presenza di oggettive discordanze e di gravi incongruenze tra ricavi e corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. In tali ipotesi, infatti, il soggetto pubblico ben può procedere all’accertamento analitico induttivo, fermo restando il diritto del contribuente di dimostrare in concreto l’erroneità del risultato ottenuto.

E sul punto, la Corte di giustizia tributaria ha richiamato la sentenza della Cassazione n. 7644/2018, nella quale è stato affermato come risulti del tutto irrilevante, ai fini della completezza e idoneità della motivazione dell’avviso di accertamento, la specifica indicazione del tipo di accertamento condotto, se viene, comunque, consentito al contribuente di esercitare nel modo più efficace il proprio diritto di difesa.

I giudici napoletani, dunque, nel solco del consolidato orientamento della Cassazione, ribadiscono l’importante principio in base al quale la dicotomia tra accertamento analitico e accertamento induttivo non costituisce una specifica limitazione e circoscrizione dell’attività dell’ufficio, posto che l’adozione di una metodologia può non escludere l’altra, persino nel medesimo atto. La scelta tra un tipo o l’altro di accertamento, così come anche la sua modifica di prospettazione in corso di giudizio, non è, infatti, significativa ove non mutino i presupposti di fatto su cui poggiano le due valutazioni.

Quanto, poi, alla doglianza del contribuente circa la pretesa illegittimità dell’avviso di accertamento per omessa valutazione della documentazione in sede di contraddittorio procedimentale e per l’asserito impedimento posto in essere dall’ufficio alla produzione da parte del contribuente della documentazione necessaria a chiarire le proprie ragioni in sede di contraddittorio endoprocedimentale, la Corte tributaria ha richiamato la decisione a Sezioni unite della cassazione n. 24823/2015. Nella detta sentenza i giudici di legittimità hanno affermato come, anche “in conformità della giurisprudenza comunitaria, il rispetto del contraddittorio nell’ambito del procedimento amministrativo, non escluso quello tributario, costituisce, quale esplicazione del diritto alla difesa, principio fondamentale dell’ordinamento europeo, che trova applicazione ogniqualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, sicché il destinatario di provvedimento teso ad incidere sensibilmente sui suoi interessi deve, pena la caducazione del provvedimento medesimo, essere messo preventivamente in condizione di manifestare utilmente il suo punto di vista in ordine agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione” aggiungendo, però, l’importantissimo principio in base al quale “la rilevanza della violazione dell’obbligo del contraddittorio deve ritenersi limitata all’ipotesi in cui la sua osservanza avrebbe potuto comportare un risultato diverso del procedimento impositivo.”.

Quindi, hanno chiarito i giudici tributari di secondo grado della Campania, affinché il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento impositivo emesso dal Fisco non è sufficiente che il contribuente si limiti alla relativa formale eccezione, ma è, altresì, necessario che lo stesso assolva pienamente l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che dimostri che l’opposizione di dette ragioni, valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio, si riveli non puramente pretestuosa, ma tale da configurare una concreta possibilità di un esito diverso dell’attività accertativa posta in essere dall’ente impositore.
Nel caso esaminato, invece, il contribuente non ha fornito alcuna prova del fatto che attraverso quel contraddittorio le determinazioni dell’ufficio sarebbero potute essere ragionevolmente diverse da quelle effettivamente assunte.

Per le ragioni ora viste, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, definitivamente pronunciandosi in riassunzione sulla questione, ha ritenuto pienamente legittimo l’accertamento posto in essere dall’Amministrazione finanziaria, accogliendo il ricorso incidentale di quest’ultima e respingendo il ricorso principale avanzato dal contribuente.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale