06 Ott Iva all’importazione esigibile e detraibile dopo lo sdoganamento
L’obbligo di applicazione dell’Iva per la merce importata e il corrispondente diritto alla detrazione sorgono solo al momento dello sdoganamento, a prescindere dalla circostanza che la fattura sia già stata emessa e che i beni si trovino già fisicamente in Italia. In caso contrario, si ammetterebbe la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione di un’imposta non ancora esistente.
È questo il principio espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 25891 del 5 settembre scorso.
La controversia in esame, portata alla decisione della Corte suprema, deriva da un ricorso proposto dalla Alfa Spa – operante nel settore siderurgico – avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia disconosceva la detrazione, da parte della società, dell’Iva relativa a due fatture – la n. 20 del 4 giugno 2008 emessa da Beta Srl e relativa a operazione soggettivamente inesistente (rilievo 1) e la n. 29 del 31 luglio 2008 emessa da Gamma Srl e inerente un’operazione priva del requisito di territorialità (rilievo 2).
La Ctp di Bologna accoglieva il ricorso nel merito e annullava l’avviso. Proponeva appello l’ufficio. La Ctr Emilia Romagna così decideva ““1) in parziale accoglimento dell’appello ed in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di Alfa S.p.A. avverso l’avviso di accertamento n. [omissis] emesso dall’Agenzia delle entrate-Direzione Regionale dell’Emilia Romagna, nella parte in cui l’Amministrazione finanziaria ha recuperato l’IVA detratta in relazione alla fattura n. 29 emessa il 31 luglio 2008 da Gamma s.r.l. ed applicato relative sanzioni ed interessi; 2) rigetta nel resto”.
Avverso la sentenza della Ctr proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo, a cui la Spa resisteva con controricorso e spiegava altresì ricorso incidentale.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25891/2023 in esame, ha accolto il ricorso erariale e rigettato quello incidentale con contestuale rinvio della controversia ad altra sezione della Ctr Emilia Romagna.
Nel merito, l’Agenzia ha evidenziato che seppur la Ctr avesse rilevato che Beta Srl fosse una società solita compiere frodi Iva pur, tuttavia, nella disamina degli elementi di fatto addotti dall’Amministrazione finanziaria a dimostrazione della riconoscibilità della frode da parte di Alfa Spa, ha esaminato “alcuni degli elementi prospettati dall’Ufficio in una prospettiva atomistica senza dare una valutazione complessiva della [loro] concordanza”.
Alla stregua dell’avviso di accertamento, l’ufficio aveva provato la natura di cartiera di Beta Srl e le anomalie riguardanti i rapporti tra quest’ultima e Alfa Spa, in ordine all’oggettiva applicazione di prezzi unitari decrescenti, al pagamento effettuato mediante un’unica lettera di credito irrevocabile e trasferibile e all’esposizione dell’Iva prima della nazionalizzazione della merce.
Con l’accoglimento della doglianza erariale i giudici di legittimità hanno sottolineato che costituisce principio considerato quello in base al quale “l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni (solo) soggettivamente inesistenti e neghi il diritto del contribuente a portare in detrazione la relativa imposta, deve provare, nondimeno, anche solo in via indiziaria, che la prestazione non è stata resa dal fatturante, spettando, poi, al contribuente l’onere di dimostrare, anche in via alternativa, di non essersi trovato nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità delle operazioni pregresse intercorse tra il cedente ed il fatturante in ordine al bene ceduto, oppure, nonostante il possesso della capacità cognitiva adeguata all’attività professionale svolta, di non essere stato in grado di superare l’ignoranza del carattere fraudolento delle operazioni compiute dagli altri soggetti coinvolti” (cfr Cassazione, decisione n. 20059/2014).
“Raggiunta la prova in questione, è quindi onere del contribuente dimostrare la propria buona fede, ossia di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto – secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto – al fine di evitare di essere coinvolto in una tale situazione, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto, non permettendo una diversa conclusione neppure gli accertamenti eventualmente effettuati ed attesa l’inesigibilità di ulteriori e più approfondite verifiche” (Cassazione, n. 5339/2020 – Corte giustizia Ue 22 ottobre 2015, C-277/14).
Nel caso in esame, ad avviso della Cassazione, i ridetti principi non vennero correttamente applicati dai giudici di secondo grado.
Segnatamente, con riferimento all’effettuazione della “vendita sottocosto e a prezzi decrescenti”, contraria ai principi delineati dalla Corte di giustizia e, di conseguenza, dalla Cassazione, è l’affermazione della Ctr secondo cui “l’Agenzia delle entrate non ha dimostrato che Alfa s.p.a. era a conoscenza che Beta s.r.l. pagò la merce più del prezzo praticato al compratore italiano. Invero, l’Amministrazione non ha chiarito come Alfa s.p.a. avrebbe potuto acquisire tale informazione”.
A prescindere dalla circostanza che l’allineamento o meno del prezzo di una certa merce ai valori di mercato è dato normalmente noto agli operatori, i quali, quantomeno in linea di massima, perseguono l’approvvigionamento al prezzo più basso, non incombeva, invece, di certo sull’ufficio fornire la ridetta dimostrazione né “dedurre e documentare che la riduzione del prezzo era ingiustificata dall’andamento dei prezzi di mercato e che comunque il prezzo richiesto da Beta s.r.l. si poneva sensibilmente al di sotto dei prezzi medi di mercato”; al contrario, spettava ad Alfa Spa dimostrare o “a monte” la rispondenza del prezzo ai valori di mercato anche nel suddetto andamento decrescente o “a valle” la non valutabilità di un prezzo pur sottocosto e ad andamento decrescente quale elemento che avrebbe potuto fungere, per essa stessa. operatore ampiamente qualificato, alla stregua di un campanello d’allarme rispetto alla frode in atto a iniziativa di Beta Srl.
Per converso, ritenendo in parte infondati e in altra parte inammissibili i motivi di controricorso incidentale spiegati dalla società contribuente, la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto – degno corollario di quanto motivato in sede di accoglimento del ricorso dell’ufficio – in base al quale: in tema di Iva su merce importata, l’obbligo di applicazione dell’imposta, con conseguente diritto alla detrazione degli aventi causa dal primo cessionario, sorge solo al momento della giuridica immissione della merce nel territorio dello Stato attraverso la procedura di sdoganamento, comportante l’accettazione dall’autorità doganale (che proprio in ragione di ciò procede ad accertare, liquidare e riscuotere l’Iva) della dichiarazione all’importazione effettuata dal presentatore della merce, a prescindere dal fatto che la fattura relativa alla cessione sia già stata emessa e che la merce si trovi già, fisicamente, in Italia, in quanto solo nel suddetto momento sorge il presupposto dell’assoggettamento di questa all’Iva per effetto della sua nazionalizzazione, diversamente ammettendosi la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione di un’imposta non ancora venuta a esistenza.
In conclusione, l’obbligo di applicazione dell’Iva per la merce importata e il corrispondente diritto alla detrazione sorgono solo al momento dello sdoganamento, a prescindere dalla circostanza che la fattura sia già stata emessa e che i beni si trovino già fisicamente in Italia.
In caso contrario, si ammetterebbe la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione di un’imposta non ancora esistente.
Nel caso dell’importazione, infatti, il momento in cui l’Iva diviene esigibile coincide, anche in ipotesi di anticipata compravendita con fatturazione e/o pagamento anticipati, solo con quello in cui l’importazione ha luogo, ossia con l’espletamento delle formalità doganali.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale