21 Dic Iva e attività del consigliere, nella direttiva i presupposti
La Corte di giustizia europea, con la sentenza di oggi, 21 dicembre 2023, causa C-288/2022, ha stabilito che l’attività di membro del Cda di una Spa lussemburghese non è esercitata in modo indipendente quando – anche se organizza liberamente il proprio lavoro, percepisce gli emolumenti costituenti le sue entrate, agisce in nome proprio e non è subordinato ad alcuno – il consigliere non agisce per proprio conto né sotto la propria responsabilità e non sopporta il rischio economico connesso alla sua attività.
Un soggetto, membro del consiglio di amministrazione di diverse Spa di diritto lussemburghese, svolgeva le seguenti attività:
– riceveva le relazioni dei dirigenti o dei rappresentanti delle spa di cui trattasi e discuteva le proposte strategiche, le scelte dei dirigenti operativi, i problemi connessi ai conti di tali società e delle loro società figlie;
– partecipava all’elaborazione delle decisioni che i rappresentanti delle società in questione dovevano adottare a livello dei cda delle società figlie;
– partecipava all’elaborazione delle decisioni concernenti i conti delle società e delle proposte da sottoporre alle assemblee degli azionisti, alla politica dei rischi nonché alle decisioni sulla strategia che tali società dovevano seguire.
Conformemente alla legge nazionale, la gestione quotidiana di dette società doveva essere assicurata da un comitato direttivo comprendente amministratori delegati o amministratori-direttori o, in mancanza di attività operativa che richiedesse un comitato direttivo, da rappresentanti permanenti nel consiglio di amministrazione o da membri di tale consiglio.
Per tali attività, detto soggetto, nella sua qualità di membro del consiglio di amministrazione delle società in argomento, percepiva, con decisione delle assemblee generali degli azionisti di queste ultime, compensi sotto forma di percentuale sugli utili realizzati dalle compagini.
Il contenzioso nazionale
Il consigliere riceveva un bollettino di tassazione d’ufficio ai fini Iva, da parte dell’ufficio lussemburghese del registro, del demanio e dell’Iva.
Il contribuente presentava, quindi, reclamo dinanzi a tale ufficio contro detto bollettino, facendo valere che l’attività di membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni di diritto lussemburghese non costituiva un’attività economica secondo la legge nazionale del Lussemburgo e non conferiva a un simile membro la qualità di soggetto passivo.
L’ufficio respingeva il reclamo e, quindi, il contribuente adiva il Tribunale circoscrizionale di Lussemburgo.
Le questioni pregiudiziali
Detto giudice – rilevando un possibile contrasto tra la normativa nazionale ed il diritto europeo – ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Lussemburgo le seguenti questioni pregiudiziali:
- se una persona fisica, membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni di diritto lussemburghese, eserciti un’attività «economica» ai sensi dell’articolo 9 della direttiva Iva, e più precisamente se i compensi percepiti da tale persona sotto forma di percentuale sugli utili debbano essere considerati una remunerazione ricevuta a titolo di corrispettivo per i servizi resi a tale società;
- se una persona fisica, membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni di diritto lussemburghese, eserciti la propria attività «in modo indipendente» ai sensi degli articoli 9 e 10 della direttiva Iva.
La pronuncia della Corte
La Corte di giustizia premette che l’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva Iva considera «soggetto passivo» chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Per «attività economica» si comprende ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate.
Nel caso di specie, benché il contribuente avesse fornito una prestazione di servizi, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva, il giudice del rinvio si chiedeva se i compensi percepiti da un membro del consiglio di amministrazione di diverse società per azioni potessero essere considerati una remunerazione ricevuta a titolo di corrispettivo per i servizi resi a tali società.
A tal proposito, la Corte Ue ricorda che la qualificazione di una prestazione di servizi come operazione «a titolo oneroso», ai sensi della suddetta disposizione, presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione ed un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Un simile nesso diretto esiste qualora tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e la remunerazione ricevuta dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario. La circostanza che un’operazione economica venga svolta ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo, e, pertanto, ad un prezzo superiore o inferiore al normale prezzo di mercato, è, inoltre, irrilevante ai fini della qualificazione di tale operazione come «operazione a titolo oneroso». Tra l’altro, la retribuzione può essere fissata man mano che un prestatore svolge le proprie attività, purché le modalità di fissazione siano prevedibili e tali da garantire che il prestatore riceva, in linea di principio, un pagamento per le prestazioni che fornisce.
Nel caso di specie, osservano i togati di Lussemburgo, anche in assenza di una convenzione scritta relativa alla retribuzione del contribuente, risultava che detto soggetto aveva percepito, come corrispettivo della sua attività di membro di consigli di amministrazione, una remunerazione che sembrava aver assunto la forma o di compensi assegnati dalle assemblee generali degli azionisti in funzione dell’utile realizzato dalle spa di cui trattasi o di un importo forfettario.
Al riguardo, l’esistenza di un nesso diretto tra la retribuzione e l’attività sembra dimostrata nell’ipotesi di una retribuzione sotto forma di un importo forfettario predeterminato; nel caso in cui la retribuzione avesse assunto la forma di compensi sotto forma di percentuale sugli utili, il giudice del rinvio dovrà verificare, se, nel caso in cui la spa non realizzasse utili o realizzi utili modesti, l’assemblea generale degli azionisti di tale società potesse nondimeno concedere al contribuente, sulla base di altri elementi, un compenso oggettivamente commisurato al servizio da lui fornito.
Ciò posto, gli eurogiudici espongono che l’esistenza di una simile prestazione di servizi non è sufficiente per constatare l’esistenza di un’attività economica ai sensi della direttiva Iva, ma che devono essere soddisfatti anche altri criteri: un’attività è, in generale, qualificata come economica quando presenta un carattere stabile ed è svolta a fronte di una remunerazione percepita dall’autore dell’operazione, circostanza che comporta che la retribuzione stessa debba avere un carattere stabile.
Quindi, secondo la Corte di giustizia, si deve ritenere che la nomina di una persona fisica alla funzione di membro del consiglio di amministrazione di una società anonima di diritto lussemburghese per un mandato rinnovabile di durata non superiore a sei anni conferisca all’attività di tale membro un carattere stabile. La circostanza che un simile mandato sia revocabile ad nutum, vale a dire in qualsiasi momento e senza motivazione, e che anche il suo titolare possa rinunciarvi in qualsiasi momento non può, di per sé, far perdere a tale attività il suo carattere stabile, dal momento che una durata massima di sei anni è, ab initio, connessa a detto mandato.
Tale durata di sei anni del mandato è anche idonea a conferire alla retribuzione assegnata mediante compensi un carattere di stabilità. Tuttavia, affinché tale carattere di stabilità sia preservato, occorre che, nell’ipotesi in cui i compensi siano assegnati in funzione degli utili realizzati dalla società di cui trattasi, detti compensi possano essere assegnati ai membri del cda anche per gli esercizi sociali nel corso dei quali la società non ha realizzato utili.
Quando l’attività viene esercitata “in modo indipendente”?
Nello scrutinare la seconda questione pregiudiziale, la Corte di giustizia osserva che, per determinare se una persona eserciti un’attività economica in modo indipendente, occorre verificare se sussista un vincolo di subordinazione nell’esercizio di tale attività, ossia se l’interessato svolga le sue attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, nonché se egli si assuma il rischio economico legato all’esercizio di dette attività.
Nel caso di specie, per quanto riguarda la questione del vincolo di subordinazione gerarchica, la circostanza che, nell’ambito della sua attività di consulenza e decisionale nell’ambito di un cda, un membro di tale consiglio è libero di sottoporre a quest’ultimo le proposte che desidera e di votare al suo interno come crede costituisce un indizio dell’assenza di un simile vincolo.
Per quanto riguarda, poi, la questione di stabilire se un simile membro di un cda abbia agito in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, occorre in particolare prendere in considerazione le norme di diritto nazionale che disciplinano la ripartizione delle responsabilità tra i membri del consiglio di amministrazione e la società di cui trattasi. Al riguardo, secondo i togati di Lussemburgo, la circostanza che una simile ripartizione delle responsabilità si ritrovi in modo analogo o equivalente nei rapporti che uniscono un dipendente al suo datore di lavoro è tale da indicare che detti membri non agiscono sotto la propria responsabilità. Lo stesso vale se il regime di responsabilità loro applicabile è solo accessorio al regime di responsabilità applicabile alla società o al consiglio di amministrazione in quanto organo di quest’ultima.
Quanto alla questione di stabilire se un membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni di diritto lussemburghese sopporti il rischio economico connesso alla sua attività, occorre precisare che il rischio economico si riferisce sempre a quello direttamente corso dalla persona della cui attività economica deve essere valutato il carattere indipendente. Pertanto, il rischio economico corso da una simile società a causa delle decisioni del cda di cui una tale persona è membro non può essere rilevante.
In definitiva, quando una persona apporta la propria esperienza e le proprie competenze al consiglio di amministrazione di una società e partecipa ai voti di tale consiglio, essa non sembra sopportare il rischio economico connesso alla propria attività poiché è la società stessa che dovrà far fronte alle conseguenze negative delle decisioni adottate dal consiglio di amministrazione e che, pertanto, sopporterà il rischio economico derivante dall’attività dei membri di tale consiglio.
Concludendo, i giudici europei ritengono che una simile conclusione si impone in particolare quando, come nel caso di specie, dal contesto normativo nazionale risulta che i membri del consiglio di amministrazione non assumono obblighi personali per quanto riguarda i debiti della società. Essa si impone anche quando l’importo della retribuzione percepita da un membro del consiglio di amministrazione mediante compensi dipende dagli utili realizzati dalla società. Infatti, tale membro non sopporta, in ogni caso, un rischio di perdita connesso alla sua attività di membro del consiglio di amministrazione, in quanto la partecipazione agli utili della società non può essere assimilata all’assunzione di un rischio proprio di utili e di perdite. La suddetta conclusione si applica, a maggior ragione, quando tali compensi sono assegnati dall’assemblea generale degli azionisti sotto forma di un importo forfettario, che viene pagato anche se la società subisce perdite o viene messa in liquidazione giudiziale.
Conclusioni
L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che un membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni di diritto lussemburghese esercita un’attività economica, ai sensi di tale disposizione, se fornisce a titolo oneroso una prestazione di servizi a tale società nonché se tale attività presenta un carattere stabile e viene svolta a fronte di una retribuzione le cui modalità di fissazione sono prevedibili.
L’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che l’attività di membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni di diritto lussemburghese non è esercitata in modo indipendente, ai sensi di tale disposizione, quando, nonostante il fatto che tale membro organizzi liberamente le modalità di svolgimento del suo lavoro, percepisca egli stesso gli emolumenti che costituiscono le sue entrate, agisca in nome proprio e non sia soggetto a un vincolo di subordinazione gerarchica, egli non agisce per proprio conto né sotto la propria responsabilità e non sopporta il rischio economico connesso alla sua attività.
Fonte:
Data della sentenza
21 dicembre 2023
Numero della causa
Causa C-288/2022
Nome delle parti
TP;
contro
Administration de l’enregistrement, des domaines et de la TVA
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale