Legittimo il no al rimborso Irap, il tempo per l’istanza era scaduto

Legittimo il no al rimborso Irap, il tempo per l’istanza era scaduto

Il termine triennale per la richiesta di un rimborso decorre dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento dell’imposta, sia pure a titolo di acconto, e non dal giorno in cui si è proceduto al calcolo definitivo dell’imposta dovuta. Questo principio è stato espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 29317 del 23 ottobre 2023.
Con la stessa pronuncia è stato stabilito che, in caso di scissione parziale di società, se gli elementi patrimoniali ai quali è connessa la richiesta di rimborso sono stati attribuiti alla società beneficiaria della scissione, la legittimazione alla richiesta del rimborso spetta a quest’ultima società e non alla scissa.

Il caso in esame ha riguardato una società per azioni che, dopo aver versato l’Irap, ne aveva chiesto il rimborso, ritenendo che il versamento non fosse dovuto, in quanto riguardava dei dividendi derivanti dalla partecipazione in un ente economico straniero e conseguenti a un’attività economica svolta all’estero.

A seguito del rifiuto all’erogazione del rimborso da parte dell’Amministrazione finanziaria, la società ha presentato ricorso in Commissione tributaria.
 
In sede contenziosa, l’Amministrazione finanziaria ha contestato l’ammissibilità della domanda sotto un duplice profilo:

  1. tardività dell’istanza di rimborso
  2. carenza di legittimazione da parte della società che aveva presentato la richiesta.

Per quanto attiene al profilo della tardività della domanda di rimborso, l’Amministrazione ha evidenziato che l’istanza era stata presentata oltre il termine di 48 mesi, stabilito dall’articolo 38 del Dpr n. 602/1973.
Secondo la tesi erariale, il termine di riferimento, per valutare la tempestività della domanda, era rappresentato dalla data in cui la società aveva effettuato il versamento, senza che avesse rilievo la circostanza che tale versamento era stato effettuato solo a titolo di acconto d’imposta.
 
In merito alla legittimazione attiva alla presentazione dell’istanza di rimborso, si è richiamato l’articolo 173, quarto comma, del Tuir.
Questa disposizione disciplina la decorrenza degli effetti della scissione e, con riferimento all’individuazione del soggetto titolare delle posizioni soggettive stabilisce due criteri alternativi:

  • il primo è quello della proporzionalità, e fa riferimento all’ammontare del patrimonio netto assegnato alla beneficiaria o trattenuto dalla società scissa
  • il secondo criterio è quello della connessione, specifica, o per insiemi di elementi patrimoniali della posizione soggettiva con la porzione di impresa trasferita alla società beneficiaria o mantenuta dalla scissa.

Nel caso all’attenzione della Corte suprema, considerato che l’attivo patrimoniale scisso era stato assegnato alla società beneficiaria della scissione, secondo l’Amministrazione era solo questa società legittimata a presentare l’istanza di rimborso dell’Irap.
Sia la Ctp che la Ctr Campania (decisione n. 972 del 6 febbraio 2019) hanno respinto la richiesta della società.
Sotto il primo profilo, in quanto il versamento era stato effettuato il 30 novembre 2005, mentre la richiesta era stata presentata solo il 18 giugno 2010.
I giudici tributari hanno ritenuto che il termine quadriennale per chiedere la restituzione delle somme indebitamente versate, decorreva dalla data dei versamenti dei singoli acconti e non dalla data del versamento del saldo.
Per quanto riguarda il secondo profilo, i giudici di appello hanno ritenuto che la società scissa non fosse legittimata alla richiesta del rimborso, considerato che la posizione alla quale era connesso il rimborso, riguardava un ramo di azienda trasferito, per effetto della scissione, alla società beneficiaria.
Secondo la società, invece, ai fini della tempestività della domanda di rimborso, bisognava considerare la data della successiva liquidazione dell’Irap e non la data dei singoli versamenti a mero titolo di acconto.

Anche la Corte di cassazione ha respinto la tesi della società. In motivazione, richiamando sue precedenti pronunce (cfr Cassazione nn. 2533/2018 e 8847/2019, la stessa Corte ha ribadito che il termine di 48 mesi per la richiesta di rimborso decorre dalla data dei singoli versamenti, anche se questi sono effettuati a titolo di acconto e a prescindere dalla data di presentazione della dichiarazione alla quale i versamenti stessi si riferiscono. Ha, quindi, ritenuto legittimo il diniego al rimborso da parte dell’Amministrazione finanziaria.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale