29 Dic La prescrizione del rimborso decorre dall’esposizione in dichiarazione
Il termine decennale della prescrizione dei rimborsi esposti in dichiarazione non è influenzato dai tempi concessi all’Amministrazione finanziaria per il controllo formale, la liquidazione o l’accertamento.
Lo chiarisce la Cassazione con l’ordinanza n. 30768 del 6 novembre 2023, con cui ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
Con l’unico motivo di ricorso in Cassazione, l’Agenzia delle entrate ha lamentato la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2935 e 2946 cc, nonché dell’articolo 36-bis, del Dpr n. 600/1973, per avere la Ctr erroneamente ritenuto che la prescrizione del diritto al rimborso decorresse dal consolidamento del credito, conseguente al compimento, da parte dell’Amministrazione, del controllo positivo sui dati esposti nella dichiarazione, secondo la procedura di liquidazione delle imposte (articolo 36-bis, Dpr n. 600/1973); ovvero dal mancato esercizio, da parte dell’ufficio, nei termini decadenziali di legge, del potere di rettifica della dichiarazione del contribuente. Nel caso concreto, secondo la contribuente e il giudice di meroto, la decorrenza del termine di prescrizione decennale del diritto al rimborso avrebbe avuto inizio dal 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione dei redditi, ovvero solo una volta scaduto il termine entro il quale l’ufficio avrebbe potuto procedere a eventuali accertamenti e rettifiche.
La Cassazione ha accolto il ricorso.
Il dies a quo della prescrizione decorre dal giorno di presentazione dell’istanza, che coincide con quello di trasmissione del modello dichiarativo, senza alcuna influenza del limite temporale stabilito per il controllo formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute. Lo svolgimento senza rilievi dell’attività di controllo e accertamento, infatti, non equivale a riconoscimento implicito del credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per le attività dell’Amministrazione finanziaria.
I giudici di legittimità hanno chiarito che in materia di imposte dirette, in tema di rimborso del credito d’imposta esposto in dichiarazione, i termini entro cui l’Amministrazione finanziaria deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento, sono volti a imporre un obbligo all’Amministrazione, ma non pongono un limite all’esercizio dei diritti del contribuente e quindi non incidono sul decorso del termine di prescrizione del credito di quest’ultimo.
Nel caso in esame tra l’esposizione dei crediti nella dichiarazione e la proposizione della domanda di rimborso erano passati tredici anni: era insomma decorso il termine di prescrizione decennale.
Così la suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e deciso nel merito con il rigetto del ricorso originario del contribuente.
Ulteriori osservazioni.
La Cassazione conferma l’orientamento per cui in tema di rimborso di imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti. Non è sufficiente ai fini del rimborso del credito che esso sia esposto in dichiarazione. Né l’inerzia dell’ufficio può equivalere al riconoscimento implicito del credito, per l’assenza di fatti impeditivi o preclusivi del rimborso, in ragione di un obbligo dell’Amministrazione di attivarsi. L’omesso esercizio del potere di controllo non determina, quindi, alcun effetto accertativo del credito vantato. Inoltre, lo svolgimento senza rilievi del controllo automatizzato /ex articolo 36-bis del Dpr n. 600/1973) non equivale a riconoscimento implicito del credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per l’accertamento (cfr Cassazione, sezioni unite nn. 5069/2016, 7132/2019 e 5796/2020).
Anche in tema di Iva, le sezioni unite hanno precisato che il provvedimento con cui l’Amministrazione finanziaria neghi il diritto del contribuente al rimborso dell’eccedenza detraibile, regolato dal Dpr n. 633/1972, articolo 30, per insussistenza dei fatti costitutivi del diritto al rimborso indicati nella norma citata, senza contestare l’esistenza stessa di un’eccedenza d’imposta dovuta, non ha, neppure sostanzialmente, natura di avviso di accertamento (che presuppone necessariamente una pretesa tributaria nuova). Ne consegue che il detto provvedimento di diniego non è soggetto al termine decadenziale stabilito dal Dpr n. 633/1972, articolo 57, per gli avvisi di accertamento, potendo sempre essere emanato finché il contribuente abbia il diritto di ottenere il rimborso dell’eccedenza (cfr Cassazione, sezioni unite nn. 21765 e 12144 del 2021, 7132/2019, 25464/2018 e 5069/2016).
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale