11 Gen Immobile trasferito nel divorzio, trascrizione solo con titolo idoneo
Qualora in sede di separazione o di divorzio siano pattuiti trasferimenti immobiliari è possibile la loro trascrizione solo ove documentati da verbale di udienza redatto dal cancelliere. È quanto ritenuto dal Tribunale di Pistoia con decreto del 15 dicembre 2023 che così si è espresso: “se gli accordi in sede di separazione o divorzio non perdono il loro carattere negoziale, il regime relativo alla loro trascrivibilità soggiace alle regole ordinarie, prima fra tutte quella dell’art. 2657 c.c., secondo cui “la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente”; parimenti l’art. 2699 c.c. nel definire l’atto pubblico precisa che esso è “un documento redatto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove è formato”. Orbene nel contesto giurisdizionale, escluso che sia il provvedimento giurisdizionale in qualunque forma esso sia adottato a rappresentare il titolo idoneo al trasferimento, la volontà delle parti idonea a produrre quell’effetto è validamente “raccolto” nel verbale di udienza rispetto al quale il cancelliere è abilitato a imprimere il crisma della pubblicità e, conseguentemente, la propria attitudine a valere come titolo idoneo alla trascrizione nei registri immobiliari”.
Ai fini di un’adeguata comprensione della decisione si ricostruiscono di seguito la vicenda che ha portato alla pronuncia e il quadro normativo in cui la stessa si inserisce.
La vicenda
Con decreto, emesso all’esito di un procedimento di separazione consensuale, il Tribunale di Pistoia regolamentava le condizioni di affidamento e mantenimento dei figli di due coniugi separandi alle condizioni da coniugi stessi concordate, le quali prevedevano, tra le altre cose, il trasferimento dal padre ai figli della nuda proprietà di immobili siti in Pistoia e il trasferimento dal marito alla moglie del 50% dell’usufrutto degli stessi immobili.
I coniugi chiedevano la trascrizione di tale decreto, ma il Conservatore di Pistoia accettava la trascrizione con riserva, evidenziando come gli accordi che implicano trasferimenti di diritti reali immobiliari in sede di risoluzione della crisi familiare devono essere formalizzati, ai fini della trascrivibilità, in un verbale di udienza, che redatto dal cancelliere assume la forma di atto pubblico ai sensi dell’articolo 2699 cc.
Avverso tale riserva è stato proposto reclamo al Tribunale di Pistoia ai sensi degli articoli 2674-bis codice civile e 113-ter disposizioni attuative.
La decisione del Tribunale di Pistoia
Con il reclamo è stato chiesto al Tribunale di rendere definitiva la trascrizione eseguita con riserva in quanto, per quel che qui interessa, “l’atto di cui si discute non è una compravendita, ma un provvedimento giudiziario” e in quanto atti analoghi sono stati in precedenza trascritti dallo stesso Ufficio.
Il Conservatore, richiamandosi alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 21761/2021, ha sostenuto che a poter essere trascritto è unicamente il verbale di udienza, in quanto atto pubblico che documenta l’atto tra vivi di natura negoziale intercorso tra le parti.
Il Tribunale ha esaminato il motivo di reclamo con il quale è stato eccepito che in passato, la Conservatoria aveva già provveduto alla trascrizione di decreti di omologa di separazioni consensuali e ha rilevato che “Tale deduzione, correlata ad una precedente prassi della Conservatoria, non appare rilevante, atteso che la questione sottoposta all’attenzione del Tribunale va rivalutata alla luce della sentenza delle Sezioni Unite, 29.7.2021, n. 21761.
Eventuali prassi precedenti a tale pronuncia, da essa difformi, necessitano, evidentemente, di una rivalutazione.”.
In sostanza per il Tribunale di Pistoia la pronuncia delle Sezioni Unite segna uno spartiacque che impone agli Uffici di rivalutare le prassi in precedenza seguite se difformi dai principi in essa affermati.
Il Tribunale ha esaminato quindi il motivo di reclamo con cui si contesta la fondatezza della posizione del Conservatore per la quale, ai fini del trasferimento, sarebbe necessario un verbale e ha rilevato che “La motivazione utilizzata dalla Conservatoria, a fondamento della trascrizione con riserva, appare, invero, difficilmente contestabile.”.
Richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite il Tribunale ha ricordato che:
– “gli accordi patrimoniali costituiscono manifestazione di autonomia contrattuale privata, frutto della libera determinazione delle parti anche dopo la sentenza e come tali vivono nel mondo del diritto in ragione e nei limiti di tale loro natura (Cass. 12/05/2022, n.15169)”;
– “sono valide le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento”;
– lo “accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d’udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della L. n. 898 del 1970 art. 4 comma 16, che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l’omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c.”.
Sulla base di tali premesse il Tribunale di Pistoia ha correttamente concluso affermando che “se gli accordi in sede di separazione o divorzio non perdono il loro carattere negoziale, il regime relativo alla loro trascrivibilità soggiace alle regole ordinarie, prima fra tutte quella dell’art. 2657 c.c., secondo cui “la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente”; parimenti l’art. 2699 c.c. nel definire l’atto pubblico precisa che esso è “un documento redatto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove è formato”. Orbene nel contesto giurisdizionale, escluso che sia il provvedimento giurisdizionale in qualunque forma esso sia adottato a rappresentare il titolo idoneo al trasferimento, la volontà delle parti idonea a produrre quell’effetto è validamente “raccolto” nel verbale di udienza rispetto al quale il cancelliere è abilitato a imprimere il crisma della pubblicità e, conseguentemente, la propria attitudine a valere come titolo idoneo alla trascrizione nei registri immobiliari”.
Precisato che il verbale di udienza può costituire titolo per la trascrizione solo quando redatto dal cancelliere alla presenza dei coniugi e del Presidente del Tribunale e da tutti questi soggetti sottoscritto, la decisione è da ritenersi condivisibile innanzi tutto perché chiarisce che un atto negoziale (qual è un accordo tra coniugi) non può essere documentato da un atto giudiziario, ma dev’essere documentato dagli strumenti a tal fine appositamente previsti dal codice civile, nel caso di specie l’atto pubblico.
Come già ricordato nella massima della decisione, l’art. 2699 c.c. nel definire l’atto pubblico precisa che esso è “un documento redatto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove è formato”. L’atto pubblico è dunque un mezzo di prova dei fatti elencati nell’art. 2700 c.c. (in particolare della provenienza delle dichiarazioni documentate dalle parti dell’atto stesso) ed infatti la sua disciplina è contenuta nel Titolo II del Libro VI del codice civile, titolo rubricato appunto “Delle prove”.
L’atto giudiziario è invece lo strumento con cui il Giudice esercita la funzione giurisdizionale, non è dunque un mezzo di prova e nulla ha a che vedere con l’atto pubblico disciplinato dal codice civile. Considerazioni analoghe valgono per l’atto amministrativo con cui gli enti pubblici perseguono le loro finalità esercitando il potere amministrativo di cui sono titolari.
Dunque, non tutti gli atti formati da soggetti, che ex art. 357 c.p. sono pubblici ufficiali, sono atti pubblici, ma solo quelli a cui l’ordinamento riconosce l’idoneità a produrre gli effetti di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c. La nozione di pubblico ufficiale recata dall’art. 357 c.p. è praticamente omnicomprensiva (“sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa”), ma vale solo agli effetti della legge penale e non rileva in altri rami del diritto, come comprovato dal fatto che la qualifica di pubblico ufficiale cui fa riferimento l’art. 2699 c.c. è attribuibile solo a quei soggetti che sono autorizzati dalla legge a formare documenti assistiti di pubblica fede (che cioè fanno piena prova fino a querela di falso di ciò che documentano).
Non può inoltre che condividersi l’affermazione secondo la quale eventuali prassi precedenti alla sentenza delle sezioni unite n. 21761 del 27 luglio 2021, che consentivano la trascrizione di provvedimenti giudiziali documentanti atti negoziali, necessitano, evidentemente, di una rivalutazione.
Infine, merita accennare al fatto che i principi avanti ricordati valgono anche dopo la cosidetta Riforma Cartabia.
Il Dlgs n. 149/2022, emanato in forza della delega conferita al governo con 26 novembre 2021, n. 206, ha abrogato le norme relative ai procedimenti di separazione e divorzio, nonché quelle relative ad altri procedimenti in materia di persone e famiglia, e ha introdotto nel codice di procedura civile un unico procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie (disciplinato dagli articoli da 473-bis a 473-bis.71 e 473-ter c.p.c., collocati nel Titolo IV-bis. del Libro II del codice di procedura civile).
Le nuove norme processuali, proprio perché processuali, non derogano i principi sostanziali affermati dalla giurisprudenza avanti menzionata, principi che trovano fondamento nelle norme in materia di trascrizione (articoli 2657 e 2669 cc dal primo richiamato) che non sono state modificate dalla riforma del processo civile.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale