Corte Ue: Iva sull’importazione versus obbligazione doganale

Corte Ue: Iva sull’importazione versus obbligazione doganale

Con la sentenza della Corte dell’Unione europea depositata oggi, 18 gennaio 2024, causa C 791/2022, i giudici unionali si soffermano sulla determinazione del luogo in cui sorge l’Iva all’importazione, rilevando, in attuazione del principio di territorialità fiscale in materia di Iva, la differenza tra l’obbligazione sorta a titolo di Iva dovuta all’importazione e quella derivante dalla violazione che fa sorgere la pretesa doganale.

La fattispecie e la questione pregiudiziale 
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 30 e 60 della direttiva 2006/112/Ce sull’Iva e è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone un contribuente all’Amministrazione finanziaria tedesca in relazione all’assoggettamento ad Iva dell’importazione irregolare di sigarette nell’Unione europea.
Tale contribuente ha acquistato in un mercato situato in Polonia diverse sigarette sulla cui confezione erano apposti unicamente contrassegni fiscali ucraini e bielorussi. Senza informarne le autorità doganali, ha trasportato le sigarette in una regione tedesca, dove le ha consegnate ad un acquirente tedesco.
Dato che il contribuente è stato arrestato, le sigarette sono state sequestrate e successivamente distrutte.
La controversia sorta è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue la seguente questione, con cui si chiede di conoscere se l’articolo 30, primo comma, l’articolo 60 e l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale l’articolo 215, paragrafo 4, del codice doganale si applica per analogia all’Iva all’importazione per quanto riguarda la determinazione del luogo in cui sorge tale Iva all’importazione.

Le valutazioni della Corte Ue
Con riferimento all’importazione di beni, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/112 dispone che essa costituisce un’operazione soggetta all’Iva.
L’articolo 30, primo comma, di tale direttiva definisce l’importazione di beni come l’introduzione nell’Unione di un bene che non è in libera pratica ai sensi dell’articolo 29 del Tfue.
L’articolo 60 della direttiva prevede che l’importazione è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nell’Unione.
Ai sensi dell’articolo 70 della direttiva, il fatto generatore dell’Iva si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione di beni.
Tuttavia, in conformità dell’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva, quando i beni importati sono assoggettati, in particolare, a dazi doganali, il fatto generatore si verifica e l’Iva diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei dazi o prelievi.
A tal proposito, la Corte ha già chiarito che l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112 autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore e l’esigibilità dell’Iva all’importazione a quelli dei dazi doganali.
Tale collegamento trova giustificazione nel fatto che l’Iva all’importazione e i dazi doganali presentano caratteristiche essenziali comparabili traendo origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione delle merci nel circuito economico degli Stati membri.
Al fine di determinare il collegamento tra la normativa doganale e quella relativa all’Iva, previsto all’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112, in particolare, al fine di stabilire se esso riguardi anche il luogo di importazione dei beni soggetti all’Iva all’importazione, occorre esaminare la portata del rinvio operato da tale disposizione alla normativa doganale.
A tal proposito, da un lato la formulazione dell’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva  fa riferimento solo al momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dell’Iva. Tale disposizione non prevede alcun rinvio alla normativa doganale per quanto riguarda il luogo dell’importazione.
Secondo un’interpretazione letterale, il rinvio alla normativa doganale riguarda quindi soltanto la determinazione del momento del fatto generatore e dell’esigibilità dell’Iva, e non la determinazione del luogo di importazione.
Dall’altro lato, in relazione al contesto in cui si inserisce l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva, tale disposizione fa parte del titolo VI della direttiva, che riguarda il “fatto generatore e l’esigibilità dell’imposta”.
Per contro, l’articolo 60 della direttiva figura nel titolo V della medesima direttiva, il quale è specificamente dedicato al “luogo delle operazioni imponibili” e, più specificamente, nel capo 4 di tale titolo, intitolato “Luogo delle importazioni di beni”.
Dall’insieme di tali elementi risulta che l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non stabilisce un collegamento generico tra la direttiva e il codice doganale e, in particolare, non determina il luogo di importazione dei beni ai fini del loro assoggettamento all’Iva.
Tale interpretazione è avvalorata dalla giurisprudenza della Corte Ue.
È vero che quest’ultima ha considerato che, tenuto conto del parallelismo tra l’Iva all’importazione e i dazi doganali, confermato dall’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva, un’obbligazione a titolo di Iva può aggiungersi all’obbligazione doganale qualora il comportamento illecito che ha generato quest’ultima permetta di presumere che le merci in questione sono entrate nel circuito economico dell’Unione e hanno potuto essere oggetto di consumo, determinando così il realizzarsi del fatto generatore dell’Iva.
Tuttavia, tale presunzione può essere rovesciata se viene dimostrato che, nonostante le violazioni della normativa doganale, che determinano la nascita di un’obbligazione doganale all’importazione nello Stato membro in cui tali violazioni sono state commesse, un bene è stato introdotto nel circuito economico dell’Unione nel territorio di un altro Stato membro, nel quale tale bene era destinato al consumo. In questo caso, il fatto generatore dell’Iva all’importazione si verifica in tale altro Stato membro.
La Corte inoltre sottolinea la rilevanza del principio di territorialità fiscale applicabile all’Iva.
Infatti, diversamente dai dazi doganali, che spettano all’Unione qualunque sia lo Stato membro che li riscuote, gli introiti connessi all’Iva all’importazione appartengono, nel rispetto di tale principio, allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale.
Nella fattispecie in esame, le sigarette sono entrate nel circuito economico dell’Unione in Polonia ed erano destinate al consumo in tale Stato membro, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare, tenuto conto in particolare della quantità di merci importate illegalmente nell’Unione e del modo in cui sono state acquistate e successivamente trasferite.
Si dovrebbe quindi ritenere che il luogo in cui è sorta l’Iva all’importazione su tali sigarette sia la Polonia.
La determinazione del luogo dell’importazione di un bene mediante l’applicazione, non già delle disposizioni della direttiva 2006/112, bensì, per analogia, dell’articolo 215, paragrafo 4, del codice doganale implicherebbe che, in un caso del genere, gli introiti connessi all’Iva all’importazione spetterebbero allo Stato membro in cui è avvenuta la constatazione del sorgere dell’obbligazione doganale in forza della finzione giuridica stabilita da tale disposizione, vale a dire la Germania.
Ciò sarebbe tuttavia contrario alla portata del principio di territorialità fiscale in materia di Iva.
A tale riguardo, la Corte Ue sottolinea che, se il giudice del rinvio constatasse che le sigarette erano destinate al consumo in Polonia, l’autorità tedesca competente sarebbe tenuta a trasmettere, senza preventiva richiesta, le informazioni relative al sequestro di tali sigarette all’autorità polacca competente, in attuazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 904/2010, al fine di evitare un rischio di perdita di gettito fiscale in tale altro Stato membro.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 30, primo comma, l’articolo 60 e l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale l’articolo 215, paragrafo 4, del codice doganale si applica per analogia all’Iva all’importazione per quanto riguarda la determinazione del luogo in cui sorge l’Iva all’importazione.

Data sentenza
18 gennaio 2024

Numero della causa
C 791/22

Nome delle parti
G.A.
contro
Hauptzollamt Braunschweig,
 



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale