09 Mar Deduzione di costi pluriennali, la verifica parte dall’utilizzo
Con la sentenza n. 223 del 4 gennaio 2024, la Corte di cassazione, in applicazione dei principi già stabiliti dalla sentenza a sezioni unite n. 8500/2021 in materia di rettifica costi con effetti di deducibilità pluriennale, ha chiarito che, in caso di utilizzo di perdite pregresse riportate a nuovo, il termine di decadenza decorre dal periodo d’imposta in cui sono utilizzate.
Le sezioni unite della Corte di cassazione, con la richiamata sentenza del 2021, cassando una pronuncia della Ctr Lombardia e accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle etrate, avevano già chiarito che il mancato accertamento sulla dichiarazione di prima evidenza di un componente pluriennale non preclude il sindacato per un periodo successivo. Più chiaramente, ove oggetto di un accertamento sia un componente di reddito a efficacia pluriennale, con riguardo al fatto generatore, l’esercizio del potere di accertamento è tempestivo se è esercitato nella dichiarazione nella quale è indicato il singolo rateo, a prescindere dal termine per rettificare la dichiarazione nella quale, per la prima volta, sia maturata o messa a bilancio quella voce.
Con la sentenza in esame, la Corte di cassazione, in applicazione dei principi già stabiliti dalle sezioni unite, in materia di rettifica dei costi con effetti di deducibilità pluriennale ha fornito taluni chiarimenti, precisando che, ove siano utilizzate perdite pregresse riportate a nuovo, il termine di decadenza decorre dal periodo d’imposta in cui le stesse sono utilizzate.
In sostanza, la decadenza dalle contestazioni delle componenti di reddito a efficacia pluriennale decorre dalla data di indicazione della componente oggetto di contestazione e non dalla data di prima iscrizione.
La questione muove dall’impugnazione di un avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle Entrate contestava maggiori tributi Ires e Irap, con riferimento all’anno 2007, sul fondamento di una pluralità di rilievi, per un ammontare superiore ai trenta milioni di euro.
A fondamento dell’impugnazione, la società eccepiva innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, tra le varie censure, la violazione del principio di unicità dell’accertamento tributario e della normativa in tema di accertamento con adesione e, per quanto qui di interesse, l’illegittimità della contestazione delle perdite ritenute indeducibili nell’anno 2007, ma in relazione alle quali nulla era stato contestato in relazione all’anno 2006.
La Ctp rigettava integralmente il ricorso.
A seguito dell’appello presentato dalla società, la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’impugnativa e confermava la sentenza di primo grado.
La società ha così presentato ricorso per cassazione avverso la decisione della Ctr.
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente contestava la violazione dell’articolo 10 della legge n. 212/2000 (lo Statuto del contribuente) dell’articolo 172, comma 7, del Dpr n. 917/1986 (Tuir) e degli articoli 3 e 97 della Costituzione, per non avere – la Ctr – rilevato il vizio dell’atto impositivo, emesso sebbene i documenti su cui si fonda fossero stati già esaminati in relazione ad anni precedenti dall’Amministrazione finanziaria, che non aveva formulato rilievi.
Con il secondo motivo di ricorso, sempre attinente al riporto delle perdite contestato, la ricorrente censurava la violazione degli articoli 76, 84 e 172, settimo comma, del Tuir, dell’articolo 43 del Dpr n. 600/1973 e dell’articolo 2, terzo comma, del Dlgs n. 218/1997, per non aver – il giudice di secondo grado – rilevato l’illegittimità del disconoscimento delle perdite della società incorporata, riportate solo in anni successivi dalla società incorporante, ma già esposte nella dichiarazione dei redditi dell’anno precedente (2006) e non contestate dall’Agenzia delle entrate, anno in cui le contestazione sono state tutte definite mediante accertamento con adesione ed essendo maturati i termini di decadenza per l’espletamento di un accertamento in relazione a quell’anno.
La Corte di cassazione tratta congiuntamente i due motivi, poiché presentano elementi di connessione.
Richiama testualmente le difese della contribuente ricorrente, secondo cui l’Amministrazione finanziaria ha importato la “violazione delle norme in tema di buona fede e affidamento, in una con quelle che, più in generale, governano il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa”.
Secondo la ricorrente “l’Agenzia avrebbe dovuto necessariamente procedere alla rettifica della dichiarazione del periodo d’imposta 2006, in cui tali perdite erano state trasferite e dichiarate dalla incorporante, non potendosi limitare a rettificare la dichiarazione in cui le perdite erano state soltanto riportate. Sosteneva che “per effetto dell’accertamento con adesione perfezionato per il 2006 si era determinata, non solo la cristallizzazione dell’entità della perdita riportabile dal 2006 al 2007, ma anche e soprattutto la sua qualificazione come perdita utilizzabile in diminuzione del reddito della incorporante”.
Richiamate le censure mosse dalla contribuente, la Corte, condivide le conclusioni della Ctr secondo cui “ai fini della configurabilità di una situazione di legittimo affidamento del contribuente è necessario un comportamento espresso dell’amministrazione in ordine all’esistenza di un diritto proveniente dall’organo competente dell’amministrazione … le circostanze addotte dal contribuente”, relative alla mancata contestazione di irregolarità nei previ controlli effettuati anche in relazione a precedenti anni d’imposta “risultano ontologicamente inidonee a fondare una situazione di legittimo affidamento”. Ciò per l’assorbente considerazione che l’articolo 10 della legge n. 212/2000 “fa riferimento a comportamenti posti in essere dal contribuente in conformità ad indicazioni provenienti dall’Amministrazione o in conseguenza di errori da essa commessi e, pertanto, a situazioni nelle quali la condotta è condizionata da preesistenti indicazioni provenienti dall’Amministrazione finanziaria medesima”. Di contro, i fatti in argomento si riferiscono a esiti di controlli effettuati dall’Amministrazione, con riguardo a comportamenti già attuati dal contribuente
Sottolinea, inoltre, che il recupero a tassazione non riguarda l’entità della perdita, ma la misura entro cui è ammessa la sua deduzione dalla base imponibile, dichiarata dalla contribuente per l’anno d’imposta 2007.
Ribadisce, infine, l’autonomia dei periodi di imposizione tributaria e che la non contestazione, da parte dell’Amministrazione, in un anno precedente, di una violazione fiscale, il cui prorogarsi degli effetti ha indotto l’Agenzia delle entrate a effettuare la contestazione in un anno successivo, non importa alcuna lesione del diritto di difesa, né del legittimo affidamento del contribuente.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale