09 Mar Legittimo l’avviso “anticipato” se evita condotte elusive
Con l’ordinanza n. 210 del 4 gennaio 2024 la Cassazione conferma la legittimità di un avviso di accertamento emanato prima del decorso del termine dilatorio di sessanta giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, ritenendo che la particolare e motivata urgenza richiesta dalla legge possa essere rappresentata, sulla base degli elementi contenuti nel predetto verbale, dalla necessità di evitare ulteriori violazioni fiscali.
La vicenda processuale
A seguito di una verifica fiscale della Guardia di Finanza, una società riceveva la notifica di un avviso di accertamento attraverso il quale l’Ufficio recuperava induttivamente maggiori ricavi e costi ritenuti indeducibili.
In entrambi i gradi di merito i motivi di impugnazione sollevati dalla società venivano rigettati.
In primo grado i giudici avevano osservato che l’atto impositivo era correttamente motivato in quanto, attraverso la verifica incrociata tra la documentazione rinvenuta e le dichiarazioni rese dai clienti della società, scelti a campione, era emersa un’ipotesi di sotto fatturazione, atteso che all’importo indicato nelle ricevute e pagato con assegni, si aggiungeva una differenza corrisposta in contanti (inoltre erano state rinvenute fatture con importo precompilato prive dell’indicazione del destinatario e della data).
Il giudice d’appello, a sua volta, a fronte degli elementi raccolti in fase istruttoria dalla Guardia di Finanza che, pur di natura indiziaria, erano precisi e concordanti (e, comunque, tali da giustificare l’accertamento svolto) aveva confermato la sentenza di primo grado ritenendo fosse stata raggiunta sia la prova dei maggiori ricavi accertati che la ricorrenza delle gravi ragioni d’urgenza per l’emissione anticipata dell’atto impositivo.
Avverso tale pronuncia la società presentava ricorso in Cassazione insistendo, tra l’altro, per l’illegittimità dell’accertamento in ragione della sua notifica anticipata e chiedendo, in particolare, la riforma della pronuncia di secondo grado per violazione del:
- principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (articolo 112 cpc), avendo la Commissione tributaria regionale statuito la legittimità dell’atto, nonostante l’inosservanza del termine di cui all’articolo12, comma 7, della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), sulla base di un motivo diverso da quello indicato nel corso del giudizio dall’Ufficio, il quale aveva dedotto, quale ragione d’urgenza, la scadenza prossima del termine di decadenza
- l’articolo 12, comma 7, dello Statuto sostenendo l’erroneità di quanto statuito dai giudici regionali ovvero che le contestazioni mosse per accertare il maggior imponibile costituissero le stesse ragioni d’urgenza giustificatrici del mancato rispetto del termine di sessanta giorni. La società contestava, in particolare, che le ragioni d’urgenza richieste dalla norma potessero consistere nei medesimi fatti che giustificano i recuperi di imposta.
La pronuncia della Suprema corte
I giudici di legittimità, in primo luogo chiariscono come il legislatore, al comma 7 dell’articolo 12 della legge n. 212/2000, abbia richiesto, nell’ambito delle garanzie stabilite a favore del contribuente sottoposto a verifica fiscale, che l’avviso di accertamento possa essere emesso prima dello spirare del termine dilatorio esclusivamente per “specifiche ragioni di urgenza”.
Tale condizione era posta a tutela dal pericolo di compromissione del credito erariale, secondo un giudizio prognostico basato su elementi o fatti emergenti in epoca anteriore alla notificazione dell’avviso di accertamento e la cui sussistenza deve essere dimostrata dall’amministrazione finanziaria e vagliata dall’organo giudicante (Cassazione, sentenza n. 29987/2022).
Precisa, inoltre, la Suprema corte che la “particolare e motivata urgenza” non possa in alcun modo essere individuata nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa, dovendo riscontrarsi piuttosto in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità (Cassazione, sentenza n. 11110/2022).
Alla luce di tali considerazioni la Cassazione, nel caso di specie, esclude sia la violazione dell’articolo 112 cpc (principio del chiesto/pronunciato) sia che la ragione d’urgenza fosse stata ravvisata dai giudici regionali, come ritiene invece la società, nei medesimi fatti accertati su cui si fondava la contestazione.
Viene chiarito infatti che la Commissione tributaria regionale ha accertato la ricorrenza dei motivi d’urgenza per la notifica dell’accertamento ante tempus, sulla base di un preciso riferimento a elementi desunti dal verbale della Guardia di Finanza (cui rinviava l’atto impositivo) riferiti a ulteriori vicende di soggetti terzi («i parenti dei defunti»), riconoscendo che la tempestiva iniziativa dell’Ufficio tendeva a evitare ulteriori violazioni fiscali.
I giudici di secondo grado avevano ritenuto, in particolare, che l’Ufficio, ricevuto il processo verbale di constatazione, fosse tenuto a procedere «senza indugio» (ovvero senza attendere lo spirare dei sessanta giorni) alla notifica dell’avviso di accertamento per «evitare iniziative che potessero eluderne il contenuto, tenuto conto che le somme fatturate coincidevano con i benefici fiscali che i parenti dei defunti conseguivano e che avrebbero potuto indurre costoro – ai fini di mantenere il vantaggio fiscale – di elidere gli accertamenti così come ipotizzato dalla G.d.F.».
Per completezza si segnala che la discussione sulla legittimità degli accertamenti “anticipati”, rispetto alla quale in molte occasioni (come quella in esame) si è giunti sino al giudice di legittimità per far luce sul significato da attribuire in concreto all’espressione “particolare e motivata urgenza”, è destinata, anche se non a breve, ad esaurirsi atteso che il citato comma 7 dell’articolo 12 è stato abrogato dall’articolo 1, comma 1, lettera o) del Dlgs n. 219/2023.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale