05 Apr Valida la cartella via Pec senza e-firma e relata di notifica
La copia informatica della cartella di pagamento, originariamente cartacea, è validamente notificata tramite Pec senza necessità che alla stessa venga apposta la firma digitale. L’esistenza giuridica dell’atto non dipende, infatti, dall’apposizione di una sottoscrizione, ma dal fatto che esso sia, inequivocabilmente, riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, nonché dalla conformità dello stesso al modello approvato con decreto ministeriale (articolo 25 del Dpr n. 602/1973).
È quanto ha stabilito, confermando la decisione dei giudici tributari di primo grado, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, con la sentenza n. 113 del 23 gennaio 2024.
Con la stessa pronuncia, i magistrati toscani hanno, altresì, chiarito che non è causa di inesistenza della notifica della cartella di pagamento, la notificazione a mezzo Pec senza relata di notifica o con relata in bianco.
Il caso e il ricorso in primo grado
L’agenzia delle entrate notificava via Pec, a una società a responsabilità limitata, una cartella di pagamento relativa a Iva e Irap non versate per diverse annualità.
La contribuente destinataria dell’atto impositivo lo impugnava dinanzi alla competente Corte di giustizia tributaria di primo grado che, però, reputando corretto l’operato dell’ufficio, respingeva il ricorso.
La società decideva, quindi, di proporre appello avverso la decisione, reiterando le proprie doglianze dinanzi la Cgt di secondo grado della Toscana.
In merito, la società fondava il suo appello su quattro distinti motivi di censura e, nello specifico:
- con il primo motivo, ha chiesto ai giudici di dichiarare l’inesistenza della cartella di pagamento, in quanto priva di sottoscrizione con firma digitale
- con il secondo, ha rilevato l’inesistenza della notifica, in quanto la cartella sarebbe stata notificata a mezzo Pec con relata di notifica in bianco
- con il terzo motivo d’impugnazione ha denunciato l’inesistenza della notifica dell’atto impugnato, per carenza di sottoscrizione della relata di notifica
- con il quarto motivo di appello, infine, ha censurato l’omessa motivazione della cartella di pagamento.
La decisione dei giudici tributari di secondo grado
Chiamati a pronunciarsi definitivamente nel merito, i magistrati toscani hanno respinto l’appello della società contribuente, reputandolo infondato e confermando il buon operato dell’Amministrazione finanziaria, così come la correttezza della sentenza di primo grado.
Con riferimento al primo motivo di appello, ovvero all’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento inviata via Pec, la Corte di giustizia di secondo grado ha chiarito che la cartella così notificata non deve essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative specifiche. La stessa, infatti, non deve essere necessariamente sottoscritta da parte del funzionario competente, dato che l’esistenza giuridica dell’atto non dipende tanto dall’apposizione di una sottoscrizione leggibile o di un sigillo o di un timbro, quanto piuttosto dal fatto che l’atto sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo e che sia rispondente al modello approvato con decreto ministeriale (articolo 25 del Dpr n. 602/1973), che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice.
In proposito, i giudici fiorentini hanno ricordato come la Cassazione sia ferma nel ritenere corretta la notificazione via Pec di una cartella di pagamento non sottoscritta digitalmente. In particolare, con la recente sentenza n. 28852/2023 i magistrati romani di legittimità hanno affermato, che la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio Pec un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (l’”atto nativo digitale”), sia mediante una copia informatica su file in formato Pdf, con l’ulteriore precisazione che “nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale”.
Proseguendo, con riferimento alla seconda doglianza secondo la quale, a giudizio della società, vi sarebbe un’inesistenza della notifica della cartella di pagamento, in quanto la stessa sarebbe stata notificata, a mezzo Pec, con relata di notifica in bianco, i magistrati d’appello hanno sottolineato come l’articolo 26, secondo comma, del Dpr n. 602/1973, stabilisce che la notifica della cartella può essere eseguita, a mezzo Pec, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata Uni-Pec, precisando che, in tal caso, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del Dpr n. 600/1973.
Ebbene, le norme richiamate non prevedono la compilazione di una relata di notifica da parte dell’esecutore, proprio in ragione della specificità di questa modalità di notifica, che non richiede la presenza di un ufficiale notificatore. Inoltre, i giudici toscani hanno rammentato che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale (considerato, per di più, che l’articolo 60 del Dpr n. 600/1973 in materia di notificazione dell’avviso di accertamento, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile) con la conseguenza che, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, deve trovare applicazione l’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo (articolo 156 del codice di procedura civile). Anche il secondo motivo di appello è stato, dunque, ritenuto destituito di ogni fondamento.
Analoga sorte è da riconoscersi, poi, al terzo motivo di appello, in base al quale, a parere della società, vi sarebbe un’inesistenza della notifica dell’atto impugnato per carenza di sottoscrizione della relata di notifica. In merito, la Corte tributaria di secondo grado ha richiamato le motivazioni, poc’anzi esaminate, che hanno portato al respingimento del secondo motivo di appello aggiungendo, inoltre, come sia notorio che, per la notificazione a mezzo Pec, la prova di avvenuta notifica è data con il deposito delle ricevute di accettazione e consegna (file con estensione .eml), quest’ultima contenente l’atto allegato in formato digitale nativo. Tali ricevute, hanno rimarcato i giudici, equivalgono in tutto e per tutto all’avviso di ricevimento della raccomandata cartacea e, del resto, il valore legale della Pec poggia proprio sul valore di prova certa di ricezione del messaggio costituita dalle ridette ricevute elettroniche.
Venendo, infine, all’ultimo motivo di appello, con il quale viene censurata l’omessa motivazione della cartella di pagamento, i magistrati toscani hanno ricordato come, per la cartella emessa a fronte di autoliquidazione effettuata in base alle dichiarazioni fiscali rese dal contribuente (come nel caso in questione), l’obbligo di motivazione sia pienamente assolto mediante il richiamo a tali dichiarazioni.
Sul punto era intervenuta, tra l’altro, la Corte di cassazione, che in una sentenza emessa a sezioni unite (la n. 22281/2022), ha statuito che la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e degli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata, attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente (articolo 7 della legge n. 212/2000 e articolo 3 della legge n. 241/1990.
Dunque, i giudici di secondo grado hanno ritenuto più che corretta la decisione dei giudici di prime cure, laddove affermavano che “poiché nel caso di specie la cartella di pagamento si è semplicemente basata sulle dichiarazioni della società contribuente, limitandosi a liquidare l’imposta sui dati forniti dalla stessa società, senza avanzare pretese ulteriori, l’obbligo di motivazione della cartella ben poteva essere assolto mediante il mero richiamo alle dichiarazioni“.
Per tutto quanto visto, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, definitivamente pronunciandosi nel merito, ha respinto l’appello della società contribuente, confermando la decisione di primo grado favorevole all’Amministrazione fiscale.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale