16 Mag L’imposta pagata dalla cartiera non abilita la detraibilità dell’Iva
In tema di frodi carosello, l’adempimento dell’obbligazione tributaria, che abbia determinato l’estinzione del reato e l’archiviazione del procedimento penale, per la società che ha pagato non produce l’ulteriore vantaggio in favore dell’utilizzatore in termini di detraibilità dell’Iva e di diritto al dissequestro dei beni sequestrati.
È quanto ha stabilito la terza sezione penale della Corte suprema, con l’ordinanza n. 9333 del 5 marzo 2024, respingendo un ricorso proposto da una società.
Il fatto e la vicenda processuale
Con ordinanza del maggio 2023 il Tribunale di Roma rigettava l’appello proposto dal legale rappresentante di una società avverso la decisione del febbraio 2023 del Gip del Tribunale di Velletri, che aveva respinto l’istanza di dissequestro di ingenti somme di denaro, già oggetto di sequestro preventivo nell’ambito di un procedimento per violazione dell’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000.
La norma ora richiamata, rubricata dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, punisce, con la reclusione da quattro a otto anni, chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indichi, in una delle dichiarazioni relative a dette imposte, elementi passivi fittizi. In particolare, la disposizione precisa che il fatto si considera commesso tramite fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
Avverso tale decisione del Tribunale di Roma, la società propone ricorso di ultima istanza dinanzi la Corte di cassazione, eccependo la violazione di legge in quanto, a suo giudizio, il giudice penale non aveva correttamente considerato che la cartiera aveva regolarmente versato l’Iva, le sanzioni e gli interessi, ottenendo così l’archiviazione del procedimento penale a suo carico per estinzione del reato, per cui, in virtù del principio di neutralità, la ricorrente, che aveva eterodiretto la cartiera e si era avvantaggiata delle fatture dalla stessa emesse per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti relative alla intermediazione illegale di manodopera, aveva diritto alla corrispondente detrazione Iva con conseguente dissequestro delle somme oggetto di sequestro preventivo.
Al riguardo, la società contribuente richiama in suo favore alcune pronunce della Corte di cassazione, civile e penale, nonché della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare, la sentenza Cgue, sezione I, 8 maggio 2019, EnSa, C-712/17, che ha asserito come il diritto nazionale, in ossequio al principio di neutralità dell’Iva, debba prevedere la possibilità di rettifica dell’Iva qualora, in mala fede, l’emittente della fattura relativa a un’operazione inesistente abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdite di gettito fiscale per lo Stato.
La decisione della Cassazione
Chiamati a pronunciarsi definitivamente sulla questione, i giudici di legittimità hanno dato torto alla contribuente, respingendo il ricorso proposto.
Al riguardo, i magistrati di piazza Cavour hanno innanzitutto sottolineato come la ricostruzione offerta dalla società della richiamata sentenza sovranazionale EnSA, C-712/17 non abbia colto un aspetto essenziale, ovvero quello per cui la citata neutralizzazione del pericolo di perdita del gettito fiscale opera al di fuori della frode fiscale, mentre, nel caso in esame, non è contestata, neanche dalla stessa società la sussistenza degli elementi fattuali integranti il reato previsto dall’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000.
La giurisprudenza euro-unitaria, hanno infatti rimarcato giudici, ha costantemente interpretato con estremo rigore le norme della direttiva Iva n. 112/2006 ribadendo, in più occasioni, l’indetraibilità dell’Iva in presenza di operazioni inesistenti, in virtù dell’articolo 168 proprio della direttiva 2006/112/CE, a mente del quale il soggetto passivo ha diritto a detrarre l’Iva di cui sono gravati i beni e servizi impiegati ai fini di proprie operazioni soggette a imposta.
E la stessa sentenza EnSa richiamata, ha tenuto a puntualizzare la Corte di cassazione, ha chiarito che il diritto alla detrazione presuppone che le spese effettuate per l’acquisto di beni e servizi a monte facciano parte degli elementi costituivi del prezzo delle operazioni tassate a valle precisando, più in generale, che “quando un’operazione di acquisto di un bene o di un servizio è inesistente, essa non può avere alcun collegamento con le operazioni del soggetto passivo tassato a valle, con la conseguenza che il diritto alla detrazione non può nascere”.
Più di recente, la Corte di giustizia UE, sollecitata dal Tribunale tedesco di Munster, ha ribadito le conclusioni ora riportate nella sentenza del 7 settembre 2023, nella causa C-453/22.
Passando, invece, ad analizzare la normativa nazionale, i giudici romani hanno affermato come l’indetraibilità dell’Iva in presenza di operazioni inesistenti emerga con nettezza dalla lettura combinata del disposto degli articoli 17, 19 e 21 del Dpr n. 633/1972, che disciplinano, rispettivamente, il debitore di imposta, la detrazione e la fatturazione delle operazioni soggette a Iva.
La detrazione è un elemento determinante dell’intero meccanismo dell’imposta sul valore aggiunto per mezzo della quale il soggetto passivo può recuperare il tributo dallo stesso assolto o da lui dovuto oppure ancora che gli è stato addebitato a titolo di rivalsa in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. Non è però consentito portare in detrazione l’Iva in due casi ben specifici ovvero:
- relativamente alle operazioni non inerenti all’attività svolta, quindi, per gli acquisti di beni o di prestazioni di servizi non collegabili con l’attività svolta dal soggetto passivo
- allorquando il cessionario utilizzi fatture per operazioni inesistenti.
Proprio tale ultimo caso è stato oggetto di approfondimento nella circolare operativa n. 1/2018 della Guardia di finanza, rubricata “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”, ove viene espressamente specificato che l’indetraibilità dell’Iva non è ammessa quando la fattura è falsa sia sotto il profilo oggettivo sia sotto quello soggettivo, indipendentemente, per la parte che qui più interessa, dal fatto che il tributo sia stato comunque assolto dall’emittente.
Dunque, hanno concluso i magistrati della Corte di cassazione, l’adempimento dell’obbligazione tributaria ha comportato il vantaggio diretto e immediato dell’estinzione del reato e dell’archiviazione del procedimento penale per la società cartiera che ha pagato, ma non ha giustamente prodotto l’ulteriore vantaggio in favore dell’utilizzatrice in termini di detraibilità e, quindi, di diritto al dissequestro delle somme di denaro sequestrate.
Non vi è dunque alcun margine per derogare alla regola della indetraibilità dell’Iva in conseguenza della frode fiscale.
Inoltre, la terza sezione penale della Suprema corte ha, altresì, chiarito come la mancata possibilità di detrazione dell’Iva anche in caso di estinzione del procedimento penale non leda il principio di proporzionalità considerato che esistono diversi altri casi nell’ordinamento tributario in cui è negato al contribuente il beneficio della detrazione totale o parziale dell’Iva, ma soprattutto considerato che la scelta del legislatore di non consentire la detrazione ai soggetti che utilizzano le fatture recanti operazioni inesistenti è coerente con il meccanismo di funzionamento dell’imposta e con l’esigenza di predisporre delle misure antielusive.
In ultimo, nell’applicazione di tale principio non si rinviene neanche una duplicazione di sanzioni, perché la cartiera emittente, che ha pagato, ha salvaguardato il suo patrimonio, mentre la capogruppo utilizzatrice semplicemente non gode di un beneficio fiscale, mancandone i relativi presupposti.
Per tutto quanto ora visto, la Corte di cassazione, definitivamente pronunciandosi sulla questione e respingendo il ricorso della società contribuente, ha statuito, in tema di frodi carosello e fatture inesistenti, che l’adempimento dell’obbligazione tributaria che abbia determinato l’estinzione del reato e l’archiviazione del procedimento penale per la società che ha pagato non produce l’ulteriore vantaggio, in favore dell’utilizzatore, della detraibilità dell’Iva e del diritto al dissequestro dei beni sequestrati.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale