Paga l’imposta il terzo che vuole la registrazione dell’atto

Paga l’imposta il terzo che vuole la registrazione dell’atto

Il soggetto che, pur non essendovi obbligato, chiede la registrazione di un atto, è tenuto a pagare non solo l’imposta di registro dovuta al momento della registrazione, ma anche l’imposta eventualmente richiesta, in seguito, dall’ufficio.

Questo principio è stato espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 13807 del 17 maggio 2024.

Alla base della vicenda processuale c’è un contratto di leasing sottoscritto nel 2005, mediante il quale la società concedente aveva attribuito, in locazione finanziaria, il godimento di un immobile strumentale nei confronti di un’altra società.

Successivamente, il 19 giugno 2014, la società utilizzatrice ha stipulato una scrittura privata non autenticata, mediante la quale ha ceduto il contratto di leasing a una terza società che, quindi, è subentrata nella posizione di utilizzatore del bene immobile.

Nell’atto di cessione, oltre alle parti sostanziali dell’operazione (cedente e cessionaria) è intervenuta anche la società proprietaria dell’immobile, al solo fine di prestare il proprio consenso al trasferimento del contratto.

Dopo la stipula, in considerazione del fatto che le parti sostanziali dell’operazione, ovvero le società tra le quali era intervenuta la cessione del contratto di leasing, non avevano proceduto alla registrazione del contratto stesso, la società proprietaria del bene immobile si è attivata al fine di chiedere la registrazione dell’atto in esame.

In sede di registrazione la stessa società ha versato l’imposta di registro, nella misura fissa di 200 euro, considerato che il corrispettivo pattuito per la cessione era soggetto a Iva e, pertanto, in applicazione del principio di alternatività tra l’Iva e l’imposta di registro (articolo 40, Tur), quest’ultima si rendeva dovuta solo in misura fissa.

Successivamente, a seguito di un controllo della tassazione, l’ufficio ha emesso un avviso di liquidazione al fine di recuperare l’imposta proporzionale di registro di cui all’articolo 8-bis della tariffa allegata al Tur.

Questa disposizione, entrata in vigore il 1° gennaio 2014, prevede l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 4% in relazione agli atti relativi “….alle cessioni, da parte degli utilizzatori, di contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto immobili strumentali, anche da costruire ed ancorché assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

La nota riportata in calce a tale disposizione prevede che “…l’imposta si applica sul corrispettivo pattuito per la cessione aumentato della quota capitale compresa nei canoni ancora da pagare oltre al prezzo di riscatto”.

Sulla base di ciò l’ufficio ha emesso un avviso di liquidazione per l’ingente importo di oltre 87mila euro. L’avviso è stato notificato anche nei confronti della società che, pur non essendo obbligata, aveva richiesto la registrazione dell’atto.

In seguito della notifica, la società ha presentato ricorso in Commissione tributaria, ritenendo che non fosse tenuta al pagamento dell’imposta, in quanto la società stessa non era parte sostanziale dell’atto oggetto di registrazione, ma soltanto parte formale e che nei suoi confronti non era ravvisabile alcun indice di capacità contributiva rispetto all’operazione documentata nell’atto oggetto di registrazione.

La tesi della società ricorrente è stata condivisa sia dalla Ctp di Udine (decisione n. 212/01/2017) che dalla Ctr del Friuli Venezia Giulia (decisione n. 55/01/2021).

In particolare, i giudici regionali hanno affermato che “….la società appellata si è limitata ad esprimere “semplicemente” il consenso all’operazione “sostanziale” di cessione del contratto di leasing immobiliare intercorso tra soggetti diversi.”

A seguito del ricorso in Cassazione presentato dall’Agenzia delle entrate, i giudici della Corte suprema hanno affermato che la vicenda in esame doveva essere risolta tenendo contro, principalmente, degli articoli 8 e 57 del Tur.

In particolare, quest’ultima norma, in relazione alle varie tipologie di atti, individua i soggetti tenuti al pagamento dell’imposta di registro. Con riferimento alle scritture private non autenticate, tale disposizione contempla la responsabilità delle “parti contraenti”.

L’articolo 8, invece, stabilisce che “Chiunque vi abbia interesse può richiedere in qualsiasi momento, pagando la relativa imposta, la registrazione di un atto”.

I giudici hanno evidenziato che quest’ultima norma produce gli effetti “…di estendere la platea dei soggetti che possono chiedere la registrazione di un atto” e di “…estendere, logicamente al registrante volontario l’obbligo di pagare l’imposta (in aggiunta ai soggetti indicati nell’art. 57 del D.p.r. 131 del 1986)”.

In pratica, secondo quanto riportato in motivazione, alla possibilità di registrare volontariamente un atto si accompagna l’obbligo di versare la relativa imposta.

Sulla base di queste argomentazioni è stato, quindi, espresso il seguente principio di diritto: “Ai sensi degli art.8, 10 e 57 del d.P.R. 131 del 1986 colui che richiede volontariamente la registrazione di un atto è tenuto anche al pagamento della relativa imposta (o fissa o proporzionale) anche se non risulta parte sostanziale del rapporto, in quanto alla facoltà di registrazione per chiunque consegue, quale contropartita, l’obbligo del pagamento”.

Alla luce di ciò è stato, quindi, accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale