
11 Giu Registro proporzionale alle sentenze di opposizione a decreti ingiuntivi
Le sentenze civili emesse a seguito di opposizione a un decreto ingiuntivo sono soggette all’imposta di registro con l’aliquota dell’1%, anche se il decreto ingiuntivo originario riguardava prestazioni soggette a Iva. Questo importante principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con due ordinanze di analogo contenuto (la n. 11846 e la n. 11848), entrambe depositate il 6 maggio 2025.
I casi esaminati dalla suprema Corte sono stati originati da due decreti ingiuntivi emessi a favore di alcune farmacie creditrici nei confronti di un’azienda sanitaria.
In sede di registrazione della sentenza, con la quale il Tribunale si è espresso in merito all’opposizione ai decreti ingiuntivi, l’ufficio ha applicato l’imposta di registro con l’aliquota dell’1% prevista dall’articolo 8, lettera c) della tariffa, parte prima, allegata al testo unico sull’imposta di registro, Dpr n. 131/1986.
Questa disposizione è applicabile agli atti dell’autorità giudiziaria aventi a oggetto l’accertamento di diritti a contenuto patrimoniale.
L’azienda sanitaria, destinataria dell’avviso di liquidazione, ha contestato l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale, soprattutto per due motivi:
- in primo luogo, l’ente ha evidenziato che nel corso del giudizio aveva provveduto a versare le somme contestate, a favore della farmacia. Di conseguenza, la sentenza emessa nei suoi confronti non costituiva un provvedimento di condanna
- in secondo luogo, l’ente riteneva che, nel caso, dovesse essere applicato il principio di alternatività tra Iva e Registro, in considerazione del fatto che le somme oggetto della controversia riguardavano prestazioni soggette a Iva.
I giudici tributari di primo grado hanno accolto le osservazioni di parte, ritenendo fondata l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa.
In sede di appello, invece, la Ctr della Sicilia, con decisione n. 1082 del 12 marzo 2018, ha condiviso l’operato dell’ufficio.
I giudici della Corte di cassazione hanno rimarcato che, nella maggior parte dei casi analoghi a quello in esame, il pagamento del debito effettuato in corso di causa, determina la revoca espressa del decreto ingiuntivo precedentemente emesso, con conseguente cessazione della materia del contendere.
Nel caso delle pronunce di cui alle ordinanze in commento, invece, la sentenza con la quale era stato definito il giudizio, non aveva disposto espressamente la revoca dei decreti ingiuntivi.
Di conseguenza la statuizione oggetto della sentenza da registrare è stata correttamente interpretata, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, come disposizione avente a oggetto un accertamento del credito.
In merito all’applicazione del principio di alternatività di cui all’articolo 40 del Tur, i giudizi della Cassazione hanno evidenziato che il citato articolo 8 della Tariffa, parte prima, tiene conto di tale principio limitatamente agli atti che recano condanna al pagamento di somme o valori. Solo per questi ultimi, secondo quanto disposto dalla nota II del medesimo articolo 8, è applicabile l’imposta di registro in misura fissa in virtù del principio di alternatività tra quest’ultima imposta e l’Iva.
Secondo i giudici di legittimità, si tratta di una disposizione derogatoria, la cui applicazione non può essere estesa, in via interpretativa, agli atti che accertano diritti a contenuto patrimoniale, né ai pagamenti effettuati spontaneamente nel corso di un giudizio introdotto da decreto ingiuntivo.
In senso conforme i giudici hanno richiamato il proprio orientamento (cfr Cassazione n. 31409/2018) relativo all’applicazione dell’imposta di registro proporzionale per le pronunce che definiscono i giudizi di opposizione allo stato passivo del fallimento.
Anche in tale occasione hanno affermato che l’articolo 8 della citata tariffa contempla il principio di alternatività Iva/registro solo per una specifica categoria di atti, ovvero i provvedimenti di condanna.
Alla luce di ciò, nella motivazione delle due pronunce in esame, la Corte di legittimità ha espresso il principio in base al quale “…gli atti giudiziari di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale sono soggetti ad imposta di registro in misura proporzionale dell’un per cento, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c. della tariffa – parte prima allegata al DPR 26 aprile 1986 – anche nel caso in cui essi riguardino corrispettivi o prestazioni soggette ad IVA, non applicandosi il principio di alternatività di cui all’art. 40 del DPR 26 aprile 1986 n. 131”.
Sono stati, pertanto, respinti i ricorsi dell’azienda sanitaria.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale