Elementi reddituali scoperti dopo? Accertamento integrativo legittimo

Elementi reddituali scoperti dopo? Accertamento integrativo legittimo

L’Agenzia può validamente emettere un avviso di accertamento integrativo, sulla base della sopravvenuta conoscenza di indici di ricchezza imponibile che le erano ignoti al momento dell’avviso originario: la Ctr non è riuscita a dimostrare che l’ufficio fosse venuto a conoscenza dei nuovi elementi anteriormente a al primo avviso (Cassazione, ordinanza n. 29723/2020).

La questione controversa posta al centro del contenzioso portato all’attenzione della suprema Corte riguarda l’emissione di un avviso di accertamento – basato sulla metodologia sintetica – con il quale l’amministrazione finanziaria aveva recuperato a tassazione, ai fini Irpef per l’anno 2005, un maggior reddito desunto dalla detenzione, da parte del contribuente, di una seria di cespiti mobiliari e immobiliari (nel caso concreto, appartamenti, un elicottero e un’autovettura sportiva di grossa cilindrata).
In particolare, il thema decidendum dell’intera vicenda si è incentrato sulla legittimità, da parte dell’ufficio, dell’adozione di un accertamento integrativo il quale evidenziava, come detto, il recupero di maggiore capacità reddituale sulla base di nuovi elementi fattuali, di cui l’amministrazione era venuta a conoscenza.
 
La Ctp di Bergamo rigettava il ricorso del contribuente con sentenza, poi, ribaltata dalla Ctr della Lombardia.
Nello specifico, in accoglimento del gravame di parte, i giudici di secondo grado sostenevano, in via preliminare che:

  1. il presupposto per l’emanazione di un atto impositivo integrativo risiede, a norma dell’articolo 43, quarto comma, Dpr n. 600/1973 nella “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e nella loro puntuale indicazione “a pena di nullità nell’accertamento
  2. nel caso in esame, a seguito di un primo atto, notificato il 20 ottobre 2010, ne veniva emesso un secondo – oggetto della controversia de qua – notificato il 23 dicembre 2010 e basato:
    • sulla sentenza di Cassazione n. 565/2010 del 4 maggio 2010
    • sull’indicazione del comune di Bergamo in base alla quale il soggetto accertato aveva la propria residenza in un immobile ubicato nel medesimo comune
    • su un pvc della Guardia di finanza di Como consegnato alla parte l’11 settembre 2009. 

Dopo aver esaminato tali elementi, di fatto e di diritto, la Ctr aveva ritenuto non sussistente, nel caso concreto, il carattere di novità, di cui al citato articolo 43, dell’atto integrativo ritenendo che gli elementi sopravvenuti fossero da ritenere già conosciuti o quantomeno conoscibili da parte dell’ufficio in un momento antecedente l’emissione del primo avviso di accertamento.
 
L’Agenzia ha impugnato la sentenza di secondo grado sulla base di un unico motivo di ricorso sostanziato nella violazione o falsa applicazione dell’articolo 43, comma quarto (già comma terzo) del Dpr n. 600/1973 in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 3) cpc.
In particolare, l’ufficio censura la pronuncia della Ctr della Lombardia ritenendo che quei giudici abbiano fatto malgoverno del concetto di “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi in relazione alla sentenza di Cassazione n. 565/2010, al rilievo anagrafico del comune di Bergamo nonché al contenuto del pvc della Guardia di finanza di Como.
In definitiva, l’Agenzia sostiene che la Ctr avrebbe omesso un concreto accertamento in merito alla tangibile conoscenza anteriore di detti elementi di fatto e che, pertanto, abbia sostenuto erroneamente che condizione dirimente, per l’emissione di un atto integrativo, sia la semplice “conoscibilità” anziché l’effettiva “conoscenza” di nuovi elementi tali da corroborare il supplemento di accertamento fiscale.
 
La Cassazione, con l’ordinanza n. 29723 del 29 dicembre 2020, ha ritenuto fondato il motivo di ricorso prospettato dall’ufficio.
Nello specifico, i giudici di legittimità hanno rilevato, preliminarmente, che è ius receptum che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’ufficio possa legittimamente emettere un atto di accertamento integrativo “…sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, non della semplice rivalutazione o del maggior approfondimento di dati probatori già interamente noti… (cfr Cassazione, sentenze nn. 27565/2018, 11451/2015, 567/2016 e 8029/2013).
Nello stesso solco giurisprudenziale si innesta la sentenza n.16528/2018, in base alla quale la Corte suprema precisa ulteriormente che la conoscenza di “nuovi elementi” – atta a favorire l’emissione di un accertamento integrativo – non possa essere interpretata, in senso limitativo, quale sopravvenienza di semplici “elementi reddituali”, come il possesso e/o detenzione di cespiti imponibili.
L’ufficio, al fine di poter correttamente ricorrere a un atto accertativo integrativo, deve puntualmente indicare, nel corpo delle motivazioni, la conoscenza successiva di nuovi elementi fattuali, che abbiano un loro valido peso probatorio e che fossero del tutto sconosciuti al momento dell’emissione del primo avviso (principi ribaditi e ampliati, di recente, dalla sentenza n.7293/2020, con la quale il concetto di accertamento integrativo è stato posto a confronto con l’istituto dell’autotutela sostitutiva, al fine di evidenziarne i rispettivi requisiti, le caratteristiche intrinseche e le relative differenze in termini di effetti sull’efficacia di provvedimenti adottati in un momento successivo).
 
Nel caso esaminato, la Cassazione ha ritenuto che la Ctr, con la pronuncia impugnata, abbia difettato nell’applicazione delle regole generali appena descritte e dei principi contenuti nelle sentenze di legittimità richiamate.
In corretta applicazione di quanto più volte sostenuto dai supremi giudici, la Ctr della Lombardia avrebbe potuto dichiarare l’illegittimità dell’atto accertativo integrativo solo in ragione di un preciso iter logico argomentativo il quale, se proporzionatamente motivato, avrebbe dovuto dimostrare che la conoscenza di elementi imponibili (possesso di immobili, di un elicottero e di un’autovettura di lusso) da parte dell’ufficio fosse avvenuta in un momento anteriore all’emissione del primo avviso di accertamento.
 
In conclusione, la Corte di legittimità ha cassato la pronuncia di secondo grado con rinvio ad altra sezione in diversa composizione affinché questa si attenga al seguente principio di diritto: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria può emettere un avviso di accertamento integrativo, ai sensi dell’articolo 43, ultimo comma, del DPR n. 600/1973, sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, ossia sulla base di indici di ricchezza imponibile che erano ignoti all’ufficio al momento dell’emissione dell’avviso originario”.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale