I ristorni delle cooperative agricole sono soggetti a fatturazione

I ristorni delle cooperative agricole sono soggetti a fatturazione

In tema di cooperative agricole, in relazione alle quali sia previsto che il vantaggio mutualistico venga attribuito sotto forma di maggiori compensi per i conferimenti dei prodotti agricoli e ittici, i ristorni ripartiti ai soci conferenti in conformità dell’atto costitutivo soggiacciono a fatturazione o ad auto fatturazione, in quanto, essendo volti a conguagliare i corrispettivi sinallagmaticamente spettanti a detti soci a chiusura d’esercizio per la loro partecipazione all’attività sociale, anche con riferimento ad essi trova applicazione l’articolo 34, comma 7, Dpr n. 633/1972. Questo il principio di diritto enunciato dalla Cassazione nell’ordinanza n. 25495 del 30 agosto 2022.

I fatti
A seguito di una verifica effettuata nei confronti di una cooperativa, esercente attività di trasformazione del latte e di vendita dei prodotti caseari, è emerso che la società, in relazione all’anno d’imposta 2007, ha intrattenuto rapporti economici con i soci, in evasione d’imposta, non avendo regolarizzato gli acquisti soggetti a Iva effettuati senza fattura o con fattura infedele. In particolare, l’ufficio ha irrogato sanzioni per euro 78.550, poiché la società aveva appostato, nel conto “acquisto materie prime”, sotto-conto “ristorni”, l’importo di euro 785.000,00 rispetto al quale, a fine esercizio, erano stati quantificati i ristorni corrisposti ai soci in ragione dei conferimenti da loro effettuati, senza emissione e contabilizzazione né di fattura né di autofattura. 
I giudici di merito hanno ritenuto non dovute le sanzioni non essendovi cessione di beni, né controprestazione dei soci nei confronti della società. In particolare, la Commissione regionale ha osservato che l’amministrazione non aveva dimostrato che «i ristorni dovessero essere qualificati come utili» e che, inoltre, «nel caso di specie, mancava la corrispettività, in quanto il beneficiario non era tenuto ad alcuna prestazione nei confronti del soggetto erogante, tanto più che una parte del suddetto importo di Euro 785.000,00 era stata imputata a capitale sociale».

L’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando violazione di legge e cioè:

  • dell’articolo 112 cpc, poiché la Commissione regionale, laddove l’ufficio ha dedotto che l’atto di irrogazione delle sanzioni era stato emesso per inosservanza dell’obbligo di fatturazione dei ristorni pacificamente effettuati in favore dei soci, sostiene che l’amministrazione non ne ha motivato la natura di utili
  • dell’articolo 34, commi 1 e 7, Dpr n. 633/1972, poiché la sentenza impugnata, nell’affermare che non sussiste obbligo di fatturazione dei ristorni effettuati in favore dei soci quale prezzo per il conferimento di beni utilizzati dalla cooperativa non per difetto del presupposto oggettivo dell’Iva consistente nella cessione di beni, nonostante il legislatore abbia previsto che, dal 1° settembre 1993, il conferimento di prodotti agricoli dai soci alla cooperativa costituisce cessione di beni, da assoggettarsi a fatturazione da parte del socio, o ad autofatturazione da parte della cooperativa, all’atto del conferimento del prezzo, coincidente con la determinazione del ristorno.

La Corte ha  esaminato congiuntamente i motivi per la stretta connessione delle censure e li ha ritenuti fondati, affermando che non poteva accogliersi la tesi della contribuente secondo la quale «il ristorno consisterebbe in una mera ‘cessione di denaro’, come tale non soggetta ad IVA … Detta tesi, infatti, muove dal presupposto non condivisibile che il ristorno non esibisca alcun carattere sinallagmatico, ‘trattandosi di una somma che la cooperativa rileva di aver maturato in eccesso rispetto a quanto necessario per il buon funzionamento dell’impresa in assenza di lucro’. In realtà, così opinando, essa sembra obnubilare che il ristorno consiste bensì in una parte di utile, inteso come avanzo di gestione: una parte che però si distingue dalla restante in quanto deriva dall’attività svolta con i soci, come prevede … art. 2545-sexies c.c., comma 1, laddove, correlando proporzionalmente il ristorno agli “scambi mutualistici”, ne conforma la distribuzione come remunerazione degli stessi». (Cassazione, ordinanza n. 25495/2022).

Osservazioni
I giudici di legittimità hanno posto in evidenza che, nella fattispecie, alla Commissione regionale era stato devoluto il “thema decidendum” dell’assoggettamento dei ristorni a fatturazione o, “in limine”, ad auto fatturazione. Al riguardo il giudice di secondo grado ha fornito una “risposta decentrata”, sulla base della quale la tesi sostenuta dall’amministrazione dell’assoggettamento dei ristorni a fatturazione era da disattendere poiché non era stato evidenziato dall’Ufficio, nell’atto di gravame, alcun elemento da cui ritenere che i ristorni dovessero essere qualificati come utili.

La Corte ha affermato l’infondatezza di tali conclusioni soprattutto considerando che la cooperativa non aveva mai contestato che le erogazioni ai soci erano da considerare escluse dal campo di applicazione dell’Iva in quanto effettuate a titolo di utili. La controversia, infatti, ha avuto ad oggetto  l’omessa fatturazione dei ristorni corrisposti ai soci nel 2007, ben potendo il ristorno, come rilevato dall’ufficio in appello, assumere la natura di determinazione, in via definitiva, del prezzo fissato in via provvisoria durante l’anno.
I giudici di legittimità hanno poi illustrato l’evoluzione normativa dell’articolo 34, Dpr n. 633/1972 al fine di dimostrare, contrariamente a quanto asserito dalla cooperativa, come, a partire dal 1° settembre 1993, i “passaggi di prodotti” agricoli e ittici compresi nella prima parte della tabella A), allegata al Dpr n. 633/1972, effettuati dai produttori agricoli alle cooperative costituiscano “ex lege” cessioni di beni, assoggettati a Iva, con conseguente obbligo di emissione della fattura anche per i ristorni, che costituiscono parte del corrispettivo dei suddetti “passaggi”.

Richiamando le modifiche apportate all’articolo 34, Dpr n. 633/1972 dall’articolo 66, comma 10, lettera b), n. 4), Dl n. 331/1993, la Cassazione ha quindi riconosciuto il passaggio «da un regime di disconoscimento ad un regime di riconoscimento normativo della natura di “cessioni di beni” dei “passaggi” dei prodotti agricoli ad enti e cooperative
In particolare, l’attuale disposizione del comma 7, sancisce esplicitamente “l’obbligo di emissione della fattura“, da un lato, statuendo il criterio temporale secondo cui i “passaggi” “si considerano effettuati all’atto del versamento del prezzo ai produttori agricoli soci o associati” e, dall’altro, facoltizzando gli enti ad adempiere all’obbligo per conto dei conferenti, purché produttori agricoli, mediante il sistema dell’autofatturazione.
La Cassazione è intervenuta altresì a chiarire che l’esegesi del citato articolo 34, c. 7, «deve compenetrarsi con la considerazione che i ristorni costituiscono uno strumento di realizzazione dello scopo mutualistico delle società erette in forma di cooperativa ai sensi dell’art. 2511 c.c., realizzando sinallagmaticamente il vantaggio economico del socio in funzione della sua partecipazione all’attività sociale».

Al riguardo la Corte ha affermato che, proprio perché sono plurime le tipologie di cooperative, diverse sono le sembianze che, materialmente, il ristorno può assumere ex articolo 2521 codice civile, comma 3, n. 8 («l’atto costitutivo deve indicare (…) le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei ristorni, criteri che, ex art. 2545-sexies c.c., comma 1, sono improntati alla regola della proporzionalità rispetto “alla quantità e qualità degli scambi mutualistici»).
In particolare, aderendo ai chiarimenti di prassi dell’Agenzia  dell’entrate, i giudici di piazza Cavour  hanno ribadito che, per le cooperative agricole di produzione, i ristorni rappresentano la parte del vantaggio mutualistico attribuito al socio, non già contestualmente al rapporto di scambio con la società cooperativa, ma al termine del periodo di gestione, o mediante la «restituzione di una parte del prezzo pagato per acquistare beni e servizi», o «sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati» (circolare n. 37/2003).

In conclusione, quindi, nella misura in cui l’attribuzione del vantaggio mutualistico si declini «sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati», trova applicazione l’art. 34, comma 7, Dpr n. 633/1972: prevedendo l’obbligo di fatturazione dei passaggi dei prodotti agricoli e ittici, anche il ristorno, conguagliando il corrispettivo a chiusura d’esercizio, soggiace a fatturazione.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale