Tovagliometro e bottigliometro, legittimo l’accertamento dei ricavi

Tovagliometro e bottigliometro, legittimo l’accertamento dei ricavi

In tema di accertamento analitico-induttivo (articolo 39, comma 1, lettera d), del Dpr n.  600/1973) è pienamente legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria che, sulla base sia del numero di tovaglioli portati in lavanderia sia sul consumo di acqua minerale e vino, costituendo gli stessi elementi oggettivi e fondamentali nelle consumazioni erogate annualmente, determina di conseguenza il reddito presunto realizzato dall’attività di ristorazione. Questo, in sintesi, è il principio di diritto contenuto nella sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ravenna n. 261/02/22, del 1° settembre 2022.

I fatti
La vicenda processuale oggetto del giudizio tributario trae origine dalla presentazione da parte di una società di persone, che svolgeva l’attività di ristorazione, di un ricorso contro un avviso di accertamento notificato dalla Dp di Ravenna, con cui l’Amministrazione finanziaria provvedeva all’accertamento, con metodo analitico-induttivo, in rettifica del reddito dichiarato, del valore della produzione netta ai fini Irap, e delle operazioni imponibili Iva, per l’anno di imposta 2014.

Più in dettaglio, per effetto dell’atto impositivo notificato dall’Amministrazione finanziaria, preceduto da un controllo “a tavolino” (tramite cioè, l’esibizione della documentazione richiesta), venivano accertati, per ricavi induttivi non contabilizzati, un maggior reddito d’impresa pari ad euro 89.668, e un maggiore valore della produzione netta, nonché un maggior volume d’affari di eguale importo, con recupero a carico della società di Irap e Iva per gli importi pari ad euro 3.497 ed euro 8.967, oltre a una maggiore imposta Irpef ed addizionali a carico dei soci, calcolate per trasparenza sul maggior reddito d’impresa. Con l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio veniva altresì irrogata la sanzione cumulata di euro 13.105.
L’Agenzia delle Entrate, costituitasi in giudizio, rivendicava la legittimità del proprio operato.
In particolare, l’Agenzia, nelle proprie controdeduzioni, fra le altre cose, sottolineava che “l’accertamento analitico induttivo a carico della società (ed i conseguenti recuperi d’imposta a carico dei soci) è fondato sul rinvenimento nella documentazione extracontabile di numerose bottiglie di vino pregiato presenti nel magazzino dell’attività economica esercitata – ristorante di fama nazionale “A. C.” in Milano Marittima –, ma non registrate in contabilità”.
L’Amministrazione finanziaria nel giudizio tributario di primo grado chiedeva, quindi, il rigetto del ricorso della società, e la condanna della stessa al pagamento delle spese processuali.

Le motivazioni dei giudici provinciali
La Commissione tributaria provinciale di Ravenna, ritiene pienamente legittimo l’accertamento dell’Agenzia delle entrate e di conseguenza, rigetta il ricorso presentato dalla società di ristorazione.   
I giudici tributari, sviluppando poi il ragionamento logico-giuridico posto alla base del percorso motivazionale della propria pronuncia, hanno, in secondo luogo puntualmente osservato che le eccezioni poste dalla ricorrente, in riferimento alle presunzioni utilizzate dall’Ufficio per la propria ricostruzione analitica-induttiva dei maggiori ricavi del ristorante, non sono fondate.
A tale proposito, la Commissione provinciale, nella parte centrale della motivazione della propria decisione, entrando in particolare nel merito dei fatti concreti oggetto del proprio giudizio, ha, infatti, sottolineato che “le presunzioni operano nella fase ricostruttiva, ma, contrariamente a quanto vorrebbe la ricorrente non sono irragionevoli nell’an e nel quantum, trattandosi di ristorante pacificamente ‘di lusso’, la cui clientela è disposta all’esborso di un notevole corrispettivo per la fruizione del servizio di ristorazione e di due indici ricostruttivi di sicuro ancoraggio: tovaglioli lavati nel corso dell’anno, (‘tovagliometro’) e consumo medio della bottiglia da 750 ml di vino da parte di tre commensali, (‘bottigliometro’), il cui risultato, in termini di pasti somministrati e non contabilizzati, da aggiungere a quelli documentati nelle ricevute e nella fatture, è convergente ed omogeno”. 
La Ctp ha poi precisato che “ne deriva che il consumo medio della bottiglia da 750 ml di vino da parte, mediamente, di tre commensali – e non due, come vorrebbe la ricorrente – è una circostanza fattuale corroborata dal ‘tovagliometro’ e, come tale, idonea ad accreditare i maggiori ricavi non contabilizzati nell’an e nel quantum determinato dall’atto impositivo”.

La giurisprudenza di legittimità sulle ricostruzioni fondate sui consumi
La pronuncia in esame si inserisce in un consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità che ha visto più volte confermate le ricostruzioni indirette dei maggiori ricavi operate dall’amministrazione finanziaria basate su tovagliometro, bottigliometro, farinometro, caffettometro, lenzuolometro e recentemente anche sul guantometro.
Per quanto riguarda, ad esempio, i ristoranti, la Cassazione ha stabilito che l’accertamento analitico-induttivo può fondarsi sia sul numero di tovaglioli portati in lavanderia – che sono indice dei coperti e, quindi, degli incassi (Cassazione sentenze  n. 20060/2014, n. 18475/2009, n. 12438/2007, n. 8869/2007, n. 8643/2007) – sia sul consumo di acqua minerale, costituendo lo stesso un elemento fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni erogate (Cassazione sentenza n. 17408/2010).
Più in dettaglio, sempre con specifico riferimento alle attività di ristorazione, la Suprema corte riconosce che anche i ricavi desumibili sulla base del solo dato dei pasti consumati possono, di per sé, legittimare una ricostruzione indiretta degli stessi, con conseguente recupero a tassazione dell’eventuale differenza che dovrebbe emergere rispetto a quelli dichiarati. Ricordano, infatti, i Giudici di legittimità, come sia del tutto legittimo l’accertamento analitico-induttivo fondato sul “consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (risultante, per quelli di carta, dalle fatture o ricevute di acquisto, e per quelli di stoffa, dalle ricevute della lavanderia), costituendo dato assolutamente normale quello secondo cui, per ciascun pasto, ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e rappresentando, quindi, il numero di questi un fatto noto idoneo, anche di per sé solo, a lasciare ragionevolmente e verosimilmente presumere il numero dei pasti effettivamente consumati”, anche se la ragionevolezza impone sempre di sottrarre dal totale una percentuale di sfrido per usi vari, come l’utilizzo per pasti a soci, dipendenti e camerieri (Cfr Cassazione sentenze: n. 15808/2006, n. 9884/2002).
La Corte di cassazione poi, con l’ordinanza n. 21860 del 7 settembre 2018, dando vita al farinometro, ha stabilito l’importante principio di diritto secondo il quale è perfettamente legittimo l’accertamento analitico-induttivo – ex art. 39, comma 1, lettera d) del Dpr n. 600/1973 – fondato sul consumo delle materie prime, quali lievito e farina, effettuato da parte della Amministrazione finanziaria nei confronti di una attività di panetteria.
Per quanto concerne, invece, il caffettometro la Suprema Corte, ad esempio con l’ordinanza n. 21130 del 24 agosto 2018, ha ribadito, con riguardo ad un bar, la validità del caffettometro per rideterminare da parte del Fisco gli incassi.
In particolare, con tale pronunciamento i Giudici di legittimità hanno confermato la sentenza della Commissione tributaria regionale la quale aveva ritenuto legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria, che aveva correttamente calcolato in 8 grammi la polvere di caffè occorrente per una tazzina di caffè, tenendo conto degli sfridi.
Per quanto riguarda poi il guantometro nei confronti di un dentista preme evidenziarsi che la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4168, del 21 febbraio 2018, aveva ritenuto legittimo l’operato della Agenzia delle Entrate che, sulla base e per gli effetti dell’art. 39, comma 1, lettera d) del Dpr n. 600/1973, operando, quindi, un accertamento analitico-induttivo a carico del contribuente, aveva verificato il consumo dei guanti monouso utilizzati dal contribuente per la sua attività di odontoiatra, determinando di conseguenza il reddito presunto.

La giurisprudenza di merito sulle ricostruzioni analitiche-induttive
Anche le Commissioni tributarie, ora Corti di giustizia tributarie di primo e secondo grado, si sono in più occasioni uniformate alla citata consolidata giurisprudenza di legittimità, avallando le ricostruzioni indirette dei maggiori redditi operate dal Fisco. Si vedano, fra le altre, le seguenti sentenze: Ctr Abruzzo n. 932/04/2017, Ctr Veneto n. 1025/2017, Ctr Lombardia n. 3465/2017, Ctp Padova n. 641/2016, Ctp Aquila n. 567/2016, Ctp di Pisa n. 136/2007, Ctp di Ravenna n. 243/2011. In particolare, con tale ultima decisione la Commissione romagnola ha stabilito che il numero di bare utilizzate, per i servizi erogati da un’impresa funebre e la “contabilità in nero” scoperta dai verificatori in sede di accesso presso l’azienda costituiscono presunzioni gravi, precise e concordanti che possono legittimare la rettifica dei redditi mediante l’accertamento analitico-induttivo, ex articolo 39, comma 1, lettera d) del Dpr n. 600/1973, dando luogo al barometro.

Per quanto riguarda infine il “lenzuolometro”, per gli accertamenti del fisco nei confronti di chi svolge l’attività di affittacamere, giova evidenziarsi che la Commissione tributaria provinciale di Ravenna, ad esempio, con la sentenza n. 69/02/20, del 31 agosto 2020, ha stabilito l’importante principio di diritto secondo il quale in tema di accertamento induttivo – ex articolo 39, comma 2, del Dpr n. 600/1973 – è pienamente legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria che, sulla base del numero delle lenzuola lavate annualmente, determina di conseguenza il reddito presunto realizzato dall’attività di un affittacamere.
Sempre in tema di lenzuolometro la Cassazione con l’ordinanza n. 30402/2011, intervenendo ancora una volta in materia di ricostruzioni indirette dei ricavi/corrispettivi effettuate dall’Amministrazione finanziaria, ha stabilito che è legittimo l’accertamento analitico-induttivo a carico di un affittacamere, basato sull’acquisto e sul lavaggio della biancheria (lenzuola e coperte).
Tutto ciò dimostra una grande attenzione ed una capillare attività di controllo, posta in essere dalla Amministrazione finanziaria, attraverso metodi induttivi di ricostruzione di maggiori ricavi, che trovano poi puntuale conferma  sia da parte delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado, e sia da parte Corte di cassazione (Cassazione sentenze n. 6951/2017, n. 24902/2013, n. 7871/2012, n.11154/2010, n. 22122/2010, n. 3542/2010, n. 21147/2009, n. 10077/2009, n. 13915/2009, n. 15754/2009, n. 13952/2008, n. 6465/2002 n. 51/1999).



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale