Frazionamento dopo la sentenza: giusta la trascrizione con riserva

Frazionamento dopo la sentenza: giusta la trascrizione con riserva

Con decreto del 3 maggio 2023, la seconda sezione civile della Corte d’appello di Palermo ha dettato un interessante principio di diritto in materia di poteri/doveri del Conservatore dei Registi immobiliari in sede di controllo della corrispondenza tra il titolo e la nota di trascrizione, ai fini dell’esecuzione della formalità.

Il casus decisus
Il caso rimesso all’esame della Corte palermitana trae origine dal reclamo (ex articoli 2674-bis cc e 113-ter delle disposizioni attuative del cc) presentato da un cittadino avverso la trascrizione con riserva effettuata dal Conservatore dei Registri immobiliari, cui il reclamante aveva richiesto la trascrizione della divisione giudiziale ordinata con sentenza del Tribunale di Sciacca.
Nello specifico la sentenza, nel disporre la divisione, aveva ordinato che la stessa avvenisse secondo quanto previsto nella Ctu che il perito, appositamente nominato, aveva effettuato nel corso del procedimento. Dopo l’emissione della sentenza, però, gli immobili divisi erano stati frazionati, con conseguente modifica dei loro dati identificativi.

Invitato alla trascrizione della sentenza, quindi, il Conservatore, dietro espressa istanza della parte privata, alla quale aveva in precedenza rappresentato i propri dubbi circa la trascrivibilità del provvedimento giudiziale, aveva proceduto a trascriverla con riserva (articolo 2674-bis cc), atteso che i dati identificativi degli immobili risultanti da detto provvedimento, rappresentante il “titolo” della divisione, non erano gli stessi indicati nella nota di trascrizione, la quale faceva invece riferimento a dati catastali differenti, cioè a quelli conseguenti al già menzionato frazionamento.

A fronte di ciò, il Conservatore sarebbe stato quindi chiamato a operare, non un mero riscontro formale della corrispondenza tra le risultanze del titolo e quanto riportato nella nota di trascrizione, ma anche a svolgere un’attività integrativa e accertativa, volta a individuare come si fossero modificati i dati di identificazione catastale degli immobili oggetto di divisione dopo la pronuncia del giudice saccense.

Il Tribunale adito in primo grado rigettava il reclamo.
Avverso il decreto del Tribunale, l’interessato proponeva però reclamo, eccependo che il primo giudice aveva sbagliato a rigettare il reclamo, considerato che la giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione, pronuncia n. 16853/2005) ha statuito che la funzione di consentire l’inequivoca individuazione degli immobili oggetto del titolo è della nota di trascrizione, la quale, quindi, per il caso che il titolo sia a tal fine insufficiente, può e deve integrarlo, specificandone il contenuto.

Anche il secondo giudice, tuttavia, riteneva infondata la tesi proposta e ne rigettava il reclamo.
In particolare la Corte d’appello osservava che la quaestio facti sottoposta al suo vaglio differiva da quella a fronte della quale era intervenuta la pronuncia di legittimità riportata dal ricorrente. In quel caso, infatti, la sentenza, ai fini dell’individuazione degli identificativi catastali, rinviava alla Ctu e gli immobili non avevano successivamente subito alcun intervento, con la conseguenza che i dati cui la nota di trascrizione faceva riferimento erano quelli della Ctu e pertanto preesistenti al titolo e desumibili dagli atti di causa. Nella fattispecie su cui era stata chiamata a decidere la Corte palermitana, invece, vero è che la sentenza rinviava alla consulenza tecnica, ma i dati riportati nella nota non erano quelli della consulenza stessa d’ufficio bensì quelli risultanti in seguito al frazionamento.
A fronte di ciò, pertanto, il Conservatore sarebbe stato chiamato a “un intervento a carattere intimamente accertativo, ovverosia l’analisi del progetto divisionale redatto dal CTU e il controllo della documentazione sopravvenuta al titolo (primo fra tutti l’atto di frazionamento dei lotti oggetto di divisione eseguito a cura del reclamante), al fine di verificare il corretto collegamento esistente tra gli attuali identificativi catastali e le aree costituenti i lotti assegnati in sentenza” (così il decreto in commento). La nota di trascrizione presentata dalla parte privata, quindi, non aveva, nel caso in esame, la funzione di “specificare” i dati cui la sentenza si riferiva, ma a “integrare” la sentenza di dati mancanti, perché il provvedimento giudiziale non poteva riferirsi a dei dati che, per il fatto di essere successivi allo stesso, il giudice non poteva conoscere e che quindi non aveva nemmeno potuto sottoporre al suo vaglio.

Secondo la Corte palermitana, allora, bene aveva fatto il Conservatore, dopo aver rappresentato i suoi dubbi al richiedente la trascrizione e a fronte di sua espressa istanza, a procedere alla trascrizione con riserva.

La ratio della decisione
Riassunte brevemente la fattispecie concreta e la decisione della Corte d’appello di Palermo, è utile approfondire la ratio di quest’ultima.
L’articolo 2674 cc, al comma 1, dispone che “il conservatore può ricusare di ricevere le note e i titoli, se non sono in carattere intelligibile e non può riceverli quando il titolo non ha i requisiti stabiliti dagli articoli 2657, 2660, primo comma, 2821, 2835 e 2837 o non è presentato con le modalità previste dall’articolo 2658 e quando la nota non contiene le indicazioni prescritte dagli articoli 2659, 2660 e 2839, numeri 1), 3), 4) e 7)”. In ogni altro caso al Conservatore è vietato rifiutare di adempiere ai doveri del proprio ufficio.
Sulla base del tenore letterale di quest’articolo, la giurisprudenza assolutamente pacifica, di legittimità e di merito (cfr Cassazione, pronunce nn. 2564/1960 e 7218/1997; in One legale, Corte d’appello di Roma, 15/05/1992, Tribunale di Siracusa, 14/12/2001 e Tribunale di Venezia, 02/11/2017,), affermano concordemente che il Conservatore dei Registri immobiliari, quando gli siano presentati una nota di trascrizione/iscrizione/annotazione e il relativo titolo da cui la formalità dipende, sia tenuto a effettuare un controllo meramente formale volto ad appurare, premessa l’intelligibilità dei predetti documenti, se la nota ha i requisiti richiesti dalla legge, se il suo contenuto è conforme al titolo e se essa è presentata con le modalità previste dalla legge.

Nello specifico, si ha conformità della nota al titolo quando i dati riportati nella stessa sono i medesimi indicati nel titolo in forza del quale si richiede l’esecuzione della trascrizione/iscrizione/annotazione, salva la possibilità per la nota di “integrare” il contenuto del titolo nella sua Sezione D, ma ciò nel limitato senso di “specificare” quanto indicato nel titolo, cioè di chiarire, per il caso che il predetto già non lo faccia adeguatamente, quali siano i dati ai quali lo stesso si riferisce (cfr Cassazione, pronunce nn. 16853/2005 e 13695/2011; Tribunale di Monza, n. 3503/2007, in One legale), rimanendo, tuttavia, a carico di chi presenta la nota la responsabilità di compilare correttamente la stessa e dell’eventuale errore commesso nel farlo.

A seguito dell’introduzione nel codice civile dell’articolo 2674-bis è stato, altresì, riconosciuto al Conservatore, al di fuori dei casi previsti dall’articolo 2674, il potere-dovere di vagliare l’intrinseca trascrivibilità dell’atto, anche se si ritiene che il predetto non possa in alcun caso spingersi fino a controllarne il contenuto sostanziale.
Qualora al Conservatore sia richiesto di effettuare una formalità, quindi, egli può (e deve) a oggi:

  1. rifiutare di farlo, se si ricade nelle ipotesi di cui all’art. 2674 cc
  2. al di fuori delle ipotesi di cui al predetto articolo, rappresentare al richiedente i propri dubbi e, se lo stesso non desiste e presenta apposita istanza, procedere all’esecuzione della formalità con riserva (cfr Cassazione, pronuncia n. 9297/2007), con onere in capo a chi ha richiesto l’esecuzione con riserva di proporre reclamo dinanzi al competente Tribunale entro il termine di 30 giorni ai sensi dell’articolo 113-ter delle disposizioni attuative del codice civile.

Quid iuris, però, laddove, come nel caso di specie, il titolo indichi i dati di identificazione catastale degli immobili facendo riferimento a una Ctu precedente a esso, ma questi siano stati successivamente modificati a seguito di un frazionamento, non ancora intervenuto al tempo della formazione del titolo e al quale quindi il medesimo non ha fatto – né avrebbe potuto fare – alcun rinvio?
Al ricorrere di una simile circostanza è anzitutto dubbio se si ricada in uno dei casi di cui all’articolo 2674 cc, atteso che, seppur sia vero che non vi è piena corrispondenza tra i dati riportati nella nota e quelli “risultanti” dal titolo, è altresì innegabile che i dati “nuovi” sono derivati da quelli precedenti e che la nota li indica correttamente – in tal modo, almeno lato sensu, “specificando” il contenuto del titolo stesso – tuttavia, è altresì innegabile che possono sorgere ragionevoli dubbi sulla conformità della nota al titolo da cui dipende, considerato che non vi è modo per il Conservatore di appurarla, se non eseguendo un’attenta analisi di documentazione successiva al titolo.

La Corte d’appello, nel decreto in esame, ha approfondito:

  1. la natura giuridica dell’attività richiesta al Conservatore nel caso concreto
  2. che cosa debba intendersi per “specificazione” di quanto risulta dal titolo da parte della nota.

In merito alla prima questione, il giudice palermitano ha chiarito che laddove il Conservatore, per accertare se la nota sia conforme al titolo, debba analizzare documentazione esterna al titolo e a esso successiva, che quindi nemmeno il giudice, nell’emettere il provvedimento, aveva avuto modo di sottoporre al proprio vaglio, quest’attività esula dai compiti istituzionali allo stesso attribuiti dalla legge, limitati a un controllo meramente formale, consistendo essa in un quid aliud vel pluris, risolvendosi in “un intervento a carattere intimamente accertativo”, che richiede un controllo differente e più approfondito di quello volto ad appurare la ricorrenza dei requisiti formali della nota.

Circa la possibilità per la nota di “specificare” il contenuto del titolo, cui ha più volte fatto riferimento la giurisprudenza, poi, ciò va inteso nel senso ch’essa può “integrare eventuali insufficienze dell’atto da trascrivere” ((cfr Cassazione, pronunce nn. 16853/2005 e 13695/2011; Tribunale di Monza, n. 3503/2007) se, come ricordato dalla Corte, i dati sono preesistenti al titolo stesso, ma non “integrare la sentenza di dati mancanti, e non rintracciabili neppure esaminando il contenuto del titolo né la c.t.u.”.

Brevi conclusioni
Tanto detto, la decisione della Corte d’appello di Palermo è condivisibile. Non può, infatti, ritenersi che il Conservatore, mero controllore del rispetto di disposizioni aventi carattere formale e che non può rifiutare di adempiere al proprio ufficio nemmeno nell’ipotesi in cui il titolo presentatogli sia invalido – purché esso, si badi bene, abbia la forma della sentenza, dell’atto pubblico o della scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente, come previsto dall’articolo 2657 cc – possa essere chiamato ad analizzare documenti, esterni al titolo e addirittura successivi allo stesso, dai quali soli è possibile desumere la correttezza dei dati riportati nella nota, in quanto, in tal caso, la nota non specifica i dati contenuti nel titolo ma lo integra a fronte di una sua mancanza.
Diversamente opinando si affiderebbe al Conservatore un compito diverso da quello attribuitogli dalla legge: egli non sarebbe più chiamato, in questo modo, a valutare la rispondenza della nota al titolo ma la conformità della nota a un documento diverso dal titolo, assumendosi, così, anche la responsabilità di “attestare” tale conformità mediante l’esecuzione della formalità richiestagli. Situazione, questa, a ben vedere inaccettabile, salvo sostenere che il pubblico dipendente, “rappresentante”, in senso lato, del potere esecutivo, possa operare al di fuori degli schemi prefissati dalla legge, cioè dal potere legislativo, l’unico a cui la nostra Costituzione attribuisce il potere di organizzare i pubblici uffici.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale