I quadri in “bianco” indicano che la dichiarazione è infedele

I quadri in “bianco” indicano che la dichiarazione è infedele

La mancata compilazione delle voci della dichiarazione riguardanti elementi essenziali ai fini della determinazione complessiva del reddito e delle imposte dovute non può essere qualificata come una condotta neutra, al contrario, contribuisce a delineare il reato di infedele dichiarazione. È quanto chiarito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 18532 del 4 maggio 2023

Nel caso in esame, al contribuente veniva contestato il reato di infedele dichiarazione, di cui all’articolo 4 del Dlgs n. 74/2000 perché, in qualità di titolare della omonima ditta individuale indicava, nella dichiarazione relativa all’Iva, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, per un importo complessivo pari a 1.036.7111 euro, con Iva evasa pari a 217.709 euro.

Per una corretta analisi della questione occorre preliminarmente inquadrare la fattispecie di reato contestata.
Con l’articolo 4 del Dlgs n. 74/2000, rubricato “infedele dichiarazione” il legislatore sanziona la condotta di chi, al fine di evadere le imposte dirette o l’Iva, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 100mila euro; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a due milioni di euro.

Il reato, caratterizzato dal dolo specifico, è posto a tutela dell’interesse patrimoniale dell’Erario, poiché sono incriminate solo le condotte che arrecano un danno, individuato nel momento in cui l’imposta evasa supera le soglie di punibilità.
Nel dettaglio, la fattispecie è strutturata con una doppia soglia di punibilità: affinché sia integrata la condotta delittuosa è necessario il superamento della doppia soglia di punibilità, cioè, come già detto, che: a) ciascuna imposta evasa sia superiore a centomila euro; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione sia superiore al dieci per cento dell’ammontare di tutti gli elementi attivi o, comunque, superiore a due milioni di euro.

Così premesso, è evidente la difficoltà di determinare il superamento della soglia di punibilità di cui alla lettera b) nel caso di quadro della dichiarazione lasciato in bianco.
La questione involge il caso posto all’attenzione della Corte di cassazione in cui il contribuente, nella dichiarazione dei redditi, modello unico persone fisiche, aveva omesso l’indicazione dei dati relativi all’Iva, compilando la dichiarazione solo in relazione ai quadri NS, RG e VA.
La giurisprudenza, infatti, in più occasioni ha ormai chiarito che chi presenta la dichiarazione incompleta, in bianco perché priva di alcuni quadri, non può essere condannato per omessa dichiarazione ma per il minor reato di dichiarazione infedele (ex multis, Cassazione, sentenze n. 5141/2022 e n. 32490/2018).

Ebbene, nel caso in esame, il Tribunale, in primo grado, assolveva l’imputato poiché riteneva assente la prova del superamento della seconda soglia di rilevanza penale, ossia che gli elementi attivi omessi superassero del 10% il totale degli elementi attivi indicati nella dichiarazione, in quanto, recitava la decisione, “non si rinviene copia della dichiarazione dei redditi fatta o accenno agli importi indicati dal contribuente”.

A conclusioni differenti è invece pervenuta la Corte di appello. I giudici di secondo grado hanno, infatti, evidenziato che, fermo restando il superamento della prima soglia, nella causa in discussione doveva ritenersi integrata anche la seconda soglia di punibilità, posto che negli atti relativi all’attività di accertamento era riportato il reddito imponibile, pari a zero, risultando altresì provata la mancata compilazione della dichiarazione nelle sue parti essenziali, tra cui quella relativa all’Iva: dunque, mancando nella dichiarazione pur formalmente inoltrata l’indicazione di elementi attivi, doveva ritenersi certamente superata anche la soglia di punibilità ex articolo 4 lettera b) del Dlgs n. 74/2000.

La difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione con le seguenti eccezioni:

  • non provata la soglia di punibilità “proporzionale” prevista dall’articolo 4 lettera b)
  • violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza e ritenendo che l’invio di una dichiarazione completamente in bianco, unitamente alla mancata presentazione della comunicazione annuale dei dati Iva, possa essere maggiormente assimilata alla fattispecie di cui all’articolo 5, che ha natura omissiva, che a quella di cui all’articolo 4 del Dlgs n. 74/2000
  • difetto di motivazione della sentenza impugnata rispetto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato, costituito dal dolo specifico della finalità di evasione, poiché l’imputato non si è mai interfacciato con l’Agenzia delle entrate.

La Corte di cassazione, con la sentenza in commento, confermando la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello ha chiarito che “la mancata compilazione delle voci della dichiarazione riguardanti elementi essenziali ai fini della determinazione complessiva del reddito e dei conseguenti importi dovuti a titolo di imposte non può essere qualificata come una condotta neutra, contribuendo al contrario a delineare la infedeltà della dichiarazione fiscale, essendo di fatto assimilabile a una dichiarazione negativa l’omessa compilazione delle singole voci concernenti il valore del reddito imponibile e dell’Iva”.

In tal senso, “il verbo utilizzato dalla fattispecie incriminatrice, ‘indica’, lascia aperta la possibilità che la dichiarazione contenga sia elementi numerici positivi, sia attestazioni incomplete, che siano cioè contraddistinte da omesse specificazioni di elementi determinanti ai fini della determinazione dell’imposta, per cui in tal senso anche non inserire alcun dato numerico in corrispondenza di una voce essenziale equivale a ‘indicare’ un elemento, sia pure in negativo”.

È stata, inoltre, confermata la sussistenza del dolo specifico poiché la volontaria omessa compilazione degli spazi essenziali della dichiarazione è stata funzionale proprio al perseguimento dell’evasione dell’imposta, non essendo stata in alcuna modo dedotta la tesi di un’eventuale natura colposa dell’omissione.

Infine, la Corte ricorda che per orientamento monocorde della giurisprudenza di cassazione, “in tema di reati tributari, non integra il delitto di omessa dichiarazione la presentazione, nei termini previsti dalle leggi tributarie e nel rispetto delle soglie individuate, di una dichiarazione dei redditi incompleta, in quanto l’esaustiva individuazione normativa della condotta incriminata, consistente nella mancata presentazione della dichiarazione agli uffici competenti, non è suscettibile di lettura analogica, che si porrebbe in contrasto con il principio di legalità”.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale