Acquisto auto con regime del margine: oneri sul concessionario fruitore

Acquisto auto con regime del margine: oneri sul concessionario fruitore

La Cgt di II grado dell’Abruzzo, con la sentenza n. 507 del 4 luglio scorso, ha ricordato che il regime Iva del margine costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere applicata in termini rigorosi: quindi, se l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede.

Al centro della controversia vi era un avviso di accertamento con cui una srl, che svolgeva attività di compravendita di autovetture nuove ed usate, impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate, per un determinato anno di imposta, aveva ritenuto che fossero soggettivamente inesistenti alcune operazioni di acquisto di autoveicoli da venditori intracomunitari, per essere stata fittiziamente interposta una ditta italiana, che non aveva poi versato l’Iva e che non potesse essere applicato il regime Iva del margine alle auto che la concessionaria aveva acquistato da altra azienda.
A seguito di impugnazione dell’avviso da parte della srl, la vertenza finiva avanti alla Ctp di Pescara che accoglieva il ricorso. “Pro contribuente” si mostrava pure la Ctr dell’Abruzzo, adita dall’ufficio a seguito di gravame. In sostanza, i giudici di merito condividevano le difese della srl, che aveva eccepito di non avere avuto contezza del fatto che fosse solo fittizia l’interposizione della ditta italiana nell’operazione di acquisto e di avere in buona fede applicato il regime del margine in relazione alle auto che aveva acquistato dall’altra azienda.

L’amministrazione finanziaria persisteva nel contenzioso rivolgendosi, vittoriosamente, alla Suprema corte che, nel cassare la sentenza impugnata, ricordava che, quando “siano contestate operazioni come soggettivamente inesistenti, esse nella loro materialità esistono sempre e, piuttosto, il problema è che esse sono state rese al destinatario, che le ha effettivamente ricevute, da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione rappresentata nella fattura”. In materia, la Cassazione ha pure chiarito che l’ufficio “ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria, di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (Cassazione n. 9851/2018 e n.27555/2018).
Il contenzioso di legittimità si concludeva con una pronuncia favorevole all’Amministrazione finanziaria anche in relazione, all’applicazione del regime del margine, su cui intendiamo soffermare la nostra attenzione.

Sul punto, l’orientamento della Suprema corte è chiaro nel ritenere che il regime del margine – previsto dall’articolo 36 Dl n, 41/1995, convertito con modifiche in legge n. 85/1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato – costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi (cfrin questo senso, Cassazione sezioni unite n. 21105/2017). Pertanto, se l’amministrazione “contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto”.

Compravendita di auto e onere della prova
Pertanto, con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, la Cassazione osserva che rientra nella condotta diligente del contribuente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’Iva sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione.
A questo punto si aprono due possibilità:

  • nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta
  • nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole.

Dopo la riassunzione della vertenza da parte del contribuente e nell’accogliere il motivo di gravame dell’ufficio che stiamo attenzionando, relativo all’applicazione del regime del margine, la Cgt dell’Abruzzo rileva, dunque, che le società estere che avevano venduto le vetture alla concessionaria erano, a loro volta, concessionarie e società di autonoleggio e che tale circostanza emergeva già dai libretti di circolazione.
Ebbene, secondo l’insegnamento della giurisprudenza più autorevole (cfr la già citata Cassazione sezioni unite n. 21105/2017), nel caso di compravendita di veicoli usati opera – come esposto – la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole.
La concessionaria contribuente, in ultima analisi, non ha vinto la presunzione precipuamente richiesta dai giudici di legittimità (e ciò ha determinato la sua soccombenza nel giudizio avanti alla Corte abruzzese), dimostrando che le società estere, a monte, non avevano detratto l’Iva sugli acquisti di quelle vetture, nonostante ne fosse onerata.

Riguardo al regime applicabile agli acquisti intracomunitari di autoveicoli usati si fa rinvio alla particolareggiata circolare n. 40/2003 dell’Agenzia, che fa seguito alla precedente circolare n. 177/1995 del Dipartimento delle entrate, con la quale erano già state emanate istruzioni sulla corretta applicazione delle norme in materia di regime speciale per i rivenditori di beni usati, di oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione contenute nel Dl n. 41/1995.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale