Il conto corrente “accogliente” apre al reato di riciclaggio

Il conto corrente “accogliente” apre al reato di riciclaggio

Far transitare i soldi di altri sui propri conti correnti è un’attività ulteriore e successiva rispetto alla frode vera e propria e, mancando il concorso alla realizzazione del reato presupposto, i titolari del conto corrente commettono il reato di riciclaggio. Lo precisa la Corte di cassazione, con la sentenza n. n. 29346 del 6 luglio 2023.

Il reato di riciclaggio si configura quando un soggetto sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, non colposo, oppure compie in relazione a essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza illecita.
A questo proposito, risulta opportuno evidenziare che, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, il reato di riciclaggio si configura anche con la semplice condotta di colui che accetta di essere indicato come beneficiario economico di beni che, nella realtà, appartengono a terzi e sono frutto di attività delittuosa, in quanto tale condotta, pur non concretizzandosi nel compimento di atti dispositivi, è comunque idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza del denaro.

Nell’approfondimento dello scorso novembre (vedi articolo “L’attribuzione fittizia di valori è assorbita dal riciclaggio) avevamo ricordato che l’articolo 4 del Dlgs n. 21/2018, concernente le “Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103”, ha introdotto il reato di “trasferimento fraudolento di valori”, di cui all’articolo 512-bis del codice penale.
In particolare, la norma individua come penalmente rilevante l’attribuire fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, oppure di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita  (articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale).
Secondo la Cassazione (seconda sezione penale, sentenza n. 38141/2022), il reato di trasferimento fraudolento di valori, di cui all’articolo 512-bis cp, è assorbito nella condotta di riciclaggio, descritta dall’articolo 648-bis codice penale, e conseguentemente non dovrebbe essere inflitto un aumento di pena.
Invece, potrebbe sorgere il dubbio se risponde di riciclaggio chi mette a disposizione, di altri soggetti, il proprio conto corrente per farvi transitare i profitti di una frode.

Il fatto
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, con sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ha applicato la pena prevista dall’articolo 648-bis del codice penale nei confronti di soggetti che avevano messo a disposizione, di altre persone, il proprio conto corrente per farvi transitare i profitti di una frode informatica.

La pronuncia della Corte
Con la sentenza n. 29346 del 6 luglio 2023, la seconda sezione penale della Cassazione ha chiarito che il perfezionamento del reato relativo alla frode informatica avviene con l’incasso delle somme, infatti, con la percezione del denaro si consegue l’ingiusto profitto.
Quindi, il reato presupposto si è perfezionato senza nessuna attività o contributo dei titolari dei conti correnti bancari, difatti solo successivamente il profitto della frode veniva trasferito sul conto corrente di altri soggetti.

Conseguentemente, l’immissione del denaro sul conto corrente di altri soggetti, la cui finalità era sicuramente ostacolare l’identificazione della loro provenienza illecita, è da considerare come una condotta oggettivamente successiva e ulteriore, riconducibile al reato di riciclaggio.
In realtà, l’attività degli ulteriori soggetti, estranei alla frode informatica, è riconducibile all’esigenza di “pulire” il “denaro sporco” derivante dall’attività fraudolenta, al fine di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro.

In conclusione, secondo i giudici di legittimità, il far transitare i soldi di altri sui propri conti correnti è un’attività ulteriore e successiva rispetto alla frode, e mancando il concorso alla realizzazione del reato presupposto, i titolari del conto corrente commettono il reato di riciclaggio.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale