Confermata l’esenzione dei corsi, giusto il recupero dell’Iva detratta

Confermata l’esenzione dei corsi, giusto il recupero dell’Iva detratta

L’accreditamento di una società di formazione presso il Fondo Formatemp e il finanziamento dei singoli corsi, la cui autorizzazione prevede una specifica e dettagliata procedura volta a evidenziarne il contenuto, costituiscono indici di integrazione del requisito soggettivo di esenzione richiesto dal decreto Iva.
È quanto hanno deciso i giudici della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, con la sentenza n. 2183/6/2023, del 10 luglio scorso, in merito a un avviso di accertamento, con cui la direzione regionale della Lombardia dell’Agenzia delle entrate aveva recuperato l’Iva indebitamente detratta, inerente i servizi di formazione finanziati dal Fondo Formatemp, svolti da un ente di formazione nei confronti di altra società appartenente al medesimo gruppo.

Il caso
Con un avviso di accertamento, l’ufficio ha appurato che una società di formazione, accreditata presso il Fondo Formatemp, aveva reso e fatturato in regime di imponibilità, nei confronti di una consociata, le prestazioni di formazione.
Tuttavia, ritenuto che i corsi di formazione professionale svolti dagli enti accreditati e finanziati dal Fondo Formatemp non dovevano essere assoggettati a Iva, in quanto sono esenti dall’imposta “le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale” (articolo 10, comma 1, n. 20), del Dpr n. 633/1972), l’Ufficio ha recuperato l’imposta detratta dalla cessionaria.

Dalla lettura della disposizione normativa richiamata, infatti, emerge che per poter fatturare le prestazioni in esenzione è necessario che ricorrano contestualmente due requisiti:
– uno di natura soggettiva, cioè l’organismo che eroga la formazione deve essere un istituto pubblico oppure un soggetto riconosciuto da una pubblica amministrazione
– uno di natura oggettiva, vale a dire, che oggetto dell’attività formativa devono essere prestazioni didattiche di ogni genere tra cui anche la formazione di natura professionale.

Secondo l’ufficio, nel caso posto all’attenzione dei giudici lombardi, sussistono entrambi i requisiti richiesti dalla norma, in quanto il Fondo che rilascia l’accreditamento alla società di formazione, benché sia un soggetto diverso da una pubblica amministrazione, svolge la propria attività sotto la vigilanza del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (e ha la sua fonte normativa nell’articolo 12 del Dlgs n. 276/2003) e la prestazione svolta dall’ente accreditato consiste nell’erogazione di corsi di formazione professionale ai lavoratori in somministrazione di altra società del gruppo. Per lo svolgimento di tale attività la consociata deve rispettare una serie di parametri formali e sostanziali richiesti dal soggetto, che ha la responsabilità di vigilare sul corretto svolgimento delle attività formative finanziate.

Avverso il suddetto avviso di accertamento, la parte ha proposto ricorso dinanzi alla competente Cgt di primo grado, non ravvisando, in capo all’ente di formazione, il requisito soggettivo richiesto dall’articolo 10, comma 1, n. 20), del Dpr n. 633/1972, ai fini dell’applicazione dell’esenzione da Iva, per integrare il quale sarebbe necessario, non solo l’accreditamento formale dell’ente, ma il controllo sull’attività formativa e sul singolo corso, educativo o didattico, che l’organismo stesso intende realizzare; ciò al fine di verificarne la corrispondenza agli scopi pubblici perseguiti dalla normativa di riferimento.
Inoltre, la contribuente ha contestato la sussistenza di un riconoscimento da parte di una pubblica amministrazione, poiché il Fondo Formatemp, presso cui è accreditata la società che ha erogato i corsi, non è una pubblica amministrazione, ma un’associazione di diritto privato che persegue un interesse di natura commerciale, quello alla formazione continua.

L’allora Ctp di Milano, valutate le ragioni delle parti, ha annullato l’avviso di accertamento sul presupposto dell’assenza del requisito soggettivo, stante la carenza del controllo da parte di Formatemp sulle finalità pubblicistiche dei singoli corsi svolti.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza dinanzi alla Cgt di secondo grado della Lombardia, evidenziando la sussistenza di tutti i requisiti.

La decisione.
I giudici lombardi, dopo aver evidenziato che la ratio del richiamato articolo 10 va rinvenuta nella finalità educativa, in coerenza con la disciplina unionale, e, segnatamente, con la direttiva 1977/388/Cee (articolo 13, lettera A, n. 1 lettera i) sostituita dalla direttiva 2006/112/Ce (articolo 132, comma 1) hanno affermato che l’ente privato, il quale svolge l’attività di formazione, deve essere riconosciuto e, nel caso concreto, tale riconoscimento deriva dall’accreditamento dell’attività svolta dalla società di Formazione presso il Fondo Formatemp.

A parere della Corte la natura pubblicistica del predetto Fondo è desumibile dal fatto che:

  • è istituito ex lege (articolo 12, Dlgs n. 276/2003)
  • è posto sotto il controllo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che deve autorizzarne l’attività ed esercitare la vigilanza sulla gestione. La vigilanza pubblica esercitata dal ministero sul Fondo “non è solo formale, investendo l’approvazione delle regole stabilite dal fondo per il versamento dei contributi e per la gestione, il controllo, la rendicontazione e il finanziamento degli interventi, ma anche sostanziale, avendo ad oggetto la vera e propria gestione dei fondi (art. 12, comma 5 del d.lgs. n. 276 del 2003)
  • è finanziato con contributi versati dai soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro. Sul punto, i giudici osservano che “tali contributi assumono la veste di prestazione patrimoniale imposta poiché sono obbligatoriamente dovuti e calcolati secondo uno specifico indice di capacità contributiva, pari al 4 per cento delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori, e la loro eventuale omissione, anche parziale, ne comporta il recupero da parte del Fondo, insieme agli interessi e ad una sanzione amministrativa
  • collocandosi nell’ampio intervento sul mercato del lavoro operato dal Dlgs n. 276/2003, il Fondo “lungi dal perseguire uno scopo squisitamente commerciale, è strumento attivo di politiche pubbliche e risponde all’interesse generale alla formazione e qualificazione professionale in vista di un proficuo collocamento e di una continua permanenza del lavoratore nel mercato del lavoro”.

Chiarita, dunque, la natura pubblicistica di Formatemp, la Cgt di secondo grado passa a esaminare la sussistenza della finalità educativa e di formazione dei corsi erogati.
Anche sotto tale aspetto la Corte ritiene integrato il requisito soggettivo, in quanto dal “vademecum del Fondo Formatemp si evince che l’approvazione riguarda i singoli progetti che devono essere inviati dalle ApL a Forma.Temp utilizzando un modello di scheda-progetto con l’indicazione della tipologia formativa prescelta.
L’ammissibilità dei progetti deriva dalla verifica della completa e corretta compilazione della scheda-progetto e del rispetto dei parametri orari e di costo massimi ammissibili, nonché dalla corrispondenza del progetto con una delle quattro tipologie formative previste e dalla congruità e coerenza di massima degli obiettivi, del percorso didattico e dei contenuti.
Il finanziamento del progetto è sottoposto ad autorizzazione formale ovvero al silenzio – assenso, decorsi 12 giorni lavorativi senza comunicazioni, salvi i controlli ex post che l’ente riterrà di attuare”.

Sgombrato il campo dai dubbi sull’esenzione da Iva delle prestazioni di formazione erogate da un ente accreditato presso il Fondo Formatemp, la Corte conferma il recupero dell’imposta indebitamente detratta dalla cessionaria, ricordando che, per consolidata giurisprudenza nazionale e unionale, l’Iva erroneamente corrisposta in relazione a un’operazione non imponibile non può essere portata in detrazione dal cessionario.
 
Ciò vale anche dopo la modifica dell’articolo 6, comma 6, del Dlgs n. 471/1997 a opera della legge n. 205/2017 e dell’efficacia retroattiva della disposizione prevista dall’articolo 6, comma 3 bis, del Dl n. 34/2019, poiché la norma si applica unicamente alla diversa ipotesi in cui, a seguito di un’operazione imponibile, l’Iva sia stata erroneamente corrisposta sulla base di un’aliquota maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta e non anche al caso di illegittima detrazione.

Tuttavia la Corte, aderendo al principio di matrice eurounitaria di proporzionalità della sanzione (secondo cui è necessario tener conto della natura e della gravità dell’infrazione e determinare la sanzione in modo da raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno, con il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell’unione) e valutate le circostanze del caso concreto, ha ritenuto possibile ridurre alla metà del minimo la sanzione irrogata sulla base dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 7 del Dlgs n. 472/1997 (cfr Corte costituzionale, sentenza n. 46/2023).

In conclusione
La sentenza dei giudici lombardi appare significativa in quanto, partendo dal presupposto che l’esenzione, di cui all’articolo 10, comma 1 n. 20, del Dpr n. 633/1972, è intesa a facilitare l’accesso alle prestazioni connesse all’insegnamento, evitando l’aumento dei costi che si verificherebbe nel caso del loro assoggettamento all’Iva, pone alcuni punti fermi sulla concreta operatività della stessa valorizzando, da un lato, le caratteristiche essenziali che portano a ritenere che il Fondo Formatemp abbia natura pubblicistica, nonostante la formale veste giuridica privata; dall’altro, le modalità di verifica dei progetti che consentono di reputare integrato il requisito del controllo sulla finalità dei corsi e, in conclusione, il rispetto del requisito soggettivo richiesto dalla norma.
Inoltre la pronuncia si rivela apprezzabile anche nella parte in cui modula la sanzione alla luce dei pregnanti principi in tema di proporzionalità, espressi dalla giurisprudenza nazionale ed europea.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale