Lo stop al rimborso è rimosso con la prova del diritto maturato

Lo stop al rimborso è rimosso con la prova del diritto maturato

Nelle controversie che hanno come oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo o del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza, il contribuente riveste il ruolo di attore in senso non solo formale ma anche sostanziale, con l’effetto che grava su quest’ultimo l’onere di provare e documentare il fatto costitutivo del diritto al rimborso. Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 25859 del 5 settembre 2023, valido anche nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria sia già in possesso della documentazione probatoria, non ravvisandosi in tal caso alcuna violazione all’articolo 6, comma 4, della legge n.  212/2000 (Statuto del contribuente).

La sentenza
Il ricorso introduttivo è stato proposto da una società contro il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate in merito a una istanza di rimborso relativa a un credito Irpeg esposto in dichiarazione. I giudici di entrambi i gradi di giudizio hanno accolto le doglianze della società, ritenendo l’ufficio decaduto dal potere di disconoscere il credito o di rettificarlo, essendo scaduti i termini per l’accertamento.
La controversia è giunta dinanzi alla Cassazione che ha ritenuto fondati i motivi opposti dall’Amministrazione finanziaria alla luce del principio di diritto espresso nella sentenza a sezioni unite del Collegio di legittimità n. 5069/2016, secondo cui l’Agenzia può opporre il diniego di rimborso per questioni di merito anche spirato il termine decadenziale per l’accertamento non trovando applicazione, in questa fattispecie, i relativi termini.
Il giudice del rinvio ha tuttavia respinto il successivo appello delle Entrate, osservando che l’ufficio finanziario, a fronte dell’esplicita domanda di rimborso presentata dalla società, avesse assunto una posizione di totale inerzia, manifestando il convincimento che l’onere probatorio spettasse esclusivamente alla parte contribuente.

L’Amministrazione finanziaria ha impugnato la sentenza della Ctr, sostenendo che l’ufficio erariale avesse contestato sin dal primo grado di giudizio l’istanza di rimborso e che la richiesta di documentare l’esistenza del credito è in linea con l’onere posto a carico della contribuente di dimostrare il fatto costitutivo della pretesa azionata in giudizio, in quanto parte attiva del rapporto che si instaura per effetto della domanda di rimborso.

La Corte di cassazione, nel ritenere fondato il motivo di ricorso proposto dalla parte erariale, ha spostato il thema decidendum dalla questione circa la presunta inerzia dell’Amministrazione finanziaria al tema del silenzio-rifiuto formatosi su tale istanza. In effetti, la richiesta avanzata dall’ufficio, di produrre la documentazione idonea ad attestare il diritto al rimborso, non comporta alcuna ricaduta sulla ripartizione dell’onere probatorio.
È oramai consolidato il principio in base al quale, nel caso in cui la controversia riguardi l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo o del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza, il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche sostanziale e, di conseguenza, grava su quest’ultimo l’onere di provare e documentare il fatto costitutivo del diritto al rimborso.
Le argomentazioni con cui il Fisco nega la sussistenza di detti fatti o la qualificazione a essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale, inquadrandosi, invece, nell’ambito della collaborazione che deve sussistere tra Amministrazione finanziaria e contribuente, come un invito rivolto alla parte a provare l’esistenza del credito.

La Corte di cassazione ha ulteriormente precisato che tale principio vale anche nell’ipotesi in cui l’ufficio sia già in possesso della documentazione probatoria, non essendoci alcuna violazione all’articolo 6, comma 4, della legge n.  212/2000. In tale prospettiva, infatti, non è configurabile alcuna violazione del divieto di chiedere al contribuente documenti già in possesso dell’Amministrazione finanziaria come prevede la norma richiamata, che, peraltro, presuppone che la documentazione sia già sicuramente in possesso dell’Agenzia o che, comunque, il contribuente ne dichiari e provi l’avvenuta trasmissione all’Amministrazione finanziaria.

Il peculiare rapporto che si instaura nei procedimenti di rimborso, che si direbbe a ruoli invertiti rispetto a quello che si forma nell’ambito dei provvedimenti costituenti esercizio della potestà impositiva, ha riflessi anche sugli obblighi di motivazione del provvedimento espresso di diniego.
Al riguardo, la recedente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che alla motivazione del provvedimento di rigetto non può attribuirsi un carattere di esaustività, in quanto si tratta di un rapporto in cui l’ufficio assume il ruolo passivo di colui che “resiste” alla pretesa creditoria del contribuente. In tale ipotesi deve ritenersi sufficiente e adeguata una motivazione del diniego di rimborso che delinei gli aspetti essenziali delle ragioni del provvedimento, anche limitandosi ad affermare l’insussistenza dei presupposti di legge per operare il rimborso richiesto.

In altre parole il provvedimento di diniego al rimborso si ritiene adeguatamente motivato qualora delinei gli aspetti essenziali delle ragioni del provvedimento, anche limitandosi ad affermare l’insussistenza dei presupposti di legge per operare il rimborso richiesto. Ciò in quanto, come chiarito in precedenza, spetta al contribuente, parte attiva del rapporto, fornire la prova del fatto costitutivo del diritto al rimborso. (così Cass. n. 20732 del 18 luglio 2023).



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale