Per la scissione parziale con fusione no alla neutralità fiscale condizionata

Per la scissione parziale con fusione no alla neutralità fiscale condizionata

Secondo i giudici comunitari non si può subordinare l’applicazione del regime di neutralità fiscale previsto dalla direttiva in caso di scissione parziale a condizioni relative alla diminuzione della partecipazione del socio della società conferente in tale società o alla riduzione del capitale sociale di quest’ultima. È la conclusione della sentenza della Corte Ue causa C 318/22, 16 novembre 2023.

La fattispecie e le questioni pregiudiziali
La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla controversia in esame verte sull’interpretazione dell’articolo 1, lettera a), e dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/133/Ce del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sul regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una Se e di una Sce tra Stati membri.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società alla amministrazione tributaria ungherese in relazione alle conseguenze fiscali, per tale società, di un’operazione di scissione parziale con fusione per incorporazione effettuata all’interno di società da essa detenute, nel contesto della riorganizzazione globale di un gruppo societario.
È quindi sorta una controversia e la questione è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue alcune questioni.

La prima questione   
Con la sua prima questione, il giudice a quo chiede, in sostanza, se l’articolo 1, lettera a), della direttiva 2009/133 debba essere interpretato nel senso che osta a che il legislatore nazionale tratti allo stesso modo le operazioni puramente interne e le operazioni che coinvolgono società di Stati membri diversi, nel caso in cui tale legislatore non abbia operato una distinzione tra queste due categorie di operazioni nelle disposizioni adottate per recepire tale direttiva.
In particolare, si chiede, in sostanza, se, in sede di trasposizione di una direttiva, il legislatore nazionale possa scegliere di applicare il medesimo trattamento alle situazioni disciplinate da tale direttiva e alle situazioni puramente interne e se la Corte sia competente ad interpretare le disposizioni di tale direttiva sulla base dell’articolo 267 Tfue in un caso in cui la situazione abbia carattere puramente interno.

A tal proposito, il legislatore nazionale può conformarsi, per le soluzioni che apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate dal diritto dell’Unione. In tal caso, sussiste un interesse, dal punto di vista di tale diritto, a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate.
Ai sensi dell’articolo 1, lettera a), della direttiva 2009/133, quest’ultima si applica solo alle operazioni, in particolare di scissione parziale, che coinvolgono società di due o più Stati membri.
Tuttavia, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il legislatore ungherese non ha operato una distinzione, nelle disposizioni interne adottate per la trasposizione della direttiva 2009/133, tra il trattamento fiscale delle operazioni di scissione parziale che intervengono in un contesto puramente interno e il trattamento fiscale di tali operazioni quando esse coinvolgono società di Stati membri diversi.
Ciò premesso, la Corte Ue ritiene che, in sede di trasposizione di una direttiva, il legislatore nazionale può scegliere di applicare lo stesso trattamento alle situazioni disciplinate da tale direttiva e alle situazioni puramente interne, ove la Corte è allora competente, sulla base dell’articolo 267 Tfue, ad interpretare le disposizioni di detta direttiva in un caso in cui la situazione oggetto del procedimento principale abbia carattere puramente interno.

La seconda e la terza questione
Con la seconda e la terza questione, che la Corte Ue esamina congiuntamente, il giudice ‘a quo’ chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/133 debba essere interpretato nel senso che esso consente di subordinare l’applicazione del regime di neutralità fiscale previsto da tale direttiva in caso di scissione parziale a condizioni relative alla diminuzione della partecipazione del socio della società conferente in tale società o alla riduzione del capitale sociale di quest’ultima.
Ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2009/133, costituisce una scissione parziale l’operazione tramite la quale una società trasferisce, senza essere sciolta, uno o più rami di attività ad una o più società preesistenti o nuove, lasciando almeno un ramo di attività nella società conferente, in cambio dell’attribuzione ai suoi soci, secondo un criterio proporzionale, di titoli rappresentativi del capitale sociale delle società beneficiarie del conferimento e, eventualmente, di un saldo in contanti.

L’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva prevede, dal canto suo, che, nel caso di una scissione parziale, l’assegnazione a un socio della società conferente di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria non deve di per sé comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze del socio.
Né tali disposizioni né le altre disposizioni della direttiva 2009/133 subordinano l’applicazione del regime di neutralità fiscale previsto all’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva alla diminuzione del valore nominale o della percentuale di partecipazione del socio della società conferente in quest’ultima società, o alla condizione che l’operazione di scissione parziale si traduca in una riduzione del capitale sociale di quest’ultima piuttosto che in una diminuzione dei suoi utili riservati.
L’articolo 8, paragrafo 5, della direttiva 2009/133 impone soltanto al socio della società conferente, per beneficiare dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva, di non attribuire alla somma dei titoli ricevuti e dei titoli detenuti nella società conferente un valore fiscale superiore al valore che i titoli detenuti nel capitale della società conferente avevano immediatamente prima della scissione parziale.

La Corte Ue osserva che, a differenza dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2009/133, che riguarda le operazioni di fusione, scissione e scambio di azioni, l’articolo 2, lettera c), e l’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva, che riguardano specificamente le operazioni di scissione parziale, fanno riferimento soltanto all’attribuzione al socio della società conferente di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria del conferimento, corrispondenti alle attività e passività trasferite. Tali disposizioni non menzionano invece le conseguenze di tale operazione sulla partecipazione detenuta da tale socio nella società conferente o sul capitale sociale della società conferente.

Inoltre, il subordinare il beneficio del regime di neutralità fiscale previsto all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/133 alla diminuzione della percentuale di partecipazione del socio della società conferente in tale società porterebbe ad escludere l’applicazione di tale regime nel caso in cui tale società fosse detenuta da un socio unico, mentre tale direttiva non prevede tale esclusione.
Ciò premesso, risulta che il regime di neutralità fiscale di cui deve beneficiare ogni operazione di scissione parziale prevista dalle disposizioni della direttiva 2009/133 non può essere subordinato ad una condizione non prevista da tale direttiva, quale la diminuzione della percentuale di partecipazione del socio della società conferente in tale società o la riduzione del capitale sociale di quest’ultima.
Infatti, l’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva non lascia agli Stati membri alcun margine di manovra in sede di trasposizione, consentendo loro di subordinare il beneficio del regime di neutralità fiscale da essa previsto a condizioni aggiuntive rispetto a quelle previste dal capo II della stessa direttiva.
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/133 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordina il beneficio di tale disposizione a condizioni relative alla diminuzione della partecipazione del socio della società conferente in tale società o alla riduzione del capitale sociale di quest’ultima, non previste da tale direttiva.
                                                                                                                                                    

Data sentenza

16 novembre 2023

Numero della causa

C- 318/22

Nome delle parti

GE Infrastructure Hungary Holding Kft.

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

 



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale