Valido il Pvc acquisito d’ufficio con richiesta del primo giudice

Valido il Pvc acquisito d’ufficio con richiesta del primo giudice

In tema di contenzioso tributario, ove un documento venga acquisito attraverso un ordine giudiziale di esibizione, nel susseguente giudizio d’appello, in applicazione dei principi della verità materiale e dell’agevolazione probatoria, la parte può limitarsi a richiamarlo, senza che sia necessario produrlo, in quanto il documento è già entrato nel fascicolo d’ufficio ed è a disposizione della controparte, che può esercitare il suo diritto di difesa, e del giudice, che può utilizzarlo per la decisione.

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 34756, del 12 dicembre 2023, ha chiarito alcune rilevanti dinamiche processuali, in tema di acquisizione delle prove e rilevanza del fascicolo processuale.
Nel caso in esame, il contribuente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, che aveva accolto l’appello dell’ufficio nell’ambito di una controversia avente a oggetto l’impugnativa di un accertamento dei redditi per l’anno 2002.
I giudici di secondo grado, poi, ritenevano che l’ordine di esibizione, impartito dalla Commissione tributaria provinciale oltre il termine per il deposito dei documenti e riguardante il Pvc della Guardia di finanza, da cui era scaturito l’accertamento, non fosse lesivo del diritto di difesa del contribuente, trattandosi di atto a lui noto per averne avuto notifica.
 
Nell’impugnare quest’ultima pronuncia, il ricorrente deduceva che la Ctr aveva erroneamente ritenuto ammissibile la produzione, nel precedente grado di giudizio, del Pvc oggetto di ordine di esibizione da parte del giudice di primo grado e così acquisito oltre il termine per la produzione documentale.

Secondo la suprema Corte, tuttavia, la censura è infondata.
I giudici di legittimità, in particolare, evidenziano che il potere di indagine autonoma del giudice tributario è esercitabile, nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, quando gli elementi di giudizio, già in atti o acquisiti, non siano sufficienti per pronunziare una sentenza ragionevolmente motivata.
Questo potere sopravvive anche alla riconosciuta natura dispositiva del processo tributario, sancita dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 109/2007, che ha delineato i limiti dei poteri di cui all’articolo 7, comma 1, Dlgs n. 546/1992, anche a seguito dell’abrogazione del successivo comma 3 (che consentiva un vero e proprio potere d’ufficio in “supplenza” della parte probatoriamente inerte).
 
Vero è, rileva la Corte, che, con riguardo alla mancata produzione in giudizio del processo verbale di constatazione, la stessa Cassazione ha affermato, in alcune sue pronunce, che essa integra una carenza probatoria dell’ufficio e che il potere del giudice di disporre l’acquisizione di mezzi di prova non può essere utilizzato per supplire a carenze delle parti nell’assolvimento del rispettivo onere probatorio, essendo tale “supplenza” ammissibile solo in situazioni di oggettiva incertezza, in funzione integrativa degli elementi istruttori in atti.
Ma sempre la suprema Corte ha anche evidenziato che, qualora nel giudizio siano già presenti indizi sugli stessi fatti che una parte intende provare, l’ordine di integrazione probatoria da parte del giudice di merito è comunque possibile, a maggior ragione se, come appunto era anche nel caso in questione, il processo verbale sia già conosciuto dal contribuente, non introducendosi in tal caso nel processo alcun elemento nuovo (cfr Cassazione n. 12383/2021).

Tanto premesso, secondo la Cassazione, nel caso alla sua attenzione, il giudice di primo grado, ritenendo la ricorrenza dei presupposti di legge, aveva correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, disponendo l’esibizione del Pvc richiamato nella parte motiva dell’avviso di accertamento e, comunque, già notificato al contribuente.
La Ctr, poi, investita dell’appello dell’ufficio, che sosteneva la fondatezza della pretesa erariale emergente appunto dal Pvc acquisito in primo grado (e dagli ulteriori elementi indiziari prodotti), aveva correttamente ritenuto infondata la doglianza del contribuente sull’illegittimità dell’ordine di integrazione istruttoria.
 
Peraltro, aggiunge la Corte, in disparte la questione della legittimità o meno dell’ordine di esibizione del giudice di primo grado, nessun dubbio poteva porsi in ordine alla presenza, nel fascicolo d’ufficio, del medesimo Pvc, richiamato specificamente nell’atto di appello dell’Agenzia delle entrate quale prova principe della pretesa tributaria.
Sul punto, il collegio ritiene di superare la recente pronuncia della stessa Corte, con cui si è detto che “nel processo tributario, allorché un documento venga acquisito attraverso un illegittimo ordine giudiziale di sua esibizione a fronte di una lacuna probatoria della parte che ne viene onerata, quest’ultima, nel susseguente giudizio d’appello, ha l’onere di provvedere alla produzione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, del medesimo documento, già entrato nel fascicolo dell’ufficio, non potendo semplicemente limitarsi a richiamarlo, salvo che non alleghi la sua unicità e anche in tal caso dimostrando di averne previamente richiesto il rilascio di copia alla segreteria dell’ufficio giudiziario senza ricevere tempestiva risposta od ottenendo un diniego” (Cassazione, n. 17172/2023).

Tuttavia, rilevano i giudici, numerose pronunce di legittimità hanno ripetutamente affermato che, nel processo tributario, ai sensi dell’articolo 58, comma 2, del Dlgs n. 546/1992, la parte può produrre in appello prove documentali senza alcuna limitazione, anche se preesistenti al giudizio di primo grado (cfr Cassazione nn. 18907/2011, 7714/2013, 655/2014, 22776/2015, 27774/2017, 8927/2018, 17921/2021 e 33983/2022), dovendosi anche richiamare alcuni consolidati precedenti di legittimità (cfr Cassazione nn. 5607/2021, 16652/2018 e 5429/2018), secondo cui, nel processo tributario, l’inosservanza del termine (venti giorni liberi antecedenti l’udienza) per la produzione di nuovi documenti in appello è, comunque, sanata nel caso in cui il documento sia stato già depositato, “benché irritualmente“, nel giudizio di primo grado.

La ratio di tali decisioni, conclude la suprema Corte, risiede nel fatto che nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi prodotta deve considerarsi ormai acquisita, automaticamente e “ritualmente”, nel giudizio di impugnazione.
Pertanto, il documento, anche nel caso in cui sia stato illegittimamente o tardivamente acquisito in primo grado, proprio per l’inscindibilità dei fascicoli di parte con il fascicolo d’ufficio, entra nel procedimento di secondo grado e può essere utilizzato dal giudice di appello ai fini del decidere.
Tale orientamento di legittimità, aggiunge la Corte, ben si accorda peraltro con il principio di non dispersione (o di acquisizione) della prova del processo civile ordinario; principio riaffermato di recente anche dalle sezioni unite in tema di appello e da cui discende che il fatto storico rappresentato nei documenti prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo si ha per dimostrato e costituisce fonte di conoscenza per il giudice, spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio (cfr Cassazione, sezioni unite, n. 4835/2023).
E ciò, come detto, vale a maggior ragione nel processo tributario, dove i fascicoli di parte e d’ufficio sono per legge un tutt’uno inscindibile, tanto che, in tema di giudizio di cassazione, la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex articolo 369 cpc, comma 2, n. 4, della produzione del proprio fascicolo, e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio.
La Corte enuncia, pertanto, il seguente principio di diritto: “in tema di contenzioso tributario, ove un documento venga acquisito attraverso un illegittimo ordine giudiziale di sua esibizione a fronte di una lacuna probatoria della parte che ne viene onerata, quest’ultima, nel susseguente giudizio d’appello, in applicazione dei principi della verità materiale e dell’agevolazione probatoria, può limitarsi a richiamarlo, senza che sia necessario produrlo con le modalità di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto il documento medesimo è già entrato nel fascicolo d’ufficio ed è a disposizione della controparte, che può esercitare il suo diritto di difesa”.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale