Scelte strategiche in Italia, la società estera è residente

Scelte strategiche in Italia, la società estera è residente

La sede amministrativa, centro decisionale, è a Firenze. Il giudice d’appello ha correttamente esaminato e valorizzato diversi elementi rilevatori della residenza italiana della società estera, che però non ha presentato le dichiarazioni fiscali. Per la Cassazione, gli avvisi d’accertamento sono legittimi.

La vicenda controversa scaturisce dalla circostanza, per cui una società di diritto lussemburghese impugnava diversi avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta dal 1996 al 2003, con i quali – previo Pvc innescato da una verifica a carico di altra società, holding dello stesso gruppo – si contestava l’esterovestizione societaria e, stante l’omesso deposito delle dichiarazioni fiscali, venivano induttivamente recuperate maggiori imposte dirette e Iva e applicate sanzioni.

La Ctp di Firenze respingeva i ricorsi riuniti.
La Ctr della Toscana rigettava l’appello della società, ritenendo correttamente eseguita la notificazione presso la sede operativa in Italia e nei confronti dell’amministratore di fatto. Ha, poi, ritenuto operante, nel caso in esame, la proroga del potere di accertamento per omessa produzione di redditi in Italia e ha ritenuto non violato l’articolo 7 dello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000), non discendendo “alcuna conseguenza dalla asserita omessa replica dell’ufficio alle osservazioni del contribuente”. Il giudice d’appello ha, inoltre, ritenuto l’atto correttamente motivato e fondato, nel merito, su diversi elementi indiziari, che avrebbero dimostrato la localizzazione in Italia e, precisamente, a Firenze del luogo “dove si prendono le decisioni fondamentali del management”.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, cui ha resistito l’ufficio con controricorso.
I giudici di legittimità, con sentenza n. 35085 del 14 dicembre 2023, hanno rigettato il ricorso, con condanna della società al pagamento delle spese processuali.

La questione controversa dirimente, affrontata dalla Cassazione, attiene il motivo di ricorso, con il quale la società lussemburghese deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 73, terzo comma, del Tuir e dei principi dell’Unione in tema di libertà di stabilimento (articoli 43, 48 Tfue), dovendosi avere riguardo alla sede effettiva, previa valorizzazione di comportamenti abituali ed esteriorizzati, come evidenziato dal paragrafo 24.1 del Commentario al modello di Convenzione Ocse contro la doppia imposizione. Elementi che, a detta della ricorrente, non sarebbero stati valorizzati dal giudice d’appello.

Sul punto, la Corte ha ritenuto la doglianza inammissibile e infondata, nella parte in cui viene dedotta l’erronea localizzazione in Italia del centro direttivo dell’impresa della società ricorrente.
Secondo il diritto dell’Unione, la nozione di “stabilimento”, ai sensi delle disposizioni del Tfue relative alla libertà di stabilimento, implica l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, per mezzo dell’insediamento in pianta stabile nello Stato membro di accoglienza, che presuppone, pertanto, un insediamento effettivo dell’operatore interessato in tale Stato e l’esercizio, nel medesimo, di un’attività economica reale (Cgue, 2 settembre 2021, TP, C-502/20, punto 32; Cgue, 22 novembre 2018, Vorarlberger Landes und Hypothekenbank, C‑625/17, punto 35).

Nella specie, il giudice d’appello ha esaminato e valorizzato diversi elementi (venticinque) rilevatori della residenza amministrativa, attinenti al luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche dell’impresa, industriali e finanziarie nonché di programmazione (cfr Cassazione, pronuncia n. 11036/2021), accertando una “divergenza fra i poteri di amministrazione formale ed i poteri sostanziali di management esercitati nella sede fiorentina”.

In conclusione, il ricorso è stato ritenuto non meritevole di accoglimento, in quanto viene valorizzato il criterio sostanziale della sede dell’amministrazione previsto dalle norme interne e dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Accertata la residenza italiana della società, in merito al riconoscimento del credito per le imposte assolte all’estero la suprema Corte conferma, che la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata.
Nel caso in argomento, non avendo la società presentato in Italia la dichiarazione dei redditi, l’utilizzo dell’eventuale credito di imposta sarebbe precluso.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale