Residenza temporanea in carcere: valida la notifica alla moglie

Residenza temporanea in carcere: valida la notifica alla moglie

Quando la notifica postale risulta eseguita nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto da notificare, si presume che in quel luogo si trovino la residenza effettiva o la dimora o il domicilio del destinatario, e la notificazione si intende valida. L’interessato, che intende contestare in giudizio tale circostanza al fine di far dichiarare la nullità della notificazione stessa, ha l’onere di fornirne idonea prova contraria, la quale, però, non può essere costituita dalla produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza difforme rispetto al luogo in cui è stata effettuata la notificazione.

Questo il principio di diritto rinvenibile nella sentenza della Corte di cassazione n. 34824 dello scorso 13 dicembre, in fattispecie ove la consegna dell’atto era avvenuta nelle mani della moglie del destinatario in quel momento detenuto in carcere.

La vicenda processuale
Un contribuente impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Palermo la cartella di pagamento, avente a oggetto iscrizione a ruolo per imposta di registro, oltre interessi e sanzioni, in conseguenza di avviso di rettifica e liquidazione emesso nell’anno 2006.
La pronuncia di prime cure, che aveva respinto il ricorso, veniva appellata dinanzi al collegio regionale della Sicilia, il quale, con sentenza n. 1799/12/2018 del 24 aprile 2018, confermava il verdetto sfavorevole alla parte privata.
Quest’ultima proponeva ricorso per cassazione ove, per quanto di più specifico interesse in questa sede, eccepiva che la sentenza del giudice di prossimità aveva erroneamente ritenuto valida la notifica dell’avviso di liquidazione effettuata a mani di familiare convivente del destinatario (legale rappresentante della società ricorrente), pur in mancanza di prova circa la riconducibilità del luogo di consegna al domicilio fiscale della parte e nonostante, alla data della notifica, l’interessato fosse detenuto in carcere.

La pronuncia della Corte
Il giudice di nomofilachìa ha disatteso le illustrate censure, osservando che, in ragione della circostanza che la consegna dell’atto era stata eseguita dal postino presso l’abitazione del legale rappresentante della società, nelle mani della moglie dichiaratasi capace e convivente, “ai sensi dell’art. 7 della legge 20.11.1982, n. 890, deve presumersi che l’atto sia giunto a conoscenza dello stesso, restando irrilevante (anche) ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall’art. 139 c.p.c., in quanto il problema della identificazione del luogo ove è stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell’atto, con la conseguente irrilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l’onere di fornire”.
In altri termini, prosegue il Collegio supremo, quando la notifica postale risulti eseguita nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto da notificare, “è da presumere che in quel luogo si trovino la residenza effettiva o la dimora o il domicilio del destinatario, laddove, qualora quest’ultimo intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di far dichiarare la nullità della notificazione stessa, ha l’onere di fornirne idonea prova contraria, la quale, però, non può essere costituita dalla produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza difforme rispetto al luogo in cui è stata effettuata la notificazione”.

Anche la doglianza circa la detenzione in carcere del destinatario alla data della notifica è stata ritenuta non accoglibile e, quindi, inidonea a viziare la notifica, osservandosi in proposito che “la residenza non si perde per effetto di un allontanamento più o meno protratto nel tempo salvo che la persona non abbia fissato altrove una nuova dimora abituale e quindi una nuova residenza”, risultando dunque conforme a diritto la notifica a persona detenuta effettuata, nelle mani di persona di famiglia, nel luogo di residenza (sul punto, l’odierno arresto richiama il proprio precedente di cui a Cass., n. 9279/1998).

Osservazioni
Secondo quanto previsto nell’articolo 7, comma 2, della legge n. 890/1982, se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, “il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni. In mancanza delle persone indicate al periodo precedente, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario”.

Per identica fattispecie, l’articolo 139 cpc prevede una disciplina speculare stabilendo che, se il destinatario non viene trovato presso il suo recapito (casa di abitazione o luogo in cui il medesimo “ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio”), l’agente notificatore “consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, allo ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace”, o, in mancanza di queste, “al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla”.

Rispetto a tali previsioni, la Corte suprema ha specificato che per la validità della notifica è sufficiente che la presenza del consegnatario presso l’indirizzo dell’interessato non sia meramente occasionale o temporanea (la “non occasionalità” si presume dalla accettazione senza riserve dell’atto e dalle dichiarazioni recepite nella relata di notifica – Cassazione, pronunce n. 11228/2021 e n. 22687/2019); occorre, altresì, l’esistenza di un vincolo (di parentela, affinità o coniugio) tale da giustificare la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario (Cassazione, n. 13088/2022 e nn. 27661, 20275, 19831 e 11228 del 2021).
Analogamente, con riguardo al concetto di persona “di famiglia”, la Cassazione ha osservato che il rapporto di convivenza, almeno provvisorio, può essere presunto, gravando sul destinatario l’onere della prova contraria, sulla base del fatto che il familiare si sia trovato nell’abitazione del destinatario e abbia preso in consegna l’atto da notificare. La nullità della notifica non può, quindi, derivare dalla mancata indicazione sull’avviso di ricevimento della qualità di convivente del consegnatario o dal fatto che la convivenza non sia attestata nello stato di famiglia (Cassazione, nn. 37259, 28295, 24880 del 2021 e n. 20057/2020).
In queste ipotesi, il destinatario che voglia contestare la validità della notifica deve provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità innanzi indicate e l’occasionalità della presenza dello stesso consegnatario, con la precisazione che, per invalidare la notificazione, non è sufficiente la sola prova di una diversa residenza anagrafica del consegnatario (Cassazione, n. 13088/2022 e nn. 37398, 20275, 19831 e 11228 del 2021).

In definitiva, la pronuncia in commento ribadisce una regula iuris consolidata anche con riguardo a una fattispecie decisamente singolare, perché caratterizzata dalla circostanza che il destinatario dell’atto era persona che, al momento della notificazione, era detenuta in carcere.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale