Prova d’inerenza al contribuente, se manca, l’accertamento è valido

Prova d’inerenza al contribuente, se manca, l’accertamento è valido

La deducibilità di costi e oneri, come pure la detraibilità della relativa Iva, richiedono l’inerenza all’attività d’impresa. Nel caso in esame, la Ctr ha compiuto precisi accertamenti fattuali, con riferimento alla non inerenza all’attività di impresa della contribuente dei costi di sponsorizzazione, mentre la società non ha dimostrato il contrario.

Con sentenza della Ctr del Veneto veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e riformata la sentenza della Ctp di Treviso, la quale aveva a sua volta accolto il ricorso introduttivo notificato a una Spa, relativo a un avviso d’accertamento, con il quale l’Amministrazione finanziaria riprendeva nei confronti della società maggiori imposte dirette, Irap e Iva e irrogava le conseguenti sanzioni, oltre ad accessori, per l’anno di imposta 2007.

Le riprese traevano origine da una verifica fiscale conclusasi con la redazione di un pvc, in seno al quale era stata contestata l’esistenza, certezza e inerenza all’attività di impresa di determinati costi.
In particolare, venivano contestati costi per sponsorizzazioni legate a determinati eventi sportivi per 50mila euro, ritenuti non documentati; costi per provvigioni corrisposte ad agenti operanti a Cuba per 27.848,76 euro, ritenuti non documentati; costi di sponsorizzazione ritenuti non inerenti pari a 115mila euro, corrisposti dalla contribuente a una Srl.

Il giudice di primo grado aveva ritenuto che, nel merito, la società avesse fornito la documentazione necessaria al fine di dimostrare l’effettiva esistenza e inerenza delle prestazioni di sponsorizzazione, come pure con riferimento ai costi per le provvigioni degli agenti, sulla base di fatture di vendita di prodotti della società in quell’area.
La decisione veniva integralmente riformata in appello, con conseguente indeducibilità dei costi suddetti ai fini delle imposte dirette e indetraibilità dell’Iva corrispondente.
Avverso la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo sette motivi, cui ha replicato l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Con l’ordinanza n. 34044 del 5 dicembre scorso, i supremi giudici hanno rigettato il ricorso con condanna della parte alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.
In linea generale, la Corte ha rammentato, che in tema di imposte sui redditi delle società (cfr Cassazione, sentenza n. 24880/2022), la deducibilità di costi e oneri, come pure la detraibilità della relativa Iva (cfr Cassazione, ordinanza n. 14858/2018 e sentenza n. 18904/2018), richiedono l’inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale. Sono così esclusi quelli che si collocano in una sfera estranea a essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità – anche solo potenziale e indiretta – secondo una valutazione qualitativa e non quantitativa. La relativa prova, in caso di contestazioni dell’Amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente.

Nel caso in esame, la Ctr ha compiuto precisi accertamenti fattuali, con riferimento alla non inerenza all’attività di impresa della contribuente dei costi di sponsorizzazione corrisposti alla Srl.
L’aspetto preponderante che ha condotto la Cassazione nel ritenere non meritevole di accoglimento il ricorso proposto attiene alla censura sollevata – e ritenuta infondata dai supremi giudici – in relazione alla violazione o falsa applicazione dell’articolo 41-bis del Dpr n. 600/1973 da parte della Ctr, nella parte in cui afferma che le motivazioni a sostegno dell’accertamento risultano esaustive, mentre a dire della ricorrente l’articolo 41-bis postula il possesso, da parte dell’Amministrazione, di elementi certi da cui desumere errori od omissioni di elementi reddituali ai quali devono ritenersi estranee le ricostruzioni induttive da cui trae origine la presunzione (ex articolo 39 del Dpr n. 600/1973).

La Corte di legittimità la quale ha rigettato detta doglianza, non è dello stesso avviso.
L’accertamento parziale, di cui all’articolo 41-bis, è uno strumento procedurale diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile e non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli articoli 38 e 39 del Dpr n. 600/1973 e 54 e 55 del Dpr n. 633/1972.
Esso costituisce una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, inclusa la prova presuntiva, per cui non è condivisibile la prospettazione della parte ricorrente, secondo cui, nel caso in esame, non basterebbero le presunzioni a fondare le riprese, ma queste dovrebbero necessariamente poggiare su elementi certi.
Sono al contrario idonei e sufficienti gli elementi presuntivi, per interpretazione giurisprudenziale della Corte di legittimità (cfr Cassazione, pronunce nn. 28681/2019 e 21984/2015), condivisa dal collegio e a cui è stata data ulteriore continuità.
Nel merito, difatti, la Cassazione ha preso atto che il giudice del merito ha correttamente accertato che gli esborsi non erano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti della contribuente; né è risultata una specifica attività a tal fine posta in essere dal beneficiario dell’esborso utile sotto il profilo cronologico, sia con riferimento alla certezza del costo sia quanto al contenuto della prestazione medesima.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale