Corte Ue: nelle operazioni “intra” la sostanza prevale sulla forma

Corte Ue: nelle operazioni “intra” la sostanza prevale sulla forma

La Corte di giustizia Ue, con la sentenza del 29 febbraio 2024, causa C-676/2022, ha stabilito che la direttiva Iva obbliga a negare l’esenzione dall’imposta a un fornitore stabilito in uno Stato membro, che abbia ceduto merci a destinazione di un altro Stato membro, allorché il fornitore non ha dimostrato che le merci erano state cedute a un destinatario avente la qualità di soggetto passivo in quest’ultimo Stato membro e mancano i dati per verificare che detto destinatario avesse tale qualità. 

Una società ceca effettuava cessioni di olio di colza, destinate in Polonia. All’esito di una verifica fiscale, l’Amministrazione finanziaria ceca constatava che la compagine, nel periodo interessato, non aveva dimostrato, sulla base dei documenti forniti, che essa soddisfaceva le condizioni per godere dell’esenzione dall’Iva. Pur non contestando l’effettiva realizzazione del trasporto dei beni in questione a destinazione di un altro Stato membro, l’Amministrazione riteneva che la società non avesse dimostrato di aver trasferito il diritto di disporre di tali beni, come proprietario, alle persone presentate nei documenti fiscali come destinatarie e neppure che detti beni fossero stati ceduti a una persona registrata fiscalmente in un altro Stato membro. L’Amministrazione tributaria riteneva, in definitiva, che la società non soddisfacesse le condizioni per godere del diritto all’esenzione: quindi, con relativi avvisi di accertamento, constatava che, per il periodo in questione, l’importo dell’Iva doveva essere maggiorato. 

A seguito di reclamo della società, la direzione delle finanze lo respingeva. 
La società, allora, adiva le vie giudiziarie, proponendo ricorso alla Corte regionale di Praga, che, nel respingere il ricorso, confermava i rilievi. La compagine, allora, proponeva ricorso per cassazione. 

Questione pregiudiziale 
Il giudice di ultima istanza, ritenuto un possibile contrasto della normativa nazionale con il diritto europeo, ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale: se l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva Iva, alla luce della giurisprudenza europea, debba essere interpretato nel senso che il diritto esercitato per l’esenzione dall’Iva, sulla cessione di beni verso un altro Stato membro dell’Unione europea, deve essere negato, senza che l’Amministrazione tributaria sia tenuta a dimostrare che il fornitore dei beni sia coinvolto in una frode Iva, quando il fornitore non ha dimostrato che i beni sono stati ceduti a un destinatario concreto in un altro Stato membro dell’Ue indicato nei documenti fiscali e avente la qualità di soggetto passivo, anche se, alla luce degli elementi di fatto e delle informazioni fornite dal soggetto passivo, sono disponibili le informazioni necessarie per verificare che il reale destinatario aveva tale qualità nell’altro Stato membro dell’Ue. 

Sentenza 
Gli eurogiudici premettono che l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva Iva, prevede l’obbligo per gli Stati membri di esentare le cessioni di beni che soddisfano le condizioni ivi elencate. 

Per quanto riguarda la qualificazione di un’operazione come cessione intracomunitaria, rientrano in tale nozione e sono esenti, alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni delle cessioni considerate e per prevenire ogni possibile evasione, elusione o abuso, le cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di uno Stato membro, ma all’interno dell’Unione, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo o per un ente non soggetto passivo, che agisce, in quanto tale, in uno Stato membro diverso da quello di partenza della spedizione o del trasporto dei beni. 

Tuttavia, precisa la Corte, l’esenzione dall’Iva di un’operazione è subordinata alla condizione che il potere di disporre di un bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente, che il fornitore dimostri che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito alla spedizione o al trasporto, detto bene abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto. 

D’altra parte, come risulta dall’articolo 139, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva Iva, l’esenzione da tale imposta è subordinata alla condizione, che la cessione non sia effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo, i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’Iva. 

Pertanto, al di fuori di tali condizioni, relative specificamente allo status di soggetto passivo, al trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario e allo spostamento fisico dei beni da uno Stato membro a un altro, non può essere imposto nessun altro requisito per qualificare un’operazione come cessione intracomunitaria di beni, restando inteso che la nozione di cessione intracomunitaria ha carattere oggettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi. 

In sostanza, il principio di neutralità fiscale esige che l’esenzione dall’Iva sia accordata se sono soddisfatte tali condizioni sostanziali, anche se taluni requisiti formali sono stati omessi dai soggetti passivi. 

Il caso 
Nel caso in esame, osserva la Corte, l’Amministrazione tributaria aveva negato alla società la possibilità di fruire dell’esenzione dall’Iva, in quanto detta società non aveva dimostrato che le merci in questione erano state cedute ai destinatari dichiarati nei documenti fiscali, né che tali merci erano state cedute a un soggetto registrato, ai fini dell’Iva, in un altro Stato membro. 

In ogni caso, il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell’esenzione dall’Iva, da un soggetto passivo che abbia partecipato, intenzionalmente, a una frode fiscale che abbia messo in pericolo il funzionamento del sistema comune dell’Iva. Inoltre, la violazione di un requisito formale può portare al diniego dell’esenzione dall’Iva, se tale violazione ha come effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali. 

Ciò posto, gli eurogiudici ricordano che, in mancanza di una disposizione, nella direttiva Iva, riguardante le prove che i soggetti passivi sono tenuti a fornire per fruire dell’esenzione dall’Iva, spetta agli Stati membri fissare le condizioni, in presenza delle quali essi esentano le operazioni intracomunitarie per assicurare la corretta e semplice applicazione di dette esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto. che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, nel novero dei quali rientrano i principi di certezza del diritto e di proporzionalità, contemperato anche, dopo l’abolizione del controllo alle frontiere tra gli Stati membri, che risulta difficile per l’Amministrazione tributaria verificare se le merci abbiano o meno lasciato fisicamente il territorio di uno Stato membro. 

Dai fatti sottoposti al loro esame, i togati comunitari osservano, che la circostanza che le merci siano state ricevute da entità diverse da quelle menzionate nei documenti fiscali potrebbe indicare che esse sono state oggetto di un’operazione commerciale, il cui momento può essere determinante per l’applicazione dell’esenzione. La qualificazione come cessione intracomunitaria della cessione effettuata dal fornitore che applica l’esenzione indicata nei documenti fiscali, dipende, infatti, dalla questione se il trasporto possa effettivamente essere imputato a tale cessione. 

In ogni caso, ai fini dell’esenzione dall’Iva, le autorità tributarie devono tenere debitamente conto di tutti gli elementi in loro possesso, al fine di esaminare se tali documenti possano, eventualmente, dimostrare la verosimile esistenza di una cessione effettiva delle merci trasportate in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza del trasporto o della spedizione. 

Peraltro, alla luce del principio di neutralità fiscale, non si può esigere che il soggetto passivo, per poter esercitare il suo diritto all’esenzione dall’Iva, qualora non sia stato identificato il destinatario dei beni interessati, provi, in tutti i casi, che tale destinatario ha la qualità di soggetto passivo allorché risulta in modo certo dalle circostanze di fatto che detto destinatario aveva necessariamente tale qualità. 

In tali situazioni – conclude la Corte di giustizia – è compito delle autorità tributarie e dei giudici nazionali competenti verificare, sulla base di tutti i documenti prodotti, compresi i documenti che si trovavano in possesso del fornitore, se siano soddisfatte le condizioni sostanziali per fruire dell’esenzione dall’Iva. 

In definitiva, solo nel caso in cui, tenuto conto delle circostanze di fatto, e nonostante gli elementi forniti dal soggetto passivo, facciano difetto i dati necessari per verificare che siano soddisfatte le condizioni previste all’articolo 138, paragrafo 1 direttiva Iva, deve essere negata al soggetto passivo la possibilità di fruire dell’esenzione dall’Iva, senza che l’Amministrazione tributaria sia tenuta a dimostrare che tale soggetto passivo era coinvolto in una frode all’Iva. 

Conclusioni 
L’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che si deve negare l’esenzione dall’Iva a un fornitore stabilito in uno Stato membro, che abbia ceduto merci a destinazione di un altro Stato membro, allorché tale fornitore non ha dimostrato che le merci erano state cedute a un destinatario avente la qualità di soggetto passivo in quest’ultimo Stato membro e, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti dal fornitore, mancano i dati necessari per verificare che detto destinatario avesse tale qualità. 

Fonte:
Data della sentenza 
29 febbraio 2024 

Numero della causa: 
Causa C-676/2022 

Nome delle parti: 
B2 Energy s.r.o. 
contro 
Odvolací finanční ředitelství



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale