No all’esenzione Imu, per gli alloggi locati dello Iacp

No all’esenzione Imu, per gli alloggi locati dello Iacp

L’esenzione dall’imposta municipale unica (Imu) si applica agli immobili di enti pubblici o privati, che non abbiano come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali e solamente qualora negli stessi venga svolta esclusivamente attività di assistenza sociale o altra attività a questa equiparata dal legislatore (articolo 7, comma 1, lettera i), del Dlgs n. 504/1992.

È quanto ha stabilito, accogliendo le tesi dell’Amministrazione finanziaria, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, con la sentenza n. 5782/2023.

Facendo applicazione di tale principio, i giudici di merito partenopei hanno respinto un appello proposto dall’Istituto autonomo per le case popolari della provincia di Caserta, non riconoscendo il diritto all’esenzione dall’Imu, per gli alloggi concessi in locazione da parte dello Iacp, in considerazione del carattere economico dell’attività di locazione commerciale che è da riconoscere ai medesimi immobili, pur se connotata anche dalla funzione assistenziale degli stessi.

Il caso, il primo ricorso e l’appello
Con apposito avviso di accertamento, un Comune della provincia casertana richiedeva, all’ Istituto autonomo per le case popolari della provincia di Caserta, il pagamento dell’Imu non versata per gli alloggi di proprietà gestiti dall’Istituto stesso e dati in affitto, dietro corrispettivo, ai cittadini rientranti in un’apposita graduatoria.

Avverso l’atto impositivo, lo Iacp ricorreva dinanzi la Commissione tributaria di primo grado di Caserta, evidenziando l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato, per la violazione della normativa in tema di esenzione Imu per gli immobili dello Iacp, in quanto da reputarsi come abitazioni principali e relative pertinenze non di lusso con caratteristiche di “alloggi sociali” come definiti dal decreto ministeriale del 22 aprile 2008.

Chiamati a pronunciarsi sulla questione, i giudici tributari di primo grado respingevano il ricorso dello Iacp e confermavano la legittimità dell’avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione finanziaria. In particolare, i magistrati casertani hanno chiarito come l’esenzione non poteva essere riconosciuta allo Iacp, in quanto gli immobili da questo gestiti non potevano equipararsi a quelli aventi caratteristiche di “alloggi sociali” e ciò anche in considerazione del fatto che il legislatore aveva volutamente disciplinato diversamente le due fattispecie. Inoltre, sostenevano i giudici di primo grado, essendo già normativamente prevista una detrazione di 200 euro sull’aliquota ordinaria, deve ritenersi che il legislatore abbia inteso prevedere una imposizione specifica per gli immobili Iacp, indipendentemente dal fatto che possano o meno essere qualificati come “alloggi sociali”.

Avverso tale decisione, l’Istituto decideva di proporre appello dinanzi la competente Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, anche in considerazione del fatto che, nel frattempo, la Corte di cassazione, con sentenza n. 23680/2020, aveva espressamente riconosciuto e definito gli immobili detenuti dallo Iacp della provincia di Caserta quali alloggi sociali.

La decisione dei giudici tributari di appello
Con la sentenza n. 5782 del 20 ottobre 2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, definitivamente pronunciandosi nel merito della questione, ha respinto l’appello dello Iacp, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato.

Innanzitutto, i giudici napoletani hanno chiarito come l’invocata sentenza (Cassazione n. 23680/2020), pur pronunciata tra le medesime parti e sul medesimo tributo, non possa trovare applicazione nel caso in questione. La pronuncia dei giudici romani, infatti, nell’affermare testualmente, che “l’esenzione dalla imposta municipale propria per i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, non è subordinata all’onere della presentazione della dichiarazione, attestante il possesso dei requisiti e contenente gli identificativi catastali degli immobili, prevista dall’art. 2, comma 5-bis, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni dalla l. 28 ottobre 2013, n. 124”, altro non fa che sancire solo la differenza ontologica tra beneficio alla detrazione e beneficio all’esenzione totale dal pagamento, per cui solo nel primo caso è previsto dalla legge che venga presentata apposita dichiarazione.

Tale decisione dei giudici di piazza Cavour non può, quindi, essere ritenuta risolutiva della questione sottoposta al vaglio dei giudici tributari campani.

Sono, invece, altre, hanno sottolineato i magistrati di merito, le pronunce della suprema Corte alle quali bisogna fare riferimento per decidere sull’appello proposto dallo Iacp. In particolare, le decisioni nn. 19875/2021 e 20135/2019, con le quali è stato precisato, che l’esenzione dal pagamento dell’imposta prevista dall’articolo 7, lettera i), del Dlgs n. 504/1992, richiamato dagli articoli 13 del Dl n. 201/2011 e 9 del Dlgs n. 23/2011, per quanto concerne gli immobili gestiti dagli Iacp, “opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse”.

Dunque, hanno affermato i giudici campani, affinché gli immobili degli Iacp possano fruire dell’esenzione dal pagamento dell’Imu occorre che vi sia la compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività a queste equiparate, e di un requisito soggettivo costituito, a sua volta, dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato, che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

E di questi requisiti, hanno proseguito i giudici di secondo grado, sicuramente sono sprovvisti gli immobili concessi in locazione a terzi, i cui canoni di affitto, seppur calmierati e inferiori a quelli di mercato, sono volti a remunerare il capitale investito, rendendo evidente il carattere economico dell’attività svolta.

Non sono, infatti, assimilabili, hanno precisato ulteriormente i giudici tributari, i corrispettivi tenui o modesti (quali quelli da riconoscersi ai canoni di locazione degli immobili gestiti dallo Iacp) con la diversa fattispecie del corrispettivo meramente simbolico, unica tipologia in grado di escludere completamente il rapporto sinallagmatico sussistente, invece, nel caso di corrispettivi modesti o calmierati.

Tanto premesso, definitivamente pronunciandosi nel merito, i magistrati tributari campani hanno affermato che allo Iacp non compete l’esenzione dall’Imu sugli immobili concessi in locazione abitativa, in quanto l’attività di carattere sociale svolta per legge dallo stesso Istituto non vale a escludere che quella svolta nel concedere in locazione le unità abitative a sua disposizione, sia pure a un canone locativo moderato o convenzionato, in quanto parametrato alla situazione economica dell’assegnatario, sia una vera e propria attività di mercato di carattere economico.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale