Le scritture chiaramente inaffidabili lasciano spazio all’induttivo puro

Le scritture chiaramente inaffidabili lasciano spazio all’induttivo puro

Se la contabilità del contribuente è inattendibile l’Amministrazione finanziaria è legittimata a determinare l’imposta dovuta, utilizzando il metodo di accertamento “induttivo puro”.
Questo principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione con le ordinanze n. 1880 e 1883 entrambe del 17 gennaio 2024.
Prima di esaminare nel merito la vicenda processale, occorre premettere che il testo unico in tema di accertamento sulle imposte sui redditi, Dpr n. 600/1973, prevede diverse tipologie di accertamento.

In particolare, si distingue tra:

  • accertamento analitico (articolo 38 e articolo 39, primo comma, lettere a), b), c) e d) prima parte Dpr n. 600/1973)
  • accertamento analitico-induttivo (articolo 39, primo comma, lettera d) secondo periodo Dpr n. 600/1973)
  • accertamento induttivo puro (articolo 39, secondo comma Dpr n. 600/1973).

L’accertamento analitico viene effettuato mediante la rettifica delle singole componenti reddituali, sia attive che passive. Il reddito complessivo è rideterminato attraverso il ricalcolo di singole voci che lo compongono. Nei confronti dei soggetti tenuti alle scritture contabili, questo metodo è utilizzabile solo se la contabilità del contribuente è attendibile.
L’accertamento analitico-induttivo si basa sull’utilizzo di presunzioni qualificate, ovvero presunzioni caratterizzate da gravità, precisione e concordanza. Viene utilizzato, in presenza di una contabilità formalmente corretta e attendibile e di una dichiarazione regolarmente presentata, soltanto se ricorrono determinate ipotesi previste dal legislatore (ad esempio, singole attività non dichiarate, inesistenza di passività dichiarate).
Il metodo di accertamento induttivo puro è, invece, utilizzabile solo se il contribuente ha commesso le gravi violazioni elencate nel secondo comma dell’articolo 39 del Dpr n. 600/1973 o nell’articolo 55 del Dpr n. 633/1972 in ambito Iva. In questo caso il reddito del contribuente è ricostruito, prescindendo in tutto o in parte dalle risultanze contabili, sulla base di dati e notizie comunque raccolti dall’Amministrazione finanziaria. Sono utilizzabili anche presunzioni prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza.

Nel caso in esame l’Amministrazione finanziaria aveva emesso un atto di accertamento, a carico di una società, dopo aver riscontrato dei maggiori ricavi derivanti da vendite immobiliari.
Era stato utilizzato il metodo induttivo puro, considerata l’inattendibilità della contabilità, giustificata con la mancata esibizione del libro degli inventari, del dettaglio delle rimanenze finali e dei contratti preliminari che avevano preceduto le vendite degli immobili.

In sede contenziosa, la società destinataria dell’accertamento ha contestato che un accertamento possa essere basato, essenzialmente, sulla non coincidenza tra i prezzi indicati in un contratto di compravendita e i prezzi risultanti dai relativi contratti preliminari.
Le osservazioni della società sono state respinte sia in primo grado (decisione della Ctp di Prato n. 402/2014) che in sede di appello (decisione della Ctr della Toscana n. 2150/2016).

La Corte di cassazione ha richiamato il proprio consolidato orientamento (pronunce n. 6861/2019, n. 33604/2019 e n. 24278/2014), in base al quale il discrimine tra l’accertamento analitico-induttivo (art. 39, comma 1, lettera d del Dpr 600/1973) e l’accertamento induttivo puro (art. 39, comma 2, Dpr n. 600/1973) va ricercato nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili.

In particolare, si è affermato che:

  • se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza dei singoli elementi che compongono la contabilità, non sono tali da inficiare l’attendibilità della contabilità nel suo complesso, l’ufficio utilizza il metodo analitico-induttivo
  • se, invece, le omissioni, le false o inesatte indicazioni sono tali da inficiare l’attendibilità anche degli altri dati contabili, l’Amministrazione può “…prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio o delle scritture contabili in quanto esistenti, ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari….

I giudici della Corte suprema hanno ribadito che l’accertamento induttivo puro si basa su “…dati o notizie conosciuti dall’Amministrazione finanziaria, non potendosi in tal caso procedere alla corretta analisi del contenuto dell’inventario e dunque alla ricostruzione analitica dei ricavi di esercizio (Cass. 8698 del 2021), e legittima il ricorso a presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. N. 17244 del 2021; Cass. N. 19191 del 2019)”.

Con riferimento al caso specifico, in motivazione, si è evidenziato che le presunzioni utilizzate dall’ufficio trovavano fondamento non solo nei dati risultanti da alcuni contratti preliminari ma anche negli importi dei mutui, superiori rispetto al prezzo di acquisto dichiarato, chiesti dagli acquirenti degli immobili. Anche dalla perizia redatta dagli istituti bancari ai fini dell’erogazione del mutuo, risultava un valore degli immobili di gran lunga superiore rispetto al prezzo indicato negli atti di acquisto.

Per questi motivi la Corte di cassazione ha respinto il ricorso della società, riconoscendo la legittimità dell’accertamento eseguito dall’Ufficio. 



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale