L’intimazione post cartella non vuole motivazioni ad hoc

L’intimazione post cartella non vuole motivazioni ad hoc

L’avviso di intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, da notificare al contribuente in base a quanto previsto dall’articolo 50, commi 2 e 3, del Dpr n. 602/1973, ha un contenuto vincolato, in quanto deve essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del ministero dell’Economia, sicché è sufficiente che la motivazione faccia riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata.

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 10692 dell’11 aprile 2024, ha ribadito il principio secondo cui l’intimazione di pagamento non necessita di particolare motivazione, essendo sufficiente il richiamo alla cartella di pagamento presupposta.

La vertenza in esame trae origine dall’impugnazione di cinque avvisi di intimazione emessi ai sensi dell’articolo 50 del Dpr n. 602/73, notificati al contribuente a seguito del mancato pagamento di distinti avvisi di accertamento e delle relative cartelle esattoriali.

A fronte dell’eccepita carenza di motivazione delle intimazioni opposte, il Collegio provinciale, nel respingere la censura, ha ritenuto che, attraverso la notificazione degli atti sottesi, il debitore risultasse messo a conoscenza del debito contratto.

La questione è stata successivamente riproposta in Cassazione, ove il contribuente, nel denunciare la violazione dell’articolo 7 della legge n. 212/2000, ha ribadito la nullità degli avvisi di intimazione per come redatti dall’ex concessionario, in quanto “monchi” nella parte in cui non contemplano la sezione “dettaglio del debito”, quale elemento essenziale dell’atto in sé, in cui si rappresenta al destinatario la motivazione della pretesa, attraverso l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato l’emissione dell’atto e che giustificano la pretesa tributaria.

La norma di riferimento
Il primo comma dell’articolo 50 del Dpr 602/1973 attribuisce all’Agente della riscossione la facoltà di procede a espropriazione forzata “quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento”, precisando, al successivo comma 2, che se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella esattoriale, occorre procedere alla notifica “di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni”.

Detto avviso, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 50, è redatto in conformità al modello “approvato con decreto del Ministero delle finanze”.

Lo scopo dell’intimazione è quello di rendere consapevole il contribuente che, a seguito del mancato pagamento della cartella esattoriale già notificata, sarà iniziata l’esecuzione coattiva, assolvendo la funzione equivalente a quella dell’atto di precetto; ne consegue che il suo contenuto può dirsi esaustivo ove si dia atto del mancato pagamento del debito contratto con l’Erario e, contestualmente, si avverta che, in caso di mancata ottemperanza, si procederà ad esecuzione forzata.

Sentenza della Cassazione e conclusioni
Nel respingere il ricorso del contribuente, la Corte suprema ha ribadito il principio statuito dalla precedente pronuncia di legittimità del 9 novembre 2018, n. 28689, secondo cui “l’avviso di intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, da notificarsi al contribuente ai sensi dell’art. 50, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 602 del 1973, ha un contenuto vincolato, in quanto deve essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero dell’Economia, sicché è sufficiente che la motivazione faccia riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata”.

Nel corso degli anni, le diverse Autorità giudiziarie sono state investite da numerose opposizioni in cui i destinatari di un avviso di intimazione hanno eccepito la nullità del medesimo per carenza di motivazione, con conseguente compressione del diritto di difesa, atteso che il soggetto destinatario si trova a confrontarsi con un atto privo dei riferimenti necessari per la sua stessa validità.

A sostegno dei diversi contenziosi, è stata dedotta la violazione del principio generale dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, sancito dall’articolo 3 della legge n. 241/1990, il quale deve ritenersi applicabile anche agli atti emanati dall’agente della Riscossione. In sostanza, i contribuenti hanno rappresentato che l’adeguata motivazione dell’atto impositivo deve essere intesa in un rapporto di relazione con il diritto di difesa del contribuente, il quale deve essere posto in una condizione tale da poterlo pienamente esercitare.

Il giudice di legittimità, con la pronuncia in commento, ha spazzato via ogni dubbio e, nel condividere recenti interventi giurisprudenziali in materia, ha ribadito la legittimità dell’avviso di intimazione emesso a seguito di cartella esattoriale notificata recante il mero richiamo alla stessa. Ad avviso del Collegio di piazza Cavour, la ratio della norma è quella di sanare, con efficacia retroattiva, tutti gli eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa e si giustifica in ragione dell’inidoneità dell’intervento dei soggetti, ai quali è riconosciuto un interesse a interferire sul suo contenuto (cfr Cassazione, sezioni unite, n. 14878/2009).

Ai fini della validità della motivazione è, infatti, sufficiente che il contribuente sia messo in grado di conoscere la pretesa tributaria nell’an e nel quantum, circostanza che si realizza attraverso il riferimento alla cartella esattoriale precedentemente notificata; in tal modo il debitore ha la facoltà di esercitare il proprio diritto di difesa, sollevando le contestazioni che (eventualmente) ritiene opportune. Essendo il riferimento alla cartella esattoriale già notificata specifico e concreto, esso è in grado di garantire la difesa del contribuente e la sua effettiva possibilità di contestazione.

Peraltro, in relazione a un provvedimento vincolato nel suo contenuto da una norma o da provvedimento sovraordinato, all’Amministrazione non compete alcuna facoltà di scelta circa il contenuto.

Non vi è dubbio, perciò, che sia oggetto di erronea applicazione della disciplina qui descritta pretendere ulteriori contenuti, peraltro già noti al contribuente proprio in virtù della precedente cartella notificata. 



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale