Atti prodromici non impugnati: opposizione successiva inammissibile

Atti prodromici non impugnati: opposizione successiva inammissibile

Con l’ordinanza n. 23346/2024, depositata il 29/08/2024, la quinta sezione civile della Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in ordine agli effetti conseguenti all’omessa opposizione, da parte del contribuente, di un avviso di intimazione medio tempore notificato. Il contenzioso origina dall’impugnazione di un atto di pignoramento di crediti verso terzi ex articolo 72 bis Dpr 602/73, con cui il debitore ha eccepito il difetto di notifica delle sottese cartelle esattoriali.

Il Collegio provinciale prima, e quello regionale poi, hanno accolto le ragioni del contribuente, ritenendo le stesse dirimenti ed assorbenti, omettendo qualsivoglia valutazione in ordine all’eccepita inammissibilità del ricorso introduttivo per violazione degli articoli 19, comma 3, e 21 Dlgs 546/92, atteso che la parte debitrice, prima della notificazione del pignoramento opposto, era stata raggiunta dalla notifica di un’intimazione di pagamento la cui mancata impugnazione ha determinato il consolidamento della pretesa tributaria.

La Corte di Cassazione, partendo dal pacifico presupposto desunto, tra le altre, dalla decisione n. 34416/2013 emessa dalla medesima sezione, secondo cui “l’intimazione di pagamento che faccia seguito ad un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esso resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito. Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’intimazione predetta”, ha ritenuto condivisibili gli assunti dell’Agente della Riscossione, evidenziando che “Per effetto della mancata impugnazione dell’intimazione nel termine di sessanta giorni ex art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 discende, da un lato, che è irrilevante la questione della irregolarità della notifica delle prodromiche cartelle di pagamento, e, dall’altro, che al contribuente è ugualmente preclusa l’impugnazione del successivo atto di pignoramento per far valere i suddetti vizi delle cartelle di pagamento”.

Ad avviso del giudice, l’opposizione contro il pignoramento deve essere dichiarata inammissibile, in quanto azionata nei confronti di una prodromica intimazione di pagamento mai impugnata.

Osservazioni
Il ragionamento della Corte prende le mosse dalla portata dell’articolo 19 DLgs n. 546/92, il cui dato testuale è chiaro: la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente a quello notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo; ciò vuol dire, al contrario, che se l’impugnazione degli atti a presupposto non avviene tempestivamente e unitamente all’ultimo ricevuto, l’impugnativa è definitivamente preclusa.
II legislatore ha voluto così assicurare un regime di certezza del diritto e di speditezza del procedimento di riscossione delle entrate pubbliche, creando un andamento a comparti chiusi che preclude la tardiva impugnativa ad oltranza di atti antecedenti all’ultimo notificato.

Tale sistema trova riscontro nella disciplina codicistica generale del processo esecutivo: secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte di Cassazione, il processo esecutivo è strutturato non come una sequenza continua di atti ordinati ad un unico provvedimento finale, bensì come una successione di sub procedimenti “chiusi”; è costituito cioè in una serie autonoma di atti propedeutici a distinti provvedimenti successivi, ciascuno dei quali è immediatamente e direttamente impugnabile nel termine di decadenza decorrente dal compimento/notificazione del medesimo atto, anche in presenza di vizi che comportano l’inesistenza giuridica o la cosiddetta nullità insanabile (Cassazione n 2024/1994; Cassazione n. 11251/1996 Cassazione n. 4350/1997; Cassazione n. 724/1998, Cassazione n. 1302/1999, Cassazione n. 4475/1999, Cassazione n. 4584/1999, Cassazione n. 7026/1999; Cassazione n. 14821/2000, Cassazione n. 190/2001; Cassazione n. 1308/2002).

Vi è dunque autonomia di ciascuna fase o di ciascun sub procedimento rispetto a quello precedente, e ciò comporta che le eventuali situazioni invalidanti e le possibili preclusioni si cristallizzino all’interno di ciascuna fase autonoma del procedimento. Ne consegue che, qualora non vi sia stata impugnativa dell’atto presupposto da ultimo notificato, diretta ad eccepire invalidità ad esso concernenti nonché nullità di notifica degli atti presupposti, dette contestazioni non possono più essere sollevate, una volta scaduto il termine perentorio di impugnativa previsto dalla legge per l’atto che si intende contestare.



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale