
09 Ott La pubblicità sanante non opera senza continuità delle trascrizioni
L’istituto della “pubblicità sanante”, non trova applicazione, per mancanza di buona fede del terzo, se difetta la continuità delle trascrizioni prescritta dall’art. 2650 del codice civile. È quanto ritenuto dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 23319 del 29 agosto 2024.
La Corte ha dichiarato l’inefficacia di un’iscrizione d’ipoteca effettuata a carico di una società che aveva acquistato gli immobili ipotecati da altra società che non era più proprietaria di tali beni. Nello specifico, l’ordinanza ha disposto che: “L’art. 2652, n. 6, cod. civ., che tutela il terzo in buona fede che abbia acquistato diritti dal titolare apparente, non può essere invocato quando la continuità delle trascrizioni risulta evidentemente interrotta nei pubblici registri. La buona fede richiede un esame diligente delle risultanze dei registri immobiliari.”.
Secondo la Suprema Corte, il creditore ipotecario non poteva beneficiare dell’istituto della cosiddetta “pubblicità sanante” non potendo essere ritenuto in buona fede: dai registri immobiliari emergeva chiaramente la mancanza di continuità delle trascrizioni, circostanza da considerarsi evidente per un operatore qualificato.
Ai fini di un’adeguata comprensione della decisione, che si occupa di istituti complessi, ma fondamentali per la pubblicità immobiliare, si ricostruiscono di seguito la complicata vicenda che ha portato alla pronuncia e il quadro normativo in cui la stessa si inserisce.
La vicenda
Vengono posti in essere e trascritti nell’ordine in cui sono di seguito enunciati i seguenti trasferimenti tutti relativi agli immobili oggetto di lite:
1) la società Alfa vende alla società Beta
2) la società Beta ritrasferisce alla società Alfa
3) la società Alfa aliena a Tizio
4) Tizio trasferisce alla società Gamma
5) la società Beta, con due atti pubblici notarili, vende alla società Tetra.
Gli atti di cui al punto 5 sono stati stipulati e trascritti dalla società Beta quando la stessa non era più proprietaria dei beni oggetto di causa perché in precedenza li aveva ritrasferiti alla società Alfa con l’atto di cui al punto 2.
Con domanda giudiziale, non trascritta, la società Gamma chiedeva che fossero dichiarati nulli gli atti di cui al punto 5, con i quali la società Beta aveva venduto alla società Tetra gli immobili oggetto di lite.
La domanda veniva accolta dal tribunale che dichiarava nulli tali atti.
Successivamente alla pronuncia di nullità, una banca iscriveva ipoteca giudiziale in danno della società Tetra, sugli immobili formalmente da questa acquistati dalla società Beta con gli atti di cui al punto 5.
La società Gamma, avuta notizia del fatto che era stata iscritta ipoteca sugli immobili di sua proprietà, conveniva in giudizio la banca e chiedeva al tribunale di dichiarare inefficace l’ipoteca in quanto iscritta contro chi non era proprietario perché avente causa da chi a sua volta non era proprietario.
Il tribunale accoglieva la domanda e dichiarava inefficace l’iscrizione.
All’esito del giudizio di secondo grado la Corte d’appello confermava la decisione del tribunale ravvisando “quale ragione fondante la dichiarata inefficacia dell’ipoteca, una violazione del principio della continuità delle trascrizioni sancito dall’art. 2650 cod. civ., inficiante la trascrizione dell’atto di vendita in favore di società Tetra, trascrizione come tale improduttiva di effetti nei confronti dei terzi”.
In particolare, la Corte territoriale ha evidenziato come la violazione del principio di continuità delle trascrizioni era dovuto al fatto che l’iscrizione è stata effettuata – come emergeva «chiaramente» dai registri immobiliari – senza che ci fosse una valida trascrizione dell’atto di acquisto anteriore a quello della società Tetra.
Mancava cioè una valida trascrizione in favore della società Beta, dante causa della società Tetra, avendo la società Beta ritrasferito i beni oggetto di causa alla società Alfa (atto di cui al punto 2) in data anteriore alla vendita alla società Tetra (atti di cui al punto 5).
Tale circostanza – in quanto da considerarsi, secondo la Corte d’appello, evidente per un operatore qualificato – escludeva la buona fede della banca.
Avverso la decisione della Corte d’appello ricorreva per cassazione la banca.
La cosiddetta “pubblicità sanante” e il principio di continuità delle trascrizioni
Al fine di rendere sicura la circolazione immobiliare il nostro sistema prevede che l’instaurazione di giudizi che abbiano ad oggetto beni immobili sia portata a conoscenza dei terzi mediante trascrizione della relativa domanda.
Tra le domande che il codice civile dispone siano rese pubbliche vi è quella con cui viene chiesto l’accertamento della nullità di un atto soggetto a trascrizione.
Il numero 6 dell’articolo 2652 codice civile, oltre a disporre la trascrizione della domanda di nullità, regola anche gli effetti che la trascrizione della domanda produce, prevedendo che la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati da un terzo, che non risente quindi della dichiarazione di nullità, a condizione che:
1) il terzo sia un acquirente di buona fede, non rileva se a titolo oneroso o gratuito
2) l’atto di acquisto del terzo sia stato trascritto prima della trascrizione della domanda giudiziale
3) la domanda giudiziale sia stata trascritta cinque anni dopo la trascrizione dell’atto di cui si chiede sia accertata la nullità.
Nel caso oggetto di decisione le condizioni di cui ai punti due e tre erano certamente integrate in quanto la domanda non era stata trascritta. Bastava dunque al creditore ipotecario essere in buona fede perché l’ipoteca fosse efficace nonostante la dichiarazione di nullità degli atti di acquisto del debitore ipotecario, nullità che rendeva il debitore ipotecario non proprietario dei beni ipotecati.
Quindi, al contemporaneo ricorrere delle tre condizioni elencate, il terzo, avente causa da chi ha acquistato in forza di un atto dichiarato nullo, fa salvo il suo acquisto e ciò in deroga alla regola generale secondo la quale una volta dichiarato nullo l’atto di acquisto del dante causa viene meno anche l’acquisto del di lui avente causa, avendo questi acquistato da chi non era titolare del diritto alienato.
L’eccezione alla regola generale introdotta nel sistema dal numero 6 dell’articolo 2652 del codice civile è comunemente nota come “pubblicità sanante”, espressione che non va intesa nel senso che l’atto nullo viene emendato dal suo vizio, ma nel senso – avanti esposto – che il terzo acquirente non risente della nullità dell’atto di acquisto del suo dante causa.
L’articolo 2650, primo comma, del codice civile dispone che “Nei casi in cui per le disposizioni precedenti, un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni a carico dell’acquirente non producono effetto, se non è stato trascritto l’atto anteriore di acquisto.”.
La norma, che codifica quello che è comunemente noto come “principio di continuità delle trascrizioni”, sanziona con l’inefficacia le trascrizioni o le iscrizioni eseguite a carico di un soggetto che non ha trascritto a proprio favore il suo atto di acquisto, ove questo rientri tra quelli per cui è disposta la trascrizione dagli articoli 2643 e seguenti del codice civile.
La regola mira non solo a garantire la completezza dei registri immobiliari, certamente favorita dalla sanzione di inefficacia comminata alle formalità eseguite in mancanza di trascrizione dell’atto anteriore di acquisto, ma anche a garantire a chi consulta detti registri di poter verificare, riscontrando la presenza o meno di una serie continua di trascrizioni, che chi vuol disporre di un diritto ne sia titolare almeno apparente.
L’ordinanza in commento ha applicato entrambi i menzionati istituti facendo conseguire la mancanza della buona fede richiesta dal numero 6 dell’articolo 2652 codice civile dalla mancanza della continuità delle trascrizioni di cui all’articolo 2650.
La decisione della Corte di Cassazione
I giudici di legittimità hanno respinto il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito, sulla base delle argomentazioni che di seguito si sintetizzano.
La Suprema Corte, prima di entrare nel merito del caso da decidere, ha ritenuto doveroso fare una premessa di ordine generale e ha ricordato che nel “sistema di pubblicità immobiliare che governa la circolazione dei diritti reali immobiliari il principio della continuità delle trascrizioni costituisce un caposaldo irrinunciabile, siccome finalizzato ad assicurare la certezza dei traffici in base ad elementi certi e predeterminati”.
La continuità delle trascrizioni nel sistema della pubblicità immobiliare è infatti una condizione necessaria perché possa operare il meccanismo di regolazione dei conflitti che è a fondamento della stessa, meccanismo basato su un dato oggettivo e cioè sulla priorità temporale della trascrizione, secondo il noto principio del prior in tempore potior in iure.
Il sistema delineato dagli articoli 2643 e seguenti del codice civile regola i conflitti tra più aventi causa dallo stesso soggetto, tutelando chi acquista diritti reali (anche di garanzia, come l’ipoteca) da (o nei confronti di) colui che appare titolare del diritto in forza delle risultanze dei registri immobiliari.
La trascrizione, che non produce di regola effetti costitutivi, non giova invece a chi acquista diritti reali da chi non è titolare di tali diritti, cioè non giova a chi, come si dice in termini tecnici, effettua un acquisto a non domino. Il che, secondo le regole generali, è ovvio in quanto non essendo il dante causa titolare del diritto non può farlo acquistare all’avente causa.
La regola dettata dal numero 6 dell’articolo 2652 del codice civile porta un temperamento all’ordinario modo di operare del sistema della pubblicità immobiliare facendo salvo, alle condizioni previste dalla norma, l’acquisto che sia a non domino per nullità dell’atto di acquisto del dante causa.
Tra le condizioni richieste dal numero 6 dell’articolo 2652 del codice civile, secondo la Corte di Cassazione, “l’elemento soggettivo della buona fede assume rilievo come fattore che tempera (ma non esclude) l’operatività del meccanismo (si ripete: oggettivo) di regolazione del conflitto”.
Pertanto, la mancata trascrizione della domanda di nullità consente la salvezza dell’acquisto del terzo, ma solo se questo ha acquistato in buona fede ossia se ha acquistato da chi appare dai registri immobiliari titolare del diritto in forza di una serie continua di trascrizioni.
Nel caso oggetto di decisione tale condizione, a parere dell’organo giudicante, non ricorreva in quanto il soggetto contro cui era stata iscritta l’ipoteca aveva acquistato da chi non era più proprietario per aver in precedenza alienato ad altro soggetto gli stessi beni.
Tale stato di cose, secondo i giudici di legittimità, “esclude in radice l’invocabilità a sostegno della tesi della ricorrente dell’articolo 2652, numero 6, del codice civile pur in difetto di trascrizione della domanda di nullità”.
La buona fede infatti presuppone un comportamento diligente e “la diligenza media esigibile da un operatore qualificato, come un istituto di credito, che intenda iscrivere ipoteca in danno di un proprio debitore, impone una verifica propria e diretta sulla efficacia dell’atto di acquisto del bene ipotecando compiuto dal debitore, in particolare sul rispetto dell’art. 2650 cod. civ., con la trascrizione di un valido atto di acquisto anteriore; è, cioè, necessaria, onde integrare un contegno qualificabile sub specie di buona fede, una consultazione dei registri immobiliari da parte del creditore (per il tramite di soggetti professionalmente idonei), non potendo quest’ultimo limitarsi a fare affidamento sulla correttezza dell’operato del notaio che abbia rogato l’atto di acquisto in favore del debitore contro cui si vuole iscrivere ipoteca; ma, soprattutto, una tale buona fede è senz’altro esclusa da un complesso di risultanze di quei pubblici registri da cui qualunque persona minimamente avveduta avrebbe potuto trarre la conclusione dell’insussistenza di un valido titolo di acquisto del diritto in capo al debitore”.
In coerenza con le argomentazioni che precedono, la valutazione di insussistenza della buona fede in capo alla banca iscrivente ipoteca operata dalla sentenza impugnata è stata quindi ritenuta argomentata in maniera logica, coerente e conforme a diritto, con conseguente rigetto del ricorso.
La decisione conferma l’importanza del ruolo svolto dai registri immobiliari nel garantire una sicura circolazione immobiliare ed evidenzia la rilevanza, nel meccanismo di funzionamento degli stessi, del principio di continuità delle trascrizioni, qualificato come caposaldo irrinunciabile del sistema della pubblicità immobiliare, e dell’istituto della cosiddetta “pubblicità sanante”.
Dalla vicenda oggetto di decisione emerge poi con tutta evidenza che al fine di beneficiare della tutela che l’ordinamento vuole garantire a tutti, mettendo a disposizione della collettività un efficiente sistema di pubblicità immobiliare, è necessario che le risultanze dei registri immobiliari siano verificate da chi voglia negoziare beni immobili con la dovuta diligenza e perizia, la quale presuppone un’adeguata conoscenza delle modalità di funzionamento del sistema.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale