
28 Ott Per la responsabilità dei soci basta l’avvenuta estinzione dell’ente
La Corte di cassazione, con l’ordinanza del 7/10/24 n. 26184 ha ritenuto che la responsabilità dei soci di una società di capitali per i debiti dell’ente estinto non possa essere limitata all’ipotesi in cui essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione.
I fatti di causa
In data 30 dicembre 2011, l’Agenzia delle entrate notificava a uno dei soci dell’estinta società un avviso di accertamento mirato al recupero di maggiori importi dovuti a titolo di Ires, Irap e Iva per l’anno 2006.
L’avviso di accertamento, in particolare, era fondato su una rideterminazione dei ricavi complessivi dell’ente cancellato nel 2011 derivanti da operazioni di cessione di immobili che, secondo la prospettazione erariale, recavano prezzi incongrui di vendita rispetto ai prezzi di mercato.
La Ctp di Torino respingeva il ricorso del contribuente il cui appello, però, è in seguito accolto dalla Ctr del Piemonte che giunge all’annullamento dell’atto impositivo.
L’Amministrazione finanziaria ha, dunque, esperito ricorso per Cassazione a cui il contribuente ha resistito con controricorso.
L’unico motivo di ricorso
L’Agenzia delle entrate ha affidato il proprio ricorso per Cassazione ad un unico motivo lamentando, nel caso di specie, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2495 cc per avere la Commissione regionale escluso che il socio rispondesse dei debiti dell’ente volontariamente liquidato ed estinto per cancellazione dal Registro delle imprese in difetto della prova che il socio avesse acquisito beni e utilità a seguito della liquidazione della società.
La norma di riferimento
L’articolo 2495 del codice civile rubricato “cancellazione della società” prevede al comma 1 che dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.
La cancellazione della società dal registro delle Imprese ha natura costitutiva e, dunque, determina l’estinzione della società anche se rimangono creditori da soddisfare.
La cancellazione è disposta dall’ufficio del registro delle imprese e il controllo deve riguardare soltanto l’attuazione formale del procedimento legale di liquidazione.
Dopo la cancellazione della società, i creditori sociali rimasti insoddisfatti possono agire esclusivamente nei confronti dei soci della società e, qualora il mancato pagamento sia dipeso da colpa o dolo dei liquidatori, nei confronti di questi ultimi.
I soci rispondono nei limiti delle somme da ciascuno percepite in base al bilancio finale di liquidazione.
La disposizione dell’ultimo comma (articolo 2495 comma 3 cc), ovvero la domanda notificata presso l’ultima sede della società, ha sollevato un notevole dibattito in quanto presso la sede sociale di una società estinta non vi sarà alcun soggetto in grado di ricevere la notifica e, quindi, questa potrà essere effettuata ai sensi dell’articolo 140 del codice di procedura civile.
Tale disposto normativo, infatti, disciplina le modalità di esecuzione della notifica in caso di irreperibilità o di rifiuto di ricevere la copia.
La decisione della Commissione regionale
La Commissione regionale ha fondato l’annullamento dell’atto impositivo sulla seguente motivazione: l’accertamento fu emesso nei confronti della società e il socio risultava solo destinatario della notificazione e mancava, ancora, nell’accertamento qualsiasi adattamento alla posizione personale del socio.
L’Amministrazione può agire ex articolo 2495 cc nei confronti dei soci della società cancellata ma devono essere accertate ed esposte, mediante apposito “supplemento motivazionale” nell’avviso di accertamento, la presenza delle condizioni previste dalla norma per delineare la responsabilità in capo a soci per imposte pertinenti alla società ormai estinta.
L’Agenzia delle entrate, dunque, avrebbe dovuto giustificare la pretesa nei confronti del socio trovando le condizioni legittimanti (il socio ha percepito somme in base al bilancio finale di liquidazione o nel biennio antecedente) e parametrandole alle somme riscosse in forza del bilancio finale di liquidazione.
Nel caso di specie, ritiene il giudice regionale, l’avviso di accertamento non risulta motivato secondo i predetti canoni: non è individuata la quota eventualmente attribuita al socio e nei limiti della quale egli può essere chiamato a rispondere.
L’Amministrazione non avrebbe dovuto pretendere di realizzare l’intero carico fiscale nei confronti dei soci in assenza della dimostrazione di percezione di somme in base al bilancio finale di liquidazione.
In sintesi, il giudice regionale ha ritenuto dirimente ai fini di operatività del meccanismo successorio nei debiti (articolo 2495 del codice civile) la prova – che l’Agenzia avrebbe dovuto fornire – dell’acquisizione da parte del socio di beni e di utilità in esito alla liquidazione della società.
La decisione della Cassazione
La Suprema corte, invece, ha disatteso la tesi del giudice regionale sopra mostrata e ha ritenuto, infatti, fondato il motivo prospettato dall’Amministrazione finanziaria.
L’Agenzia ha emesso avviso di accertamento in funzione del recupero a tassazione di maggior reddito imponibile conseguito dall’ente cancellato nel 2011 in riferimento all’anno di imposta 2006.
L’Erario ha notificato l’avviso di accertamento al socio poiché, al momento di emissione dell’atto impositivo, la società era stata già cancellata per compiuta liquidazione volontaria.
I giudici di piazza Cavour, ponendosi in linea di continuità con il proprio orientamento, hanno affermato che la responsabilità dei soci della società di capitali per i debiti dell’ente estinto non può essere limitata all’ipotesi in cui essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione, non assurgendo tale circostanza fattuale a condizione da cui possa farsi dipendere la possibilità di proseguire nei confronti di detti soci l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società.
I soci succedono nei rapporti debitori già facenti capo all’ente estinto ma non definiti all’esito della liquidazione, salvo il loro diritto di opporre al creditore il limite di responsabilità in base al quale essi rispondono “intra vires” dei debiti loro trasmessi.
Come già sostenuto dalla Suprema corte (Sezioni unite n. 28709/2020), i soci subentrano nei rapporti dell’ente per fatto stesso della sua avvenuta estinzione con possibilità per il socio di provare di non aver acquisito beni o utilità in esito alla liquidazione dell’ente.
L’Agenzia delle entrate, nel caso in esame, ben poteva indirizzare la pretesa fiscale nei riguardi del socio senza dover fornire ulteriori prove rispetto alla circostanza, incontroversa e dimostrata, dell’estinzione della società.
La Corte di cassazione, in ossequio alle argomentazioni esposte, ha accolto il ricorso e cassato la sentenza di appello, rinviando la stessa per un nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte.
Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale