Differenza da recesso del socio, non deducibile per la società

Differenza da recesso del socio, non deducibile per la società

La “differenza da recesso” che si origina all’atto del recesso di un socio da una società di capitali si qualifica come una remunerazione, un’anticipata liquidazione di redditi futuri o di utili latenti in bilancio. Tale differenza rientra nella previsione di indeducibilità prevista dall’articolo 109, comma 9, del Tuir. Questo, in sintesi, quanto stabilito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 27460 del 23 ottobre 2024.

Due soci di una Srl cedevano ad un trust la quota della propria partecipazione nella predetta società, per un valore dichiarato di complessivi 500mila euro e, in un momento successivo, il medesimo trust comunicava alla società la volontà di recedere dal patto sociale. In tale circostanza, veniva liquidato l’importo di 500mila euro, comprensivo della quota nominale di capitale sociale di 3.432 euro. Contestualmente, si procedeva prima alla riduzione corrispondente del capitale sociale, poi alla sua ricostituzione ed aumento a 110mila euro, utilizzando a tal fine le riserve straordinarie della società.

Per effetto dell’operazione, la Srl iscriveva integralmente al conto patrimoniale la differenza da recesso di 496.568 euro, pari alla differenza tra l’importo liquidato al trust e il valore nominale del capitale sociale delle quote annullate di euro 3432 euro. Ad esito di verifica fiscale effettuata dalla Agenzia delle entrate di Parma, conclusa con redazione di Pvc, l’ufficio notificava alla società un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2004, accertando a carico della società maggiori imposte ed irrogando, contestualmente, le relative sanzioni amministrative.

L’Agenzia, invocando l’articolo 109 comma 9 del Tuir, contestava alla società le richiamate operazioni, che avevano comportato l’iscrizione nello stato patrimoniale della differenza da recesso del socio, e recuperava a tassazione l’onere pluriennale imputato al conto economico. La società impugnava l’avviso di accertamento con ricorso, che veniva rigettato dalla Ctp di Parma. Nel corso del giudizio di appello, il gravame della società veniva rigettato dalla Ctr dell’Emilia Romagna.

Avverso la sentenza di secondo grado il contribuente ricorreva in Cassazione e l’Amministrazione presentava controricorso. Con un motivo di ricorso, la società lamentava la “nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 comma 9, del Dpr 917/86 in quanto, in considerazione della richiamata disposizione, l’onere sostenuto dalla società quale differenza da recesso deve ritenersi deducibile.

Sul punto, i giudici di legittimità hanno ritenuto infondato tale motivo richiamando, in via preliminare, quanto statuito dalla Ctr, che aveva precisato che il recesso produce i suoi effetti direttamente nella sfera patrimoniale della società e nei rapporti fra i soci, costituendo, quanto a quest’ultimi, l’anticipata liquidazione del valore della quota patrimoniale della società di cui sono titolari, ma ciò non comporta che l’operazione possa comportare riflessi sul conto economico della società stessa.

La Cassazione fa inoltre rilevare che l’importo da liquidarsi al socio receduto da una Srl deve calcolarsi, ai sensi dell’articolo 2473 del codice civile, in ragione del valore di mercato della sua quota di partecipazione al patrimonio sociale nel momento del recesso, e l’ammontare risulterà «di frequente superiore al valore della corrispondente quota del patrimonio netto contabile. Tale differenza – che può derivare dal valore dell’avviamento, da plusvalenze latenti sui beni dell’azienda sociale, dalla partecipazione agli utili inerenti alle operazioni in corso alla data del recesso – è comunemente denominata “differenza da recesso”.

La somma corrisposta al socio uscente a seguito della liquidazione della sua quota si può quindi considerare costituita da due componenti: a) la prima, consistente nel rimborso della quota di capitale sociale versata dal socio e nelle eventuali riserve, sia di utili sia di capitale, a lui distribuite; b) la seconda, derivante dall’eventuale maggior valore economico della società al momento del recesso rispetto al valore contabile del patrimonio netto, ciò che rappresenta la cosiddetta “differenza da recesso”» (cfr Cassazione n. 24671/2021). Nel caso di specie, al rimborso delle quote corrisposte al socio receduto, la Srl ha provveduto solo in parte mediante le riserve disponibili, deliberando la ricostituzione del capitale sociale sino a 110mila euro, secondo quanto affermato dalla stessa ricorrente.

La normativa civilistica non prevede che l’onere derivante dalla corresponsione della differenza da recesso possa essere fatta gravare sul conto economico della società quando vi siano riserve disponibili. Questa impostazione risulta coerente anche con il principio Oic n. 28, in cui si legge: “3. Recesso del socio … c) la riduzione del capitale per importo corrispondente alla quota posseduta dal socio uscente. In caso di rimborso superiore al valore nominale la differenza deve gravare sugli utili e sulle riserve disponibili, o in mancanza, deve essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società».

In conclusione, la Cassazione ha richiamato il seguente principio di diritto in base al quale «In tema di reddito di impresa, il componente negativo costituito dall’onere sopportato dalla società di capitali e relativo alla cosiddetta “differenza da recesso”, corrisposta al socio in occasione del recesso, deve qualificarsi come una remunerazione, un’anticipata liquidazione di redditi futuri o di utili latenti in bilancio, che pertanto rientra nella previsione di indeducibilità di cui all’art. 109, comma 9, lett. a), del Tuir, come desumibile dall’espresso richiamo che tale norma opera all’art. 44 del Tuir, e confermato dall’art. 47, comma 7, del Tuir, ai sensi del quale le somme o valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate; diverse risultando le valutazioni da operarsi con riferimento alle società di persone, in cui la differenza da recesso ha invece natura di reddito di partecipazione” (cfr Cassazione n. 10815/2024).



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale