Abuso della personalità giuridica con operazioni in regola ma distorte

Abuso della personalità giuridica con operazioni in regola ma distorte

Legittima la rideterminazione del reddito di due soci che avevano utilizzato lo strumento societario quale mero “schermo protettivo” di un’attività fraudolenta. L’operazione sospetta è stata la vendita dell’unico immobile della società e la successiva cessione delle quote facenti capo ai due soci, con tassazione, dunque, della sola plusvalenza di queste ultime (Cassazione 2284/2025).

​​I fatti di causa
Due soci di una Srl impugnavano l’avviso di accertamento, con il quale, l’Agenzia delle entrate, rideterminato il reddito della Società per l’anno 2008, aveva esteso anche a loro, quali obbligati in solido, le relative obbligazioni tributarie. Tale imputazione, secondo l’Agenzia, era giustificata dal fatto che i due soci avevano utilizzato lo strumento societario quale mero “schermo protettivo” di un’attività fraudolenta, integrando così un’ipotesi di abuso della personalità giuridica, al fine di conseguire un indebito vantaggio fiscale.  L’operazione sospetta era stata, in particolare, la cessione dell’unico immobile appartenente alla società, e la successiva cessione delle quote societarie facenti capo ai due soci, con tassazione, dunque, della sola plusvalenza di queste ultime, anziché di quelle derivanti dalla vendita del complesso immobiliare e degli utili distribuiti ai soci.

Secondo l’Agenzia, dunque, tale operazione non era diretta alla soddisfazione di una esigenza economico-imprenditoriale della società, ma aveva il solo scopo di consentire ai due soci di poter alienare le proprie partecipazioni al miglior prezzo possibile. Soccombenti in primo grado, i soci promuovevano appello alla Ctr della Lombardia la quale, ritenendo che la srl in questione avesse regolarmente operato nel settore immobiliare, accoglieva l’impugnazione. A questo punto, contro la sentenza della Ctr, l’Amministrazione finanziaria ricorreva alla Suprema corte.

La decisione della Corte di cassazione
Tra i motivi di impugnazione l’Agenzia delle entrate denunciava, in particolare, che la Ctr aveva disatteso completamente l’interpretazione giurisprudenziale della Corte di legittimità in tema di abuso della personalità giuridica. In base a tale interpretazione, infatti, non è necessario dar prova che la società in questione si stata una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse delle persone fisiche, essendo sufficiente dimostrare che comunque vi sia stata una distorsione dell’uso dei poteri e degli strumenti giuridici riconosciuti alla società dall’ordinamento, al fine esclusivo di ottenere un vantaggio fiscale, senza la realizzazione di alcun apprezzabile vantaggio economico per la società.

La Suprema corte, accogliendo la tesi dell’Agenzia delle entrate, ha chiarito che: “Per comprendere se ci si trovi di fronte ad una forma di abuso della personalità giuridica, che altro non è che una forma di realizzazione dell’abuso del diritto, occorre verificare se le operazioni poste in essere, pur non contrastanti con alcuna disposizione, risultino distorte rispetto agli schemi negoziali classici, palesandosi come irragionevoli in una normale logica di mercato e siano perseguite solo per pervenire ad un determinato risultato fiscale”.

Infatti, come evidenziato dai giudici di legittimità, la semplice considerazione inerente alla non abusiva costituzione della società non può rivelarsi dirimente per escludere l’abuso di personalità giuridica. Può accadere, infatti, che una società, pur genuina in fase di costituzione, per vicende successive (magari perché acquisita da un unico socio o da un gruppo ristretto di soci), sia piegata a una gestione del tutto personalistica, per il perseguimento di interessi estranei a quelli sociali.

L’abuso della personalità giuridica
La Corte ha ricordato che l’abuso di personalità giuridica è una figura elaborata da dottrina e giurisprudenza. Essa ricorre allorquando: “(…) un soggetto goda di una disciplina di favore in situazioni diverse da quelle che ne giustificano l’applicazione”. Fattispecie tipica, che integra l’abuso di personalità giuridica, è la confusione di patrimoni e di sfere giuridiche, nel caso in cui quelli appartenenti a una società vengono costantemente confusi con quelli appartenenti al socio, con conseguente impossibilità di imputazione certa di essi. Ulteriore ipotesi di abuso di personalità giuridica si rinviene nel caso del socio tiranno e che si verifica quando l’appartenenza della totalità o della quasi totalità delle quote o delle azioni ad un unico soggetto sia accompagnata a una gestione del tutto personalistica della società di capitali, volta unicamente a perseguire scopi personali del socio.

La Corte, poi, richiama l’interpretazione, costituzionalmente orientata, del canone di buona fede oggettiva, (articoli  2  e 42 della Costituzione), e ricorda che qualora i poteri esercitati da un soggetto siano volti ad una finalità non consentita dall’ordinamento si ha un abuso e da ciò consegue necessariamente il rifiuto delle tutele e dei benefici riconosciuti, in generale, nei casi in cui i suddetti poteri vengano impiegati nel rispetto delle corrette regole di esercizio.

Sebbene, dunque, sia sempre consentito al contribuente di preferire, fra più opzioni, quella che comporti una riduzione di imposta o un risparmio fiscale, resta inteso che tali benefici non possono essere raggiunti attraverso l’impiego distorto degli strumenti giuridici messi a disposizione della legge. In particolare, non è consentito ricorrere a strumenti e condotte tipizzate dalle norme in vigore, al fine esclusivo di ottenere un vantaggio fiscale cui non si avrebbe diritto, se l’operazione posta in essere fosse giustificata anche da valide e diverse ragioni economiche.

Per converso, dunque, secondo la giurisprudenza della stessa Corte di cassazione: “(…) va esclusa l’abusività quando sia ravvisabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, non identificabili necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, potendo rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda” (Corte di cassazione sentenza n. 31772/2019).



Fonte: https://www.fiscooggi.it/ Vai all’articolo originale